In commissione cultura alla Camera è stato presentato il disegno di legge Valditara sul consenso informato preventivo delle famiglie per le attività scolastiche che trattano tematiche legate alla sessualità. Il provvedimento, frutto della risoluzione anti-ideologia gender approvata a settembre 2024, rappresenta secondo la Lega «un importante passo avanti nella difesa della libertà educativa delle famiglie».

Quale libertà educativa?

Libertà educativa è ultimamente una locuzione molto usata dal governo, nutrita di contenuti e obiettivi tutti ideologici: l’odio verso una scuola laica e plurale, il terrore per la libertà d'insegnamento, il disprezzo per i percorsi scolastici di prevenzione alle violenze di genere di educazione sessuo-affettiva.

Non è una posizione isolata: si colloca dentro una precisa intenzione eversiva che segue l’agenda internazionale del movimento no-gender, perfettamente integrato nel governo Meloni. Valditara, depositario del Ddl, e Sasso, che del Ddl annuncia emendamenti a propria firma, perseguono il preciso mandato di minare l’autonomia della scuola, cancellarne la laicità e impedirne l’azione trasformativa della società.

Veri e propri punti nell’agenda dell'internazionale nera no choice che agiscono anche in Ungheria, Russia, Stati Uniti. Nel Ddl Valditara si prescrive l’obbligo di illustrare dettagliatamente argomenti, temi, metodi e materiali alle famiglie, abilitandole a una censura preventiva sul materiale didattico utilizzato e sui contributi esterni. Il tutto in palese contraddizione con la libertà insegnamento e l’autonomia scolastica.

A fondamento di tanta furia distruttiva sta il presunto primato educativo della famiglia: quella bianca, borghese, fondata sul matrimonio eterosessuale. Nel Ddl viene inserito l’obbligo per le scuole di provvedere allo svolgimento di attività formative destinate a chi non acconsente alla partecipazione ad attività concernenti i temi della sessualità e loro connessi, aprendo dunque a un campo illimitato di azione per la componente parentale e aggiungendo grandissime difficoltà alla realizzazione di qualsiasi attività o progetto.

Tutto ciò scoraggerà nei fatti le singole scuole dall’imbarcarsi in proposte progettuali di questo tipo: lungi dal rendere più agibile il percorso di affrancamento dalla violenza di genere, questo Ddl ne ostacolerà ideologicamente e soprattutto fattivamente la realizzazione.

Non stupisca la contraddizione, solo apparente, con la produzione legislativa in materia di violenza contro le donne: il ministro Valditara sfrutta continuamente gli episodi di violenza e femminicidio per riempirsi la bocca di parole inutili e dichiarare la fine del patriarcato, per poi non mettere in campo nessun impegno concreto e finanziario, nessuna azione specifica. Parla di una rassicurante educazione al rispetto, però fermamente vieta la principale forma di prevenzione alla violenza di genere che conosciamo: l'educazione sessuo-affettiva.

La violenza non viene così riconosciuta come un fenomeno sistematico e strutturale, ma viene affrontata come problema individuale, separando la violenza maschile contro le donne dalla violenza omolesbobitransfobica, da quella abilista e razzista, da quella neocoloniale, semantica e istituzionale che invece proprio il ministero dell'Istruzione e del Merito pratica ad ampie mani, come si evince dalle nuove indicazioni nazionali o come si riconosce nella nomina a Terragni come garante dell'infanzia, a suggello del patto tra ultradestra e mondi trans escludenti.

In questi mesi però il mondo della scuola e le comunità educanti sono insorti contro questo attacco frontale: in tutto il paese si sono moltiplicati incontri, assemblee, dibattiti, workshop di autotutela e pratiche di disseminazione. Un ampio fronte della protesta si va organizzando sotto la sigla della Rete per la scuola pubblica; anche la prossima edizione del meeting di Educare alle Differenze, che si terrà a Padova il 27 e 28 settembre, è intitolata “Liber* di dissentire”.

L’iter del Ddl Valditara sul consenso informato preventivo in autunno rappresenterà un passaggio cruciale: non solo per difendere la scuola pubblica, ma per rilanciarla come spazio vivo di libertà, critica e pluralità. Non arretriamo, non chiediamo il permesso: nelle aule continueremo a esercitare ogni giorno pratiche democratiche, inclusive e radicalmente libere. Non siamo una roccaforte, né un avamposto solitario.
Siamo una moltitudine di esperienze singole e collettive. E, se in rete, se insieme — saremo tempesta.

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