Ecco l’editoriale che non avrei voluto mai scrivere, o perlomeno non così presto. È l’ultimo su Cibo. Ho sempre pensato che la forza evocativa di quello che mangiamo, di come lo produciamo, delle storie che lo attraversano, fosse in grado di fondersi con tutto il resto: il lavoro, gli studi, la fede, lo sport, i diritti dei lavoratori, la strada tormentata che attraversano i migranti per arrivare in posti sconosciuti a portare le loro ricchezze, la musica, le tecnologie, la scienza, le carceri, le catastrofi climatiche. Il cibo è probabilmente l’elemento che più caratterizza la vita di ognuno di noi, eppure a forza di ripetere un’azione vitale come quella del mangiare dimentichiamo la sua importanza ed essenzialità.

La fatica che c’è dietro nel lavorarlo e realizzarlo. Il cibo percorre tradizioni familiari e religiose, lingue e culture, povertà e miserie. Storie straordinarie di donne e uomini perlopiù nascoste. Mio nonno, Alibrando, aveva un rispetto sacro per quello che coltivava e mangiava. Per il pane, soprattutto, che non capovolgeva, non sbriciolava, non abbandonava.

Quell’esempio mi ha accompagnato per tutta la vita e con il tempo, il lavoro in particolare, ho capito che non si può racchiudere un elemento così prezioso in racconti patinati su chef e ristoranti, articoli che sanno più di pubblicità che di giornalismo, non si può dire buono o cattivo perché il gusto è una cosa profonda e personale. Sul cibo non si possono fare compromessi.

Questo è quello che abbiamo provato a raccontare con Cibo, che dal prossimo numero non sarà più curato da me. Il precariato colpisce molti lavoratori e a volte può costringere a fare delle scelte, anche se dolorose.

Il direttore Stefano Feltri è stato il primo, e l’ultimo, a credere a questo progetto, a riservarmi totale fiducia, a insegnarmi un mestiere che in pochi hanno ancora voglia di tramandare. Un grazie a Michela Rossi che ha curato con creatività le immagini, a Maria Tornielli e Lisa Di Giuseppe che hanno costruito con me l’inserto, a Mattia Ferraresi, Nicola Imberti, Daniele Erler, Carmelo Leo, Giovanna Faggionato, Filippo Teoldi e Serena Vitale. A Paola Forcina, la prima ad averlo letto. Ai lavoratori di Domani, una famiglia indimenticabile. A voi, che avete seguito queste pagine. Arrivederci.

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