I dati forniti dal monitoraggio indipendente della fondazione Gimbe confermano che oramai la terza ondata di contagi è già in atto. L’ultima analisi fornisce tre indicazioni principali: aumento della curva dei contagi, aumento dei ricoveri in terapia intensiva, diminuzione dei contagi nelle zone rosse dove sono state introdotte le restrizioni.

I dati

Nella settimana del 3-9 marzo sono stati registrati in totale 145.659 casi, rispetto ai 123.272 della settimana precedente. Il dato più preoccupante è l’aumento del numero dei decessi, che sono in risalita per la prima volta dopo otto settimane (2.191 vs 1.940).

Aumentano anche i casi attualmente positivi, le persone in isolamento, i ricoveri con sintomi e le terapie intensive (da 2.327 a 2.756). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si sono registrate le seguenti variazioni: decessi: 2.191 (+12,9 per cento); terapia intensiva: +429 (+18,4 per cento); ricoverati con sintomi: +2.823 (+14,4 per cento); isolamento domiciliare: +44.635 (10,9 per cento); nuovi casi: 145.659 (+18,2 per cento); casi attualmente positivi: +47.887 (+11,1 per cento).

Il carico degli ospedali

Allarmano i ricoveri in terapia intensiva. «Sul fronte ospedaliero – spiega Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe – l’occupazione dei posti letto da parte di pazienti Covid-19 supera in sette regioni la soglia del 40 per ceto in area medica, con una media nazionale che si attesta al 35 per cento; anche le terapie intensive, la cui occupazione a livello nazionale oltrepassa la soglia di allerta attestandosi al 31 per cento, risultano sotto pressione in ben 11 Regioni». In sole tre settimane la media dei ricoveri in terapia intensiva è aumentata del 66 per cento, passando da 134 ricoveri di media ogni sette giorni a 223. Le regioni più critiche per quanto riguarda gli ingressi in ospedale sono nell’ordine: Molise, Umbria, Trento, Marche, Lombardia, Abruzzo ed Emilia Romagna.

La situazione vaccini

Al 10 marzo risultano consegnate alle varie regioni un totale di 7.207.990 dosi, meno della metà di quelle previste originariamente. Negli ultimi sette giorni, secondo la fondazione, sono state registrate solo 665.730 dosi di Pfizer/BioNTech, mentre non risulta alcuna consegna per i vaccini Moderna e AstraZeneca. «Secondo i dati ufficiali – spiega il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta – per rispettare le scadenze contrattuali, entro la fine del mese dovrebbero essere consegnate in media 2,8 milioni di dosi/settimana, rispetto ad una media di 680.000 dosi/settimana consegnate dall’inizio dell’anno».

I cittadini che hanno ricevuto anche la seconda dose del siero contro il Covid-19 sono 1.747.516 milioni di persone (pari al 2,9 per cento della popolazione italiana). In questo caso si registrano marcate differenze regionali, con la Valle D’Aosta che ha garantito la seconda dose al 4,46 per cento dei suoi abitanti e l’Abruzzo che ne registra 2,27 per cento.

In totale sono state somministrate circa l’80 per cento delle dosi consegnate, ma ci sono differenze tra i vari sieri delle case farmaceutiche. Per quanto riguarda Pfizer sono state inoculate il 90 per cento delle dosi disponibili, mentre per AstraZeneca il 52,2 per cento e per Moderna il 44,2 per cento.

Ora che è stata estesa l’autorizzazione a somministrare il vaccino di AstraZeneca anche agli over 65 c’è l’urgenza di «finalizzare gli accordi regionali con i medici di famiglia, laddove non ancora definiti, perché la loro piena collaborazione è decisiva per accelerare la vaccinazione della popolazione generale», ha detto Renata Gilli.

I più vulnerabili

Di circa i 4,4 milioni di cittadini over 80 soltanto il 24,8 per cento di loro (ovvero 1.090.047 milioni) hanno ricevuto la prima dose del vaccino, mentre a mala pena il 5,2 per cento ha completato il ciclo di somministrazione.

Il presidente Cartabellotta ha così commentato i numeri pubblicati: «Qualsiasi interpretazione opportunistica di questi dati finalizzata ad ammorbidire le misure di contenimento, in nome di un illusorio rilancio economico del Paese, rappresenta una severa minaccia alla salute e alla vita delle persone, in particolare se alimentata da evidenze scientifiche parziali o interpretate in maniera strumentale per legittimare decisioni politiche".

Leggi anche:

© Riproduzione riservata