L’invasione dell’Ucraina non è solo un’operazione di guerra per «denazificare» il paese, come ripetuto da Vladimir Putin. Per il patriarca della chiesa ortodossa, Kirill I è un’azione necessaria al ripristino delle tradizioni e dei valori cristiani, fondamentale per arginare la diffusione di modelli di vita fondati sul peccato.

Per il capo degli ortodossi il peccato è soprattutto l’omosessualità e la rivendicazione di diritti dalla “lobby gay”. L’elemento di novità non è certo l’omofobia, piuttosto la legittimazione religiosa di una guerra devastante che ha già provocato la morte di centinaia di civili. «Siamo entrati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico», ha aggiunto in un passaggio del sermone pronunciato domenica 6 marzo nella cattedrale di Cristo salvatore a Mosca, che svetta con la sua cupola dorata sulla riva del fiume Moscova a un chilometro scarso dal Cremlino.

Con Putin al governo della federazione russa il potere spirituale della chiesa ortodossa ha assunto una posizione di rilievo nella politica. Secondo un articolo del Financial Times di marzo 2020 alcune misure adottate da Putin erano state espresse per la prima volta da Kirill durante una conferenza stampa organizzata da uno degli uomini più ricchi di Mosca: Kostantin Malofeev, l’oligarca a capo del fondo Marshall Capital e cardine dei movimenti pro vita in tutto il mondo, riuniti sotto la sigla del World congress of families (il congresso mondiale delle famiglie), di cui Malofeev è considerato tra gli sponsor finanziari più munifici. «Un miracolo di dio», è il governo di Putin secondo Kirill, d’accordo in questa sintesi con Malofeev, che ritiene Putin l’unico in grado a ricostruire la grande Russia imperiale.

L’agenzia di stampa Reuters in un articolo del 2014, all’epoca della prima crisi Russia-Ucraina, aveva rivelato l’attivismo di Kirill I nella diplomazia per conto del Cremlino. Un suo appello aveva portato al rilascio di otto funzionari europei, ostaggi per settimane dei separatisti filorussi del Donbass.

L’idea di un Putin come il nuovo zar ha trovato nei media che fanno capo al miliardario Malofeev una potente cassa di risonanza, che ha amplificato il messaggio fino in Europa occidentale. Malofeev è stato sanzionato nel 2014 per il suo sostegno ai separatisti filorussi del Donbass. Il brand mediatico più importante di Malofeev è Tsargrad, in slavo la città di Costantinopoli capitale dell’impero bizantino.

Da Fox News con amore

Malofeev per dare forza al suo progetto mediatico aveva ingaggiato Jack Hanick, ex direttore di Fox News, considerato il canale dei conservatori americani che ha contribuito a creare il fenomeno Donald Trump. Il 3 marzo scorso il Dipartimento della giustizia statunitense ha rilasciato un documento con cui ha reso noto che Hanick è sotto accusa per la sua collaborazione con l’oligarca Malofeev, ancora sotto sanzioni: «Hanick è stato pagato per il suo lavoro attraverso due entità russe... il suo compenso è stato negoziato con Malofeyev», è una delle accuse che si arricchiscono anche della falsa testimonianza resa agli agenti delle Fbi impegnati nell’indagine.

Negli anni in cui in Italia al governo c’era la Lega di Matteo Salvini con i 5 Stelle, la testata fondata da Malofeev ha riportato numerosi interventi del leader leghista sulla lotta all’immigrazione (altro tema condiviso con Putin e il conservatorismo religioso capitanato da Malofeev) e sulle critiche all’Unione europea.

La Lega e gli ortodossi

Malofeev è dunque il megafono delle posizioni oltranziste della chiesa ortodossa e allo stesso tempo è diventato il riferimento dei partiti sovranisti occidentali, il Front National (oggi Rassemblement National) di Marine Le Pen e la Lega di Salvini in particolare. In una delle riviste online riconducibili a Malofeev fino a poco tempo fa comparivano tra i collaboratori la stessa Le Pen e altre figure dell’estrema destra italiana.

La cerniera che ha unito il mondo dell’oligarca e la Lega è la propaganda della difesa dei valori cristiani. I sovranisti interpretano il ruolo di ultimi paladini in un occidente che reputano dalla morale corrotta, ostaggio di presunte lobby gay e pro aborto. La manifestazione massima di questa partnership reca la data del 29 marzo 2019: a Verona va in scena il World congress of families, la Lega all’epoca forza incontrastata di governo aveva persino concesso il patrocinio con il ministero della Famiglia, guidato da Lorenzo Fontana il più vicino ai movimenti pro vita. Il capo russo del World congress è Alexey Komov, storico collaboratore di Malofeev nella blasonata fondazione caritatevole “San Basilio il grande" collegata alla chiesa ortodossa guidata dal patriarca Kirill I.

Komov era seduto in prima fila il 13 dicembre 2013 a Torino quando il congresso del partito ha eletto Salvini segretario della Lega Nord. L’uomo di Malofeev era stato scelto anche dall’ex portavoce di Salvini per la presidenza onoraria dell’associazione Lombardia-Russia, fondata da Gianluca Savoini, il leghista della trattativa dell’hotel Metropol per ottenere dai russi un finanziamento al partito. Secondo Komov la Lega di Salvini in Russia piace «perché difende i valori cristiani». Le crociate contro la comunità Lgbt portate avanti dalla Lega in questi anni sono state apprezzate a Mosca, che non si fa scrupoli a usare i valori cristiani per difendere una brutale invasione.

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