Dopo settimane di stallo, i dati giornalieri dei casi e dei decessi da Covid-19 sono in calo. A confermarlo, l'ultimo rapporto pubblicato dalla Fondazione Gimbe. Stando ai dati, nella settimana 5-11 maggio 2021, rispetto alla precedente, i casi sono scesi di oltre 10mila unità, passando da 78.309 a 63.409, una diminuzione del 19 per cento. In calo anche i casi attualmente positivi, passati da 413.889 a 363.859, con meno 12,1 per cento dei casi. Le persone in isolamento domiciliare sono 346.866, con un calo dell'11,8 per cento; i ricoveri con sintomi, 14.937, mostrano un calo del 17,8 per cento; e le terapie intensive, 2.056, con un calo del 15,1 per cento. I decessi, invece, sono scesi del 15,4 per cento: 1.544 in sette giorni. 

«L’ulteriore calo dei nuovi casi settimanali – spiega Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe – riflette gli ultimi effetti di sei settimane di un’Italia tutta rosso-arancione». I trend sono in riduzione in tutte le regioni. Continua, tuttavia, a salire leggermente l’Rt medio, calcolato dall’Istituto superiore di sanità sui casi sintomatici a 14 giorni, che rispetto al valore di 0,85 della scorsa settimana ha raggiunto lo 0,89.

Renata Gili, responsabile della ricerca sui servizi sanitari della fondazione, sottolinea che è stato registrato anche un allentamento della pressione sugli ospedali, «sia per la minore circolazione del virus che per i primi effetti della elevata copertura vaccinale negli over 80».

Dal picco raggiunto il 6 aprile, con 29.337 posti letto occupati, all'11 maggio sono 14.937, con una riduzione del 49,1 per cento in 35 giorni. Solo la Calabria supera la soglia di allerta del 40 per cento.

Per quanto riguarda le terapie intensive, rimangono occupati 2.056 posti letto, con una riduzione del 45,1 per cento in 35 giorni; la soglia di saturazione del 30 per cento risulta superata, seppur di poco, in Lombardia e in Toscana (32 per cento). «Nelle terapie intensive – spiega Marco Mosti, direttore operativo della fondazione Gimbe – il numero dei nuovi ingressi giornalieri continua a scendere, con una media mobile a 7 giorni, che questa settimana ha raggiunto i 110 ingressi giornalieri».

Procedono le vaccinazioni

Le dosi di vaccino somministrate sono 25.431.022. Ieri, risultavano consegnate 27.429.090 dosi, il 36 per cento di quelle previste per il 1° semestre 2021. Secondo il monitoraggio della fondazione, il 29,2 per cento della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino e solo il 13 per cento ha completato il ciclo vaccinale, con importanti differenze regionali.

A un mese e mezzo dalla fine del semestre devono essere ancora consegnate circa 50 milioni di dosi, quasi due terzi di quelle previste dal piano vaccinale. Secondo Cartabellotta, «al di là di ritardi e irregolarità delle consegne di AstraZeneca, finora Johnson & Johnson ha consegnato solo «briciole» e oltre 7 milioni di dosi CureVac restano vincolate ai tempi di approvazione dell’Ema. In altri termini, tenuto conto anche del numero esiguo di dosi di Moderna, la campagna vaccinale in Italia è sempre più Pfizer-dipendente».

È stato poi registrato un aumento dell'8,5 per cento delle somministrazioni settimanali, ma in maniera minore rispetto alla settimana precedente, con una media mobile a sette giorni che si attesta intorno a 465mila somministrazioni al giorno. Continua a mancare, dunque, l'obiettivo auspicato dal generale Figliuolo delle 500mila dosi al giorno, raggiunte solo una volta. 

«Il mancato sprint della campagna vaccinale è influenzato dalla mancata somministrazione di 1.286.041 dosi di AstraZeneca, le cui scorte “in frigo” oscillano dal 4,7 per cento del Molise al 46 per cento della Sicilia. Tenendo conto che l’uso preferenziale di questo vaccino è negli over 60, è inevitabile che i rifiuti influenzino la copertura vaccinale in questa classe d’età», spiega ancora Gili.

Il 68 per cento degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con le province autonome di Trento e Bolzano che si avvicinano all’80% per cento. Si rilevano notevoli differenze regionali nelle fasce over 80 e 70-79 anni, mentre quella 60-69, a fronte di un rilevante impatto sulle ospedalizzazioni, è ancora molto indietro.

La copertura vaccinale

Degli oltre 4,4 milioni di ultraottantenni, il 77 per cento, pari a 3.403.495 persone hanno completato il ciclo di vaccinazione, mentre il 13 per cento ha ricevuto solo la prima dose, 576.609 persone. 

Degli oltre 5,9 milioni inclusi nella fascia di età che va dai 70 ai 79 anni, 1.081.772, pari al 18,1 per cento, hanno completato il ciclo vaccinale, mentre 3.338.076, pari al 55,9 per cento, hanno ricevuto solo la prima dose

Della fascia degli over 60, invece, fanno parte più di 7,3 milioni di persone, delle quali 903.125, pari al 12,3 per cento, hanno completato il ciclo vaccinale e 2.811.161, pari al 38,2 per cento hanno ricevuto solo la prima dose. Alla categoria dei fragili e dei cargiver sono andate 4.751.094 milioni di dosi.

Ribaltando la prospettiva, ovvero guardando alla percentuale di popolazione che non ha ricevuto nemmeno una dose di vaccino, la copertura degli over 60 è complessivamente insufficiente. Infatti, se solo il 9,9 per cento degli over 80 non ha ricevuto neppure una dose, la percentuale sale al 25,9 per cento della fascia 70-79 anni e al 49,6 per cento per quella 60-69 anni. In altri termini, oltre 5,6 milioni di persone a rischio elevato di ospedalizzazione sono ancora totalmente scoperte dalla protezione vaccinale.

«A fronte di percentuali così elevate di over 60 non ancora coperte dalla prima dose – continua il presidente della fondazione Gimbe – da un lato si offre alle regioni di aprire fino ai 40 anni per non rallentare le somministrazioni, dall’altro non si rendono noti i numeri di mancate adesioni e rifiuti selettivi di AstraZeneca, che hanno “costretto” a estendere l’intervallo della seconda dose dei vaccini Pfizer e Moderna fino a 42 giorni con il solo obiettivo di supplire alla carenza di dosi di vaccini a mRNA». Considerato che la campagna vaccinale sta entrando in una fase condizionata dall’adesione della popolazione, occorre integrare la prenotazione volontaria con un sistema a chiamata attiva, coinvolgendo in maniera sistematica e capillare i medici di famiglia e mettendo in campo un’adeguata campagna di comunicazione istituzionale e strategie di persuasione individuale.

«La verosimile ripresa della circolazione del virus in un’Italia quasi tutta gialla richiede infine una revisione dell’algoritmo delle Regioni “a colori”, come già proposto dalle Regioni. Con il progredire delle vaccinazioni di anziani e fragili, entriamo infatti in una fase dell’epidemia dove a fronte di un’elevata circolazione del virus ci si attende un impatto sempre minore sugli ospedali. Tuttavia, una revisione integrale del sistema rischia di avvitarsi in sterili tecnicismi e di divenire terreno di scontro governo-regioni, che, ritardando la modifica normativa, potrebbero nel frattempo mandare in arancione alcune Regioni», conclude Cartabellotta.

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