Da quando Giovanni Toti ha deciso di “scendere in campo” alla maniera del suo mentore politico Silvio Berlusconi ha fatto il pieno di finanziamenti privati, che nascondo però più di qualche conflitto di interesse. Attraverso i suoi comitati dal 2016 a oggi ha incassato oltre 2 milioni di euro. Una massa considerevole ha il marchio delle società degli armatori, gli industriali con più potere in regione. Tra queste grandi aziende diverse appartengono al gruppo Gin (Genova industrie navali). E particolare non secondario: tra gli azionisti di Gin c’è anche Fincantieri.

La procura di Genova e la guardia di finanza indagano per finanziamenti illecito sui comitati di Toti e, come rivelato da Domani, ci sarebbero già i primi indagati: nei mesi scorsi alcune società finanziatrici hanno ricevuto la visita dei finanzieri, che hanno chiesto l’acquisizione di documenti utili all’inchiesta. Le perquisizioni soft non hanno riguardato tutti gli armatori che hanno sostenuto l’ascesa di Toti. Al di là di eventuali reati, però, resta l’inopportunità per chi governa di ricevere fondi da chi ha interessi che dipendono da scelte pubbliche regionali. Domani ha analizzato i documenti dell’autorità antiriciclaggio, gli elenchi delle erogazioni liberali depositati alla tesoreria del parlamento e li ha confrontati con gli atti dell’autorità portuale con cui ha autorizzato le concessioni. Risultato: è raro trovare aziende i cui affari non dipendano da decisioni politiche regionali o dell’autorità portuale, il cui manager Paolo Signorini è stato nominato da Toti.

I più importanti armatori della città hanno versato quasi 300 mila euro ai comitati (Change e Giovanni Toti) del presidente. Lo hanno fatto a partire dalla sua prima campagna elettorale nonostante avessero richieste di concessioni in corso e affari che da queste dipendevano. C’è un dato che caratterizza la carriera politica del leader, i plurimi conflitti di interesse.

Container e politica

Sulla presidenza Toti ha scommesso il circolo degli armatori genovesi.Tra gli esponenti di questa élite troviamo per esempio il gruppo Spinelli, il patron è Aldo Spinelli, presidente dei successi calcistici del Genoa e del Livorno. Attraverso le sue società del gruppo tra il 2015 e il 2018 ha regalato ai comitati Giovanni Toti 40 mila euro e altri 25 mila a Forza Italia, quando il presidente della regione militava ancora nel partito di Berlusconi. Il Gruppo Spinelli è tra quelli che opera nelle aree portuali tramite concessioni pubbliche rilasciate dall’autorità portuale di Signorini. A giugno 2021 l’autorità portuale ha deliberato la concessione a Spinelli per l’uso dell’area ex carbonile Enel, sotto la Lanterna simbolo della città. La decisione ha scatenato la reazione dei concorrenti, che avevano promesso ricorsi al tribunale amministrativo.

Spinelli freme per una concessione assai più ambita. Si tratta del rinnovo per il cosiddetto terminale rinfuse, centro nevralgico del business del gruppo, che da qui smista merci per milioni di euro. Sullo sfondo la guerra tra terminalisti e sigle armatoriali. La questione in queste settimane scalda il dibattito locale, tanto che il patron del gruppo per risolvere alcune resistenze di altri armatori ha organizzato un pranzo sul suo yacht alla presenza anche dell’ex presidente della regione Claudio Burlando, del Pd. La notizia uscita sui giornali locali ha fatto innervosire l’attuale governatore: «Alle rinfuse hanno avuto tutta la nostra attenzione, e lavoreremo con il gruppo Spinelli per tracciarne un futuro che sia coerente con gli investimenti del porto. Il fatto che si investa oltre un miliardo di denaro pubblico valorizza tutti gli scali del vecchio porto: è ovviamente una ricchezza per la città ma anche per gli azionisti di quei terminal», così il presidente ha risposto indirettamente alle polemiche.

Il terminal rinfuse è gestito oltreché da Spinelli anche dalla holding di Gianluigi Aponte, Msc, la prima compagnia per trasporto container. Anche Aponte tramite una controllata ha finanziato il comitato di Toti con 10 mila euro nel 2020. Aponte, Spinelli, Toti e Signorini hanno un ottimo rapporto fatto di incontri ripetuti nel tempo.

«Dopo una procedura ad evidenza pubblica e un’istruttoria durata due anni, con un piano di investimenti con cui avevamo richiesto 40 anni, gli uffici dell’Autorità di sistema portuale hanno deliberato 30 anni», dice a Domani Roberto Spinelli, figlio di Aldo. Convinto che finanziare il comitato di Toti e Forza Italia negli anni in cui il gruppo si apprestava a chiedere la concessione non rappresenti alcun conflitto di interesse: «Guardi, abbiamo finanziato in passato le forze politiche nelle quali riponevamo maggiore fiducia: Forza Italia, Partito Democratico. Poi dal 2019 non abbiamo fatto più alcun finanziamento».

Aponte è socio anche del gruppo Messina. «Non dichiaro nulla, c’è un’inchiesta in corso e ho rispetto per il lavoro della magistratura», non ha intenzione di rispondere Ignazio Messina dell’omonimo famiglia di armatori tra i più quotati del panorama. La compagnia ha negli anni foraggiato i comitati di Toti con 65 mila euro. Cinquantamila solo nel 2020, l’anno in cui i Messina festeggiano l’arrivo di un’azionista potente, Msc di Aponte. Il nulla osta per l’accordo è stato dato dall’autorità portuale di Signorini. Non era solo un parere, spiegano fonti dell’autorità portuale, ma un pezzo importante dell’istruttoria vincolante, visto che in ballo ci sono due compagnie con concessioni pubbliche e il rischio di posizioni dominanti nel mercato era più che concreto.

Aponte si era schierato contro un’altra rilevante operazione nel porto genovese autorizzata dall’autorità portuale negli stessi giorni della fusione Aponte-Messina. Si trattava dell’entrata dell’autorità del porto di Singapore (Psa, il più grande terminalista del mondo) nella maggioranza del terminal Sech, in origine di un gruppo di armatori genovesi, alcuni dei quali ancora oggi presenti con Gip (Gruppo investimenti portuali). Quest’ultima sigla la ritroviamo tra i benefattori del comitato Change di Toti: 10 mila euro nel 2016.

Di Gip ha fatto parte anche Luigi Negri, poi fuoriuscito. Negri attraverso Finsea Spa è invece ancora azionista di Genova Industrie Navali (Gin), leader delle riparazioni nata dalla fusione di due storici cantieri (Mariotti e San Giorgio del Porto). Anche Gin, tramite società meno conosciute del gruppo, è stata generosa con Toti: da questa galassia nel 2020 ha ricevuto 40 mila euro.

Più della metà dei fondi arrivano da San Giorgio del porto, cantiere noto per aver demolito la Costa Concordia e da poco vincitrice di un bando da 1 milione dell’autorità portuale per la demolizione e lo smaltimento della nave cisterna Theodoros. Altri 10 mila euro, invece, sono stati donati da un’altra azienda portuale che fa capo a Finsea della famiglia Negri, socia di Gin.

L’anomalia di questi finanziamenti è che Grandi industrie navali dal 2019 ha come azionista Fincantieri. «Con una quota del 15 per cento non incidiamo su certe scelte perché non abbiamo potere di governance», dicono della società di stato quotata in borsa.

Una legge vieta alle società partecipate da capitale pubblico di finanziare i politici e i partiti: solo però se la quota azionaria supera il 20 per cento. Nel caso di Gin-Fincantieri siamo di poco sotto la soglia. Per la gioia del presidente Toti.

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