Insulti ai pubblici ministeri che indagavano sui colletti bianchi e la mafia, chiamati ‘bastardi’, una Bmw cabriolet presa in prestito da privati che avevano interessi negli appalti pubblici, intercettazioni nelle quali si parlava di un dossier ‘De Gennaro’, all’epoca capo della polizia, ma c’è anche altro nel passato di Valerio Valenti, il prefetto che Giorgia Meloni e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, hanno scelto come commissario per la questione migranti. 

Emerge dagli atti allegati alla proposta di sorveglianza per Antonio D’Alì, sottosegretario all’Interno tra il 2001 e il 2006, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Valenti è stato capo della segreteria di D’Alì in quegli anni, il lustro nel quale ha spiccato il volo diventando prima viceprefetto, nel 2001, e poi, nel 2006, capo di gabinetto della prefettura di Firenze proprio grazie al potere del sottosegretario che poi si è scoperto colluso con la mafia e, in particolare, con la famiglia criminale dei Messina Denaro. 

Valenti viceprefetto e imprenditore

Valenti è stato anche indagato per corruzione per i fatti che Domani rivela, riferibili al quinquennio 2001-2006, ma l’indagine è finita nel nulla e la sua posizione è stata archiviata. 

Torniamo all’informativa, firmata dalla polizia giudiziaria e dalla squadra mobile di Trapani, e allegata agli atti della misura di sorverglianza emessa dal tribunale della città siciliana, nel 2019, a carico di D’Alì. 

All’epoca Valenti girava a bordo di una Bmw cabriolet, offertagli da alcuni imprenditori con i quali si sentiva al telefono per reperire documentazione o accreditarli presso enti pubblici.

Ma l’allora viceprefetto aggiunto si occupava anche di una società di servizi, la JFT s.r.l., della quale era socio al 33 per cento come il suo fidato amico, Emiliano Carena (al 34 per cento), e un avvocato locale, Michele Cavarretta. La società è stata poi cancellata nel 2008, ma Valenti da viceprefetto chiamava per sincerarsi di pagamenti e gestione della srl. 

La società in particolare era stata incaricata da Valtur di trovare le ditte e il personale necessario per la gestione di un villaggio sull’isola di Favignana. Nel dicembre 2004, Valenti chiamava il responsabile di un villaggio per ricordargli che dal «precedente mese di settembre la “JFT s.r.l.” non riceveva emolumenti e che, pertanto, si trovavano in notevole difficoltà stante i continui richiami dei vari fornitori».

Il titolare gli rispondeva di aver attivato nuovi canali di credito e Valenti «rappresentava all’interlocutore che i ritardi nei pagamenti costituivano motivo di nocumento per i fornitori che si erano rivolti anche al Senatore D’Alì al fine di ottenere le loro spettanze», si legge nell’informativa. 

Un conflitto d’interessi tra incarico pubblico e affari privati evidente, tanto da spingere gli inquirenti a scrivere: «Tale riprovevole condotta, che sicuramente, in re ipsa, illustra il disprezzo per le leggi ed i regolamenti che disciplinano i doveri dei Funzionari prefettizi e degli Agenti della Polizia di Stato». 

Il riferimento era anche ai giudici espressi nei confronti degli inquirenti, chiamati «bastardi». 

Niente di penale, solo una gigantesca questione di opportunità politica che ministro e governo fingono non esista nel silenzio anche delle opposizioni. 

L’incontro con il boss

Nell’informativa c’è un altro passaggio che riguarda Valenti e l’amico Carena, il poliziotto che Valenti aveva segnalato per il passaggio ai servizi segreti.  «Hanno evidenziato assidui contatti con elementi della criminalità organizzata facenti parte della famiglia mafiosa di Paceco come i cugini di Dattilo, Filippo Coppola, inteso il “professore”, e Rocco Antonino Coppola, inteso “Rocchetto”», si legge negli atti. 

Il primo condannato per mafia, il secondo, in quel periodo, in attesa di un pronunciamento della corte d’Appello dopo l’annullamento con rinvio della sentenza di condanna per concorso esterno in associazione mafiosa e poi condannato perché nell’orbita della galassia Messina Denaro.

Le attenzioni degli inquirenti si soffermavano su una ditta, «Puligene di Amato Maria”, cui titolare è Amato Maria, moglie convivente del menzionato Coppola Rocco Antonio, la quale (...) avrebbe effettuato prestazioni lavorative presso il villaggio turistico “Valtur” in Favignana durante i mesi estivi dell’anno 2004 tramite la citata “JTF s.r.l.». 

Il socio e amico di Valenti, Emanuele Carena, secondo gli inquirenti che riportano le intercettazioni, parlava in macchina con Filippo Coppola, all’epoca già condannato per mafia e ritenuto affiliato al mandamento di Trapani. 

Ma c’è anche un incontro, con l’altro Coppola, nel quale spunta anche Valenti. «Il personale di polizia operante aveva modo di notare come alle successive ore 23.49, i menzionati Emiliano Carena, Rocco Coppola si recassero (...) davanti al bar denominato “Caffè Noir”, ove incontravano e si intrattenevano con il Vice Prefetto aggiunto Valerio Valenti», si legge nell’informativa.

Bisogna ribadire che entrambi, Valenti e Carena, sono stati archiviati e non hanno avuto conseguenze penali.

Abbiamo inviato, tramite pec, le domande al prefetto commissario su tutte le questioni riportate, ma non ha risposto. 

© Riproduzione riservata