Google starebbe declassando i contenuti degli editori e dei media online con la scusa delle regole sulla “web reputation” che darebbero priorità alla qualità dell’informazione. Un vero e proprio eccesso di zelo, ai limiti dell’“abuso” tant’è che la Commissione europea ha deciso di aprire ufficialmente un’indagine per verificare cosa stia succedendo.

Anche perché il “metodo” Google sarebbe in contrasto con il Digital Markets Act (Dma), la legge europea che regolamenta i cosiddetti “gatekeeper”, ossia i colossi del digitale, per limitarne lo strapotere e garantire un’equa competizione di mercato.

Perdite per gli editori a causa del “metodo” Google

Dalle prime rilevazioni della Commissione Ue, Google starebbe penalizzando in particolare i contenuti “commerciali” pubblicati sulle testate, quelli sponsorizzati. Per l’azienda sarebbe una tutela per gli utenti, un contrasto a pratiche che potrebbero generare una manipolazione nel posizionamento dei contenuti stessi nei risultati di ricerca.

Ma l’Europa non ci sta: «La nostra preoccupazione riguarda le policy di Google. Indagheremo per garantire che gli editori non perdano importanti entrate in un momento difficile per il settore e per verificare che Google rispetti il Digital Markets Act», commenta la commissaria Ue alla Concorrenza Teresa Ribera.

Le fa eco la commissaria per la Sovranità tecnologica Henna Virkkunen: «Alphabet deve rispettare l'obbligo di fornire agli editori condizioni di accesso eque, ragionevoli e non discriminatorie alla ricerca Google. La nostra indagine mira a proteggere i finanziamenti degli editori, la loro libertà di condurre affari, il pluralismo dei media e la nostra democrazia».

Insomma gli editori devono essere liberi di poter monetizzare i propri contenuti e i propri siti web senza che Google lo impedisca in alcun modo sulla base di criteri che alterano il posizionamento online dei contenuti stessi.

L’indagine durerà al massimo 12 mesi – fa sapere la Commissione Ue in una nota - e in caso del riscontro delle violazioni potrà essere inflitta una sanzione fino al 10 per cento del fatturato mondiale. E si può salire fino al 20 per cento in caso di reiterazione.

In caso estremo, ossia qualora Google non dovesse tornare sui propri passi sono previste misure correttive aggiuntive fra cui l’obbligo di vendere parte delle attività o lo stop all’acquisizione di servizi che possano determinare un aumento del potere e dunque della posizione dominante.

E con l’intelligenza artificiale si rischia lo sconquasso

A commentare l’avvio dell’indagine è anche il Sottosegretario all'Editoria, Alberto Barachini, considera «importante» che l'Europa abbia aperto un procedimento per verificare se gli over the top diano il corretto spazio all'informazione professionale, giornalistica e di interesse pubblico.

Barachini peraltro accende in riflettori su un’altra questione chiave: quella dell’uso dell’intelligenza artificiale sui motori di ricerca che consente di ottenere in cima risposte di poche righe.

«Nove cittadini su dieci si fermano alla sintesi generata dall'AI e solo uno prosegue la ricerca», con un impatto importante proprio per gli editori che inevitabilmente vedono diminuire il traffico sui propri siti.

Spese record per la lobby delle big tech

Intanto restano pendenti altri due dossier, quelli a carico di Meta e Apple a cui sono state inflitte sanzioni (sulla carta) rispettivamente per 200 milioni e 500 milioni di euro per violazioni ai sensi del Digital Markets Act.

Nonostante siano trascorsi ampiamente i 60 giorni concessi alle due aziende per mettersi in regola la Commissione europea in realtà ha concesso più che una proroga. Nei giorni scorsi Thomas Regnier, portavoce della Commissione europea per la Sovranità tecnologica ha dichiarato che «entrambi i casi possono ancora essere risolti» e che l’obiettivo dell’Europa «non è infliggere multe» e che «si va avanti con il dialogo costruttivo».

Dialogo costruttivo o potere delle lobby? A fine ottobre Corporate Europe Observatory e LobbyControl hanno presentato i dati aggiornati sulle spese in attività di lobbying in Europa da parte delle big tech che ha raggiunto livelli record. Si è passati dai 113 milioni di euro nel 2023 agli attuali 151 milioni, pari a un’impennata del 33,6 per cento in soli due anni e la percentuale sale al +55,6 per cento al confronto con il 2021.

© Riproduzione riservata