La maggioranza che sostiene il governo si è divisa ancora prima del voto sulla fiducia e lo ha fatto sul tema più complesso e delicato del momento: la pandemia.

Schierati dal lato del rigore ci sono il ministro della Salute Roberto Speranza e i consulenti tecnici del governo che, con la crescente preoccupazione per l’arrivo delle nuove varianti più contagiose del virus, hanno prima suggerito e poi approvato il rinvio dell’apertura degli impianti sciistici al 5 marzo.

Dall’altro lato ci sono Lega, Forza Italia e Italia Viva che chiedono di riaprire il prima possibile visto il numero relativamente basso di nuovi casi.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi non si è ancora espresso su questo tema, ma per il momento il suo atteggiamento è stato favorevole al fronte dei prudenti. Non solo ha confermato Speranza nel ruolo chiave di ministro della Salute, ma ieri ha fatto sapere che la decisione di rimandare l’apertura degli impianti sciistici è stata presa con il suo accordo. Quello che rimane da capire è come deciderà di comportarsi in futuro.

Due strade

Il governo ha un percorso obbligato: portare avanti il più in fretta possibile la campagna vaccinale, possibilmente vaccinando almeno il 70 per cento della popolazione entro l’autunno. Ma nel frattempo, e con il pericolo di nuove varianti parzialmente resistenti al vaccino, è necessario anche proseguire con le misure generali di contenimento dell’epidemia.

Le alternative che il governo può seguire in questo campo sono sostanzialmente due. La prima è continuare con la strategia seguita fino a questo momento: lockdown quando il sistema sanitario rischia di collassare sotto la pressione dei nuovi casi e riaprire il più possibile non appena le condizioni lo permettono.

Quasi tutta Europa ha seguito questo modello. In Francia e Germania sono stati i governi a decidere quando era il momento di chiudere e quando quello di riaprire. Nel Regno Unito e in Italia la decisione è stata affidata a meccanismi semi automatici basati sull’andamento dell’epidemia (le zone di varie colori in Italia, i vari “tier” del Regno Unito).

La seconda strategia è invece non aspettare che i sistemi sanitari siano in difficoltà per fare un lockdown, ma farlo subito e mantenerlo in vigore fino a che l’incidenza di nuovi casi non viene portata quasi a zero. A quel punto le misure di contenimento vengono sospese, ma non appena vengono individuati nuovi focolai le zone di contagio devono essere immediatamente messe in quarantena locale.

Il metodo australiano

Si tratta in sostanza della strategia utilizzata da un anno in Cina, Giappone e Corea del Sud. Per molto tempo è stata considerata impossibile da applicare nelle democrazie europee, ma da quando ha iniziato a dare risultati anche in Nuova Zelanda e Australia la situazione è cambiata.

L’Australia in particolare è diventata una sorta di simbolo della strategia “zero Covid”. Il paese conta 900 morti dall’inizio della pandemia, tanti quanti l’Italia ne ha avuti negli ultimi tre giorni. Un esempio di come questo risultato è stato reso possibile: l’area metropolitana di Melbourne con i suoi 6,5 milioni di abitanti è in lockdown da mercoledì scorso in seguito alla scoperta di un focolaio di appena 13 casi.

Il metodo australiano ha ispirato la “Strategia No-Covid”, un piano che pochi giorni fa un gruppo di scienziati, medici e consulenti ha proposto al governo tedesco. «La strategia punta a evitare nuove infezioni, morti e altri lockdown nazionali e consiste di tre punti», scrivono gli autori. Primo: ridurre quasi a zero i casi; secondo: evitare l’arrivo del virus nelle zone no Covid utilizzando limiti agli spostamenti; terzo: gestire in modo rigoroso i focolai non appena si presentano.

Zero Covid

L’idea che sia possibile raggiungere una situazione di sostanziale “zero Covid” non convince ancora tutti. Tanto l’Organizzazione mondiale della sanità quanto il ministro della Salute tedesco Jens Spahn hanno detto che è ancora presto. Australia, Corea, e Nuova Zelanda sono paesi geograficamente isolati a cui è facile segregarsi dal resto del mondo. Fare lo stesso in Europa non è altrettanto semplice.

Altri la pensano diversamente. Domenica, il consulente del ministro della Salute Walter Ricciardi ha detto in televisione di aver suggerito al governo di adottare un piano «No Covid basato su tre pilastri» e del tutto simile a quello proposto dagli scienziati tedeschi.

Le dichiarazioni di Ricciardi sono state criticate dagli aperturisti della maggioranza e per il momento tutto fa pensare che il governo non adotterà questa ambiziosa strategia. Il presidente Draghi non è un avventuriero pronto ad adottare soluzioni originali contro tutto e tutti.

Il futuro, però, dipende da cosa accadrà nel resto d’Europa. Se il governo tedesco finirà con l’adottare il piano “No Covid” e se questa strategia dovesse diffondersi, per Draghi potrebbe diventare irresistibile annunciare che il nuovo obiettivo del suo governo è «Zero Covid. Whatever it takes».

 

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