A febbraio 2022 il 16enne, che stava svolgendo un tirocinio in un’azienda di termoidraulica con sede a Fermo, è morto lontano da casa, nell’Anconetano, a bordo di un furgone lanciato a 130 km/h nonostante un limite di 30. L’operaio alla guida è rimasto illeso. La zia chiede giustizia: «Non erano previsti spostamenti, mio nipote non doveva essere a bordo. Nessuno dei suoi due tutor erano presenti quel giorno»
«Giuseppe, Giuseppe, Giuseppe». Queste le uniche parole che Sabino, con una voce fradicia di lacrime, gridava in chiamata alla sorella Angela quel 14 febbraio 2022. Lui, carpentiere di Monte Urano nel Fermano, va a lavoro come tutti i giorni e, mentre si trova sul ponteggio, «i carabinieri gli telefonano per avvisarlo della morte del figlio in un incidente stradale a Serra de’ Conti. All’inizio pensa subito a un errore, visto che Giuseppe era uscito da casa, come faceva da più di un mese, per frequentare il tirocinio di alternanza scuola-lavoro in un’azienda di termoidraulica con sede a Fermo. Ma poi gli hanno dato le generalità di mio nipote è ha dovuto ricredersi. Lì mio fratello grida con tutto il fiato che ha con i colleghi che cercano di trattenerlo per non farlo cadere giù».
Angela Lenoci ricorda quel lunedì di febbraio come se fosse ieri. «Quando mi ha chiamato non riuscivo a capire, mi son fatta passare un suo collega che cercava di calmarlo, ma nessuno riusciva a trovare la forza di dirmi cos’era accaduto. Così mi hanno mandato su WhatsApp un numero a cui chiamare. Pensavo fosse quello dell’ospedale, invece era quello dell’obitorio. Lì ho realizzato che mio nipote non c’era più».
Il sogno del calcio
Giuseppe Lenoci, sedici anni, un po’ taciturno, baffi appena pronunciati e un cuore dentro le scarpe di gomma dura a rincorrere, sotto il sole e la pioggia, quel pallone che era una delle sue ragioni di vita. Giocava nella squadra del paese - l’Asd Campiglione-Monturano - e, racconta la zia, «qualche mese prima mi aveva chiamato perché una squadra di Serie A lo voleva, ma lui aveva rifiutato per rimanere con la società che lo aveva aiutato a crescere e che per lui era una seconda famiglia».
Come capita spesso nei piccoli centri, gli allenatori di queste squadre diventano quasi dei padri per chi sogna di cambiare la sua vita correndo, tacchetti ai piedi, dietro a un pallone. Questo era il caso di Giuseppe. «Mi ricordo – continua Angela – che gli avevano anche comprato degli occhiali anti-urto che non poteva permettersi. E lui era rimasto incredulo da quell’affetto che lo circondava. Mio nipote, nonostante fosse di poche parole, si faceva voler bene da tutti».
Frequentava il centro di formazione Artigianelli di Fermo e, a un anno dal diploma, stava svolgendo un tirocinio come caldaista in una rinomata azienda locale. È lì che Giuseppe si reca la mattina del 14 febbraio, «qualcuno forse gli avrà detto di salire a bordo di un furgone con un altro operaio per andare a sistemare una caldaia».
Quel furgone non arriverà mai a destinazione. Viaggiando a circa 130 km/h in un tratto dove la velocità consentita era di 30km/h, si andrà a schiantare contro un albero nei pressi di Serra de’ Conti, a ben 120 km da Fermo.
«Perché era su quel furgone?»
L’operaio alla guida del mezzo rimane illeso. Lui muore sul colpo. «Le responsabilità però sono a monte: mio nipote non sarebbe dovuto salire su quel furgone. La convenzione tra l’azienda e l’istituto non prevedeva degli spostamenti. Se fosse stato presente il suo tutor, forse Giuseppe sarebbe ancora tra noi».
L’alternanza scuola-lavoro attualmente è regolata dalle linee guida contenute nel decreto ministeriale n. 774 del 4/9/2019, a firma dell’ex ministro dell’Istruzione Marco Bussetti. All’art. 3 si prevedono due figure che hanno il compito di assistere lo studente durante lo svolgimento dello stage: da un lato un tutor interno della scuola e, dall’altro, un tutor esterno dell’azienda. Le due figure, in sinergia, hanno il compito di vigilare sull’attività svolta, su quello che i ragazzi possono o non possono fare.
Nessuno dei due tutor il 14 febbraio era presente nell’azienda di Giuseppe. L’assenza dei tutor è l’elemento che accomuna la morte di Giuseppe con quella di Lorenzo Parelli e Giuliano De Seta. Studenti appena diciottenni che hanno perso la vita in due incidenti mortali sul lavoro il 21 gennaio e il 16 settembre dello stesso anno. «Ragazzi che non erano operai, ma studenti. Adolescenti che si sono alzati la mattina per andare a svolgere il loro tirocinio scolastico e che non sono più tornati a casa. Non è possibile che i ragazzi lavorino all’interno delle aziende senza un segno di riconoscimento che li differenzi dagli altri operai. Come fanno questi a sapere che non possono essere impiegati per tutte le mansioni ordinarie se non c’è nessun segno distintivo che li classifichi come studenti e se chi dovrebbe vigilare è assente?», dice Angela Lenoci.
Raccontare agli altri studenti
Se l’autista del furgone su cui viaggiava Giuseppe, imputato per il reato di omicidio stradale, ha patteggiato una pena di un anno e quattro mesi di reclusione, a inizio anno il pm ha presentato un’istanza in cui si chiede il proscioglimento dal reato di omicidio colposo per il titolare della ditta di termoidraulica. Lui era il tutor esterno che doveva vigilare sul corretto svolgimento del tirocinio di Giuseppe.
Tante le domande ancora senza risposta, resta «l’amarezza di mia cognata che dopo tre anni non si dà pace per non aver salutato il figlio quella mattina. Resta il fatto che io non rivedrò più mio nipote da me a Canosa, dove passava tutte le estati. Non rivedrò più i suoi occhi, pieni di tutto quell’amore che mi ha dato e che io non potrò mai contraccambiare», conclude la zia di Giuseppe che sin dal primo momento della tragedia si è fatta in quattro per stare accanto al fratello Sabino e la moglie Francesca.
Da quel 14 febbraio, inoltre, gira le scuole pugliesi insieme all’ANMIL, l’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro, per raccontare la storia del nipote e fare formazione agli studenti sulla sicurezza in alternanza scuola-lavoro. Studenti in cui rivede gli occhi del suo Giuseppe.
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