I ministri sono intervenuti alla Conferenza internazionale contro il femminicidio, in vista del 25 novembre. Manzi (Pd): «Le parole di Roccella sono fuorvianti e non supportate da un’analisi seria dei dati». Bonelli (Avs): «Un arretramento culturale pericoloso»
«Anche se oggi l’uomo accetta, e deve accettare, questa assoluta parità formale e sostanziale nei confronti della donna, nel suo subconscio il suo codice genetico trova sempre una certa resistenza». A dirlo è il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenuto alla Conferenza internazionale contro il femminicidio, organizzata dal dipartimento Pari Opportunità e dall’Osce, l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, in vista del 25 novembre, la Giornata internazionale per il contrasto della violenza maschile.
Nordio si è «sempre chiesto, da modesto studioso anche di storia, come mai siamo arrivati a questa prevaricazione continua, ininterrotta, secolare, millenaria, dell’uomo nei confronti della donna». E la risposta, continua, «se vogliamo un po’ darwiniana della legge del più forte». In altre parole, spiega il ministro, «dai primordi l’unico criterio di forza era quello della forza fisica, della forza muscolare. E poiché la natura ha dotato i maschietti di una forza muscolare maggiore di quella delle femminucce dai primordi dei tempi, questo unico criterio di superiorità ha diciamo fondato il cosiddetto maschilismo».
Così il ministro spiega la permanenza del «dominio maschile» nella «storia dell’umanità» che «ha comportato una sedimentazione anche nella mentalità dell’uomo, intendo proprio del maschio, che è difficile da rimuovere perché è una sedimentazione che si è formata in millenni di sopraffazione, di superiorità».
Questo, secondo il Guardasigilli, porta alla necessità di intervenire con le leggi, la repressione e la prevenzione. Soprattutto, aggiunge, l’educazione che cominci dall’infanzia e dalla famiglia. E continua: «Un po’ come fanno gli psicologi, gli ipnotisti, gli psicanalisti, quando trovano una specie di tara mentale che deriva da un trauma adolescenziale, noi dobbiamo cercare di rimuovere dalla mentalità dei maschietti questa sedimentazione millenaria di superiorità che continua a tradursi in questi atti di violenza».
Se per Nordio bisogna partire dall’educazione, la ministra della Famiglia, la natalità e le pari opportunità, senza citare alcun dato, ha sostenuto che non c’è alcuna correlazione tra l’educazione sessuo-affettiva e la diminuzione delle violenze contro le donne e dei femminicidi.
«Noi abbiamo bisogno di capire quali sono gli strumenti veramente efficaci se non vogliamo essere ideologici nei confronti della diminuzione della violenza contro le donne», ha continuato la ministra, affermando che in Italia c’è stata «una piccola diminuzione».
Ha poi invitato a pensare a ogni «donna che non viene uccisa» come «fatto positivo»: «Ogni donna che riusciamo a salvare dal ciclo della violenza è fondamentale. Quindi questa diminuzione indica che la strada che stiamo percorrendo e che abbiamo cominciato a percorrere fin dall'inizio è quella giusta ed è una strada condivisa», ha aggiunto Roccella.
Reazioni
Dichiarazioni, quelle della ministra Roccella, «fuorvianti e non supportate da un’analisi seria dei dati», ha commentato Irene Manzi, responsabile Scuola del Partito democratico. «La ricerca internazionale e l’esperienza delle scuole dimostrano che i percorsi di educazione alle relazioni, al rispetto e al consenso sono una parte essenziale delle strategie di prevenzione, non certo un orpello marginale», ha poi aggiunto.
Le parole di Roccella, così come quelle di Nordio, sono state giudicate «imbarazzanti», da Maria Elena Boschi, presidente dei deputati di Italia Viva, e sono un insulto a «tutte donne che ogni giorno chiedono rispetto e pari opportunità». Se questo è il contributo che il governo dà alla conferenza internazionale, ha continuato Boschi, «capiamo perché l’Italia arretra».
Per Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra si torna nel Medioevo: «A fronte di questa realtà drammatica, le parole di Nordio, che tira in ballo un presunto “codice genetico maschile” e la minimizzazione della ministra Roccella rappresentano un arretramento culturale pericoloso: si deresponsabilizzano gli aggressori e si nega il carattere strutturale della violenza di genere. Il governo Meloni è gretto e culturalmente arretrato e fa pagare un prezzo elevato agli italiani».
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