La prima udienza del 2024 del processo su Open Arms, nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, si è aperta con le dichiarazioni spontanee e l’interrogatorio dell’imputato Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atto d’ufficio.

Nel 2019 l’attuale ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti era ministro dell’Interno, e dopo il salvataggio dei naufraghi in acque internazionali da parte della nave spagnola dell’ong Proactiva Open Arms è stato ritenuto responsabile di aver trattenuto per sei giorni sull’imbarcazione ormeggiata davanti all’isola di Lampedusa 147 migranti, negando loro lo sbarco.

Dalla prossima udienza, il 16 febbraio, verranno ascoltati i testi scelti dalla difesa dell’imputato, come il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che nel 2019 era capo di gabinetto del ministero guidato da Salvini.

Per il segretario della Lega – da quanto è emerso in udienza in risposta alle domande della procuratrice aggiunta Marzia Sabella – il solo fatto di avere a bordo delle persone migranti rendevano l’ingresso dell’imbarcazione nelle acque italiane «offensivo». 

Terroristi a bordo?

La nave dell’ong non poteva ritenersi inoffensiva, secondo il ministro, per diversi motivi: era una nave battente bandiera straniera, aveva soccorso le persone in acque non italiane e il coordinamento delle operazioni non era stato eseguito dalle autorità italiane. A questo si aggiunge, ha detto Salvini, il fatto che «avemmo un sospetto legato all’immigrazione clandestina perché sul comandante dell’imbarcazione, Marc Reig Creus, pendeva una richiesta di rinvio a giudizio».

L’informazione gli era stata fornita dall’allora capo di gabinetto, Matteo Piantedosi. Ma lo stato di indagato del comandante, dice lo stesso Salvini in udienza, non era ostativo all’assegnazione di un porto sicuro alla Open Arms. Il processo a carico del comandante è poi stato archiviato, con la formula di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste. 

È poi lo stesso Salvini, sollecitato dalla pm, a dire che non c’era la sicurezza che ci fossero persone pericolose a bordo: il ministero non aveva notizie specifiche di presunti “terroristi” tra i profughi soccorsi dall’ong. 

In linea di principio, ha riferito il ministro, in tutti i casi in cui le ong richiedevano un porto sicuro di sbarco «non ci ritenevamo responsabili di episodi avvenuti in acque internazionali» e «venivano trattati tutti allo stesso modo, per questioni di sicurezza nazionale relative all’immigrazione clandestina». 

Prima la sicurezza della vita umana

«Questo supposto sequestro era una modalità operativa adottata durante tutto il governo Conte 1, e anche nel Conte 2: di lavorare garantendo sempre la sicurezza della vita umana ma ottenendo anche il coinvolgimento dei paesi europei», ha poi dichiarato Salvini, che durante l’interrogatorio ha detto più volte di avere come priorità quella di salvare la vita delle persone a bordo. Le persone sull’Open Arms non erano in pericolo, secondo il ministro, e «non c’erano emergenze a bordo». 

Che il ministro si curasse così tanto delle vite umane dei naufraghi a bordo, come afferma di fronte al giudice di Palermo, è difficile da credere viste le dichiarazioni che faceva e i post che pubblicava sui social: aveva definito la nave Aquarius dell’ong Sos Méditerranée una crociera e, commentando la possibilità di farla sbarcare in un porto spagnolo, aveva aggiunto: «Non è che adesso possono anche decidere dove cominciare e dove finire la crociera». 

Uno dei tweet di Salvini, relativo proprio alla Open Arms, accusava l’ong di tenere «in ostaggio gli immigrati a bordo (fra cui finti malati e finti minorenni)». Come è emerso nel processo, nella fase del dibattimento, è confermato che sulla nave c’erano anche minorenni. 

«Io ero rassicurato sul fatto che non vi fossero emergenze a bordo», ha risposto Salvini. Ma il presidente del collegio, Roberto Murgia, ha insistito: «L’idea di sapere che ci sono dei migranti in un’imbarcazione come quella di Open Arms, che poteva contenere un numero ben più limitato di persone rispetto a quelle che erano a bordo, non poteva lasciar pensare che le situazioni fossero ben più gravi?». Ma il ministro ha ribadito che «c’erano rassicurazioni sul fatto che non ci fossero situazioni emergenziali a bordo» e «non ricordo», ha continuato, «se mi dissero che c’erano persone che si lanciavano in acqua».

La nave era sovraffollata, per gli oltre cento naufraghi – che hanno passato 19 giorni sull’imbarcazione dell’ong – c’erano solo due bagni a latrina, ma per il ministro la priorità era «la salvaguardia della vita umana».

Le morti

Matteo Salvini ha poi detto, durante l’interrogatorio, alcune cose ripetute moltissime volte da capo del Viminale e anche successivamente: «Ho l’orgoglio di dire che quando fui ministro dell’Interno non ci fu alcun episodio luttuoso riferito a migranti, a differenza di quanto avvenuto dopo». 

Salvini ha ricoperto l’incarico da giugno 2018 a settembre 2019. Nel 2018, nel Mediterraneo centrale, in base ai dati dell’Oim, sono morte 1.314 persone, 1.262 nel 2019, mille nel 2020. L’Unhcr ha invece dati leggermente diversi: 1.311 nel 2018, 754 nel 2019, 955 nel 2020. Ciò dimostra la difficoltà di registrare i dati, considerando che ci sono anche numeri sommersi, di cui non si è mai saputo nulla.

Il ministro considera i numeri assoluti, ma se si guarda la percentuale dei decessi in base agli arrivi, nel 2018 e nel 2019 il tasso di morti in quell’area è aumentato. Uno studio dell’ottobre 2018 l’Ispi scriveva infatti: «Il periodo che corrisponde alle politiche Salvini ha visto un’ulteriore diminuzione degli arrivi (-48 per cento) ma anche un forte incremento del numero di morti e dispersi in mare (molto più che raddoppiato)».

Meno morti in assoluto, non significa che quella rotta sia stata meno rischiosa.

Gli sbarchi

Per l’ex ministro dell’Interno gli sbarchi sono diminuiti del 90 per cento durante il suo mandato, e sarebbe un risultato frutto delle sue politiche. I numeri tornano, ma dire che sono l’effetto delle decisioni del suo ministero non è corretto: la tendenza era iniziata ben prima, quando Marco Minniti, suo predecessore, aveva adottato i decreti che portano il suo nome e firmato un memorandum molto controverso con la Libia. In assenza di un governo libico, il documento era stato firmato con alcune milizie, che non erano comunque estranee al traffico di esseri umani.

Scafisti

Tra gli orgogli di Salvini l’«aver collaborato all’arresto di scafisti». Il termine “scafisti” viene utilizzato per definire chi guida le imbarcazioni e i gommoni che attraversano il Mediterraneo.

Sono stati avviati numerosi processi contro i cosiddetti scafisti, ma è più volte emerso che si tratta di persone, che vogliono emigrare, a cui viene dato il compito di guidare l’imbarcazione.

Spesso però non hanno nulla a che vedere con le organizzazioni criminali, che organizzano i viaggi e lucrano sulla pelle di chi parte, e in alcuni casi, come si legge nel rapporto “Dal mare al carcere”, vengono anche costretti in modo violento a guidare la barca.

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