La pillola abortiva potrà essere somministrata negli ambulatori e nei consultori autorizzati e collegati a una struttura ospedaliera, senza alcun costo per le pazienti. Avviata anche una sperimentazione che ne permette l’assunzione a casa: è la prima regione del sud Italia a farlo
La regione Sardegna fa un balzo in avanti verso la piena autodeterminazione delle persone che accedono alla pratica dell’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). È stato annunciato l’avvio di un percorso che recepirà le linee di indirizzo nazionali in materia di Ivg farmacologica, finalizzato a rendere possibile questa pratica anche negli ambulatori e nei consultori autorizzati e collegati a una struttura ospedaliera, senza alcun costo per le pazienti.
Dopo il Lazio e l’Emilia-Romagna anche la Sardegna prevederà questo tipo di intervento, è la prima regione del sud Italia a farlo. La seconda grande novità riguarda la modalità con cui assumere la pillola abortiva Ru486: sarà avviata una fase di sperimentazione che prevede anche l’assunzione domiciliare dei farmaci utilizzati per l’Ivg.
«Attenzione e rispetto verso la salute e l’autodeterminazione delle donne»
Stando agli ultimi dati a disposizione, relativi al 2022, in Sardegna c’è il 61.5 per cento di medici obiettori, il 41.3 per cento di anestesisti e il 34.4 per cento di personale non medico. Una percentuale più alta della media nazionale che rende ancor più importante l’iniziativa che porterà la somministrazione dell’aborto farmacologico.
Nata da una proposta dell’assessore regionale della sanità Armando Bartolazzi, la nuova iniziativa ha ottenuto l’approvazione dell’esecutivo e ha affidato alla direzione della Sanità il compito di istituire un tavolo tecnico incaricato di redigere le linee guida regionali per l’attuazione del nuovo modello. «La sperimentazione per l’assunzione domiciliare del farmaco è una scelta innovativa che oggi solo l’Emilia-Romagna ha introdotto in Italia. Un segno concreto di attenzione e rispetto verso la salute e l’autodeterminazione delle donne», ha dichiarato l’assessore Bartolazzi.
Il tavolo tecnico per la messa a punto della progettualità sarà composto da personale della direzione generale della Sanità: ginecologi ospedalieri ed esperti in medicina territoriale. Le nuove linee guida definiranno l’intero percorso, dalla somministrazione dei due farmaci (mifepristone e prostaglandine) agli esami, fino alle visite di controllo. Partiranno anche dei progetti pilota in diversi consultori familiari e ambulatori pubblici in cui si sperimenterà l’assunzione domiciliare del farmaco. Il percorso sarà sempre integrato con la rete ospedaliera di riferimento, per garantire sicurezza, tutela e continuità assistenziale.
Le reazioni
Carla Porcheddu del collettivo Strajk Kobiet Sardynia, costola del movimento polacco Ogólnopolski Strajk Kobiet che da anni lotta per il diritto all'aborto in Polonia, racconta: «Siamo molto soddisfatte, ma caute, per l'annunciata introduzione di questa fase sperimentale, che rappresenta sicuramente un enorme passo avanti per le nostre comunità».
Per Non una di Meno Nord Sardegna la direzione intrapresa che favorisce «una maggiore libertà di autodeterminazione, riducendo l’invasività delle pratiche e generando benefici anche sul piano della sanità pubblica, va accolta con favore».
Il movimento transfemminista afferma che rimarrà vigile «nel controllare gli sviluppi e ferme nel chiedere alla giunta regionale di includere nei tavoli di lavoro adibiti a questo tema i movimenti e le associazioni transfemministe, che da anni parlano di questo tema sul territorio e che possono costituire un asse tra istituzioni e la realtà delle persone che vivono qui».
Superare l’obiezione di coscienza
Da anni le reti femministe e le associazioni laiche di mediche e medici chiedono che la pillola abortiva possa essere somministrata in autogestione. Così come lo chiede l’ultima campagna dell’Associazione Luca Coscioni, “Aborto senza ricovero”, che chiede ai consigli regionali di approvare procedure uniformi per l’aborto farmacologico in regime ambulatoriale.
Federica di Martino, che con il progetto "Ivg, ho abortito e sto benissimo” da anni lavora sul tema del libero aborto, commenta: «A pochi giorni dalle vergognose dichiarazioni di Priamo Bocchi di Fratelli d’Italia contro l’aborto farmacologico in telemedicina arriva una risposta importante della regione Sardegna che recepisce le linee di indirizzo nazionali per l’aborto farmacologico in consultorio e a domicilio».
Questo, per di Martino, rappresenta «un grande traguardo di civiltà per quanto riguarda la scelta autodeterminativa delle donne e delle persone con utero sulla propria vita, come ha ricordato anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)» che ha ricordato che l’aborto farmacologico in telemedicina permette la piena consapevolezza e autogestione nella gestione del proprio aborto. Di Martino ricorda che «l’aborto in telemedicina è una pratica sicura. Le donne spesso vengono lasciate sole nei luoghi della salute pubblica che dovrebbero essere presidio di laicità e cura e che invece alimentano stigma e giudizi da parte di movimenti antiabortisti attraverso la piaga dell’obiezione di coscienza».
Questa pratica di autonomia «ridurrà anche il fenomeno della migrazione sanitaria per poter ricorrere all’aborto, permettendo alle donne di poter abortire in sicurezza, uniformandosi agli standard internazionali». Sostenere l’aborto farmacologico domiciliare, dunque, è un modo per limitare il ricorso a pratiche invasive, ottimizzando i costi per la sanità pubblica. Ma è anche la pratica migliore per superare l’obiezione di coscienza, l’ostacolo principale che le donne e le persone con utero si trovano davanti quando tentano di accedere al loro diritto all’aborto.
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