Il fondo “vita nascente", istituito dalla regione Piemonte tramite una legge del 2022, torna a distribuire un milione di euro di soldi pubblici a realtà anti-scelta. Il fondo, strenuamente difeso dall’assessore al Welfare Maurizio Marrone di Fratelli d’Italia, continua a far discutere: soldi pubblici, come avvenuto negli anni passati, andranno a finanziare la propaganda ideologica di associazioni dichiaratamente antiabortiste, rendendo più arduo l’accesso al diritto all’aborto, già sotto attacco in tutto il paese.

Soldi pubblici 

Sarah Disabato, consigliera regionale del Movimento Cinque Stelle in Piemonte, ha presentato un esposto alla Corte dei Conti: «Eravamo entrati in possesso delle rendicontazioni del fondo “Vita nascente” della prima tranche del 2022 e ritenevamo già quelle assai problematiche». Il fondo, per Disabato, deve essere contestato in più parti. In primis dal punto di vista ideologico «perché intercettare le donne che hanno deciso di interrompere una gravidanza e convincerle a non farlo a suon di piccole mancette è sbagliato e lede i diritti della 194».

Poi c’è la parte legata all’erogazione dei fondi: «Parliamo di associazioni antiabortiste che fungono da bancomat per la Regione e danno risorse senza alcun criterio e metodo, al di fuori di qualsiasi controllo concreto da parte dell’ente pubblico». Il piano di riparto dei finanziamenti che dal 2022 sono stati elargiti, come risulta a Domani, contiene nomi di gruppi e realtà anti-scelta: svariate sezioni territoriali del Centro aiuto alla vita, il Movimento per la vita e Promozione vita di Torino, fino alla cooperativa Crescere insieme e all’Associazione European Research Institute.

Quello che emerge dai racconti che vengono citati all’interno delle rendicontazioni che gli esponenti M5S hanno visionato, è che queste associazioni si avvicinano a «donne fragili, spesso straniere, che vengono intercettate da questi volontari e spinte a mettere al mondo il quinto o il sesto figlio, interferendo con la loro libera scelta di abortire». Ma non solo: per l’esponente 5S sono stati segnalati casi di «violenza domestica, dipendenze, patologie, lavoro nero e sfruttamento che lasciano emergere che all’interno di questo sistema troviamo situazioni di illegalità».

Dal punto di vista economico, inoltre, «326 mila euro sono stati spesi in affitti, bollette e mutui» e per Disabato queste risorse, essendo affidate al privato sociale del terzo settore, vengono «sottratte all’assessorato al welfare che deve disporre per misure strutturali a tutte quelle famiglie che ne avrebbero diritto secondo precisi parametri. Se il problema è l’emergenza abitativa allora va affrontata con provvedimenti strutturali».

Dinamiche violente

Per Chiara Gribaudo, vicepresidente del Partito Democratico, «l’assessore Marrone e la destra della giunta Cirio sono riusciti a inserire quel fondo nel piano socio sanitario in modo strutturale: questo è gravissimo, prima di tutto per le donne che ancora una volta vedono limitati i propri diritti, in secondo luogo nei confronti di una sanità che cade a pezzi e che avrebbe un gran bisogno di quei soldi pubblici». Il finanziamento pubblico alle associazioni antiabortiste è ormai strutturale da parte della destra di governo, come ricorda Federica di Martino del progetto Ivg: «Uno dei pericoli più grandi in cui si possa incappare in queste vicende è quello della normalizzazione, del considerare dinamiche che sono di una violenza estrema come parte di un sistema, qualcosa che accade ciclicamente come il Fondo vita nascente, che dovrebbe continuare a farci orrore».

Dal 2021, di Martino denuncia che i fondi pubblici vengono sottratti dai bisogni della cittadinanza per essere dirottati nelle tasche degli anti-scelta «che sono stati fatti entrare, con i tappeti rossi, all’interno delle istituzioni». Per di Martino l’indignazione delle opposizioni è «spiccia, si rimane immobili davanti al Fondo vita nascente. Le uniche misure sono state portate avanti da movimenti dal basso: Cgil Torino, Se non ora quando e Non una di Meno. Cosa sta facendo la sinistra davanti a questo?».

C’è poi il tema della sentenza del Tar del Piemonte in merito alla stanza d’ascolto dell’ospedale Sant’Anna di Torino dove, tra le motivazioni, «vi erano quelle che narravano della mancanza della descrizione delle professionalità del personale all’interno della struttura, cosa che ripeto da anni. Cosa significa essere esperti della maternità? Che titoli e competenze hanno?». Per di Martino il punto centrale, sia per le realtà anti scelta finanziate dal fondo vita nascente che per quelle all’interno della stanza d’ascolto del Sant’Anna, è che vi sono impiegate «persone che vogliono solo disincentivare le donne dalle scelte autodeterminative e di cui non sappiamo nulla rispetto al tipo di professionalità. Ma questa gente a che titolo entra e prende denaro pubblico?».

Anche per la rete per l’autodeterminazione Più di 194 Voci quello che emerge è «il disegno di una politica che rischia di strutturarsi su basi fragili e opache, a scapito dei diritti e dell’autodeterminazione delle donne». Ancora una volta si torna a denunciare come i soldi pubblici siano dirottati nelle tasche di compagini anti-scelta. Un crinale pericoloso, che attende di essere arginato da scelte politiche che impediscano lo sperpero di denaro pubblico.




 

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