Sono le 4 del mattino quando a quaranta metri dalle coste di Steccato di Cutro, il caicco Summer Love in balia delle onde e della risacca si infrange in centinaia di pezzi. I 180 migranti a bordo, partiti dalle coste della Turchia, si ritrovano in pochi secondi a nuotare nell’acqua gelida.

Quell’alba del 26 febbraio sono morte almeno 94 persone, di cui 35 minori. Sono almeno dieci i dispersi. A un anno da quella strage rimangono tante domande a cui rispondere. Come mai, nonostante la segnalazione dell’agenzia europea per le frontiere (Frontex) trasmessa alle autorità italiane alle 23:03, non è stata lanciata un’operazione di ricerca e soccorso in mare? Perché è stato sottovalutato il pericolo, considerando le cattive condizioni meteorologiche? E ancora, perché nel momento del naufragio i primi a soccorrere i migranti sono i pescatori presenti sul luogo per una pura coincidenza?

Nelle ore seguenti, Frontex e le autorità italiane (guardia di finanza e guardia costiera) si sono rimpallate le accuse. A un anno di distanza non c’è ancora una verità giudiziaria che possa accertare nero su bianco cosa è accaduto di preciso in quelle ore. La procura di Crotone ha aperto due fascicoli di inchiesta. Il primo è contro i presunti scafisti (sono quattro le persone a processo), il secondo, invece, è per accertare tutte le falle nella catena di comando e vede per ora sei indagati.

Il 9 marzo del 2023, il governo ha tenuto a Cutro una conferenza stampa a termine del Consiglio dei ministri. Ma il gesto simbolico è passato in secondo piano rispetto alle misure adottate (Decreto Cutro), considerate inefficienti e repressive. A muoversi, però, è la società civile che si è riunita nella Rete 26 febbraio. Per il primo anniversario della strage la Rete ha organizzato una tre giorni di eventi e dibattiti sulle politiche migratorie anche per chiedere giustizia su cosa è accaduto un anno fa. L’appuntamento finale è dato alle 5 del mattino del 26 febbraio, con una fiaccolata a cui tutti sono chiamati a partecipare.

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