«La perdita di mio padre mi ha tolto due elementi: il senso del potere, tutte le volte che sono stato vicino al potere ho fatto di tutto per farmi espellere dal potere. E il complesso di Edipo, mio madre era tutta per me». Così l’architetto Massimiliano Fuksas spiega perché ha deciso di iniziare il libro “È stato un caso”, edito da Mondadori, con questa frase: «La mia più grande fortuna nella vita è stata perdere mio padre, e perderlo da piccolo». 

Nella prima giornata del festival che il quotidiano Domani sta dedicando alla cultura, all’arte, al cinema, alla musica e alla letteratura “Le sfide di Domani”, al Teatro Franco Parenti di Milano, Elisa e Massimiliano Fuksas nel panel “Padri e figlie”, moderato da Maria Tornielli, si confrontano sul rapporto tra padre e figlia, sul rapporto con la morte e con la religione. 

Con questo libro, prosegue l’architetto, «non volevo vendere miliardi di copie, ma volevo avere la possibilità di ricordare. Perché non ricordavo più, non c’era più nessuno della mia famiglia. Avevo paura che si perdessero le tracce di una vita molto complicata di un’intera famiglia. Avevo bisogno di questo libro».

Una vita in cui l’assenza è stata la costante, molto diversa da quella vissuta dalla figlia Elisa Fuksas, scrittrice e regista, nelle librerie con “Buone notizie” (Mondadori): «La mia vita è molto più semplice. È stato tutto molto regolare, l’opposto di quella vissuta da mio padre. Preferisco la mia, perché credo che il rapporto con l’altro sia meglio in presenza». Per la scrittrice, «le cose che contano passano di generazione in generazione».

La morte del padre quando Massimiliano Fuksas aveva sei anni, secondo la scrittrice «lo ha messo al riparo dal concetto di morte». «E di funerale», aggiunge l’architetto. La presenza del padre ha invece portato la figlia, Elisa Fuksas, a combattere con il concetto di morte fin dalla nascita. «La morte mi ha investito, travolto, marcato per sempre. Andavo a letto vestita, così fossi morta avrei saputo come sarei stata vestita nella bara», racconta e scherza: «Oggi un bambino verrebbe portato in un ospedale psichiatrico, invece ai miei sembrava una cosa normale».  

Se l’architetto ha risolto con la morte del padre all’età di sei anni, dice la scrittrice, «io ho dovuto trovare altri metodi per non discutere con mio padre». 

Essere padri, essere figlie

Sul mensile Finzioni, in edicola da sabato 10 maggio, la figlia narra il suo dialogo con il padre in “Fuksas vs Fuksas”. Tendiamo a essere figli più a lungo, dice Elisa Fuksas. Mentre Massimiliano Fuksas, nella sua vita, racconta, «non ha mai imparato a essere padre né figlio», perché «nessuno mi ha insegnato a essere padre».

Massimiliano Fuksas era figlio unico. Si ricorda una sola frase di sua madre, finita la maturità classica: «Sì, ma adesso che cosa vuoi fare?», chiese. «Io voglio fare l’artista», rispose lui. «Vuoi fare l’artista? Vedo già l’ombra del fallimento dietro le tue spalle», disse la madre, e racconta: «Mi sono girato e c’era un’ombra». Le propose di iscriversi a filosofia, ma «a quel punto dovevo pensare a una cosa un po’ concreta. Architettura? Sì, questa andava bene». 

Anche Elisa Fuksas si è poi iscritta ad Architettura, di nascosto, dicendo alla famiglia che studiava lettere classiche. La scrittrice ha fatto le superiori prima a Parigi e poi a Roma, dove il padre è andato per la prima e unica volta a scuola a vedere i voti dopo la maturità: «Una persona mi ha detto che lei era l’unica che studiando poco riusciva a ottenere il massimo dei voti». Lo aveva molto impressionato perché non lo sapeva. Per Massimiliano Fuksas la sua carriera di padre è «molto modesta».

«Io non ho aspettative per te», risponde senza indugi l’architetto. «Mio padre è molto occupato da sé ed è un bene», dice la scrittrice, «c’è una brutalità a cui sono riconoscente, per cui non ci sono aspettative. Sono mie le angosce su altre questioni: sul senso, sulla irrilevanza, sul talento, sul successo». Massimiliano Fuksas racconta di non sapere neanche cosa voglia dire aspettativa, «la prima figlia ha sempre fatto quello che ha voluto». 

La religione

Elisa Fuksas è stata battezzata in età adulta dal cardinale Giuseppe Betori. «Mi ha fatto studiare e un giorno mi ha detto una cosa molto bella – racconta – Se qualcuno ti chiede di cambiare, di diventare un’altra, scappa. Credere è vedere l’invisibile». E aggiunge: «Mi sono battezzata nel Duomo di Firenze, la notte di Pasqua, e smetto di avere paura della morte per un attimo. Quella scelta mi serviva per due cose: volevo scegliere di nascere e mettere sullo sfondo la possibilità dell’eternità. Ogni immagine ha dei punti di fuga e possiamo immaginare l’eternità come punto di fuga, fuori dall’immagine».

Una decisione che ha sorpreso Massimiliano Fuksas: «Di tutte le religioni poteva sceglierne tante altre».

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