Inammissibilità del ricorso, infondatezza nel merito del giudizio e autoremmissione da parte della Corte Costituzionale. È quanto chiede la difesa del Senato nella breve udienza celebratasi questa mattina davanti ai giudici della Consulta, che dovranno pronunciarsi sul conflitto di attribuzione sollevato dal Tribunale di Roma contro Palazzo Madama e che ha ad oggetto l’uso di alcune intercettazioni che coinvolgono l’ex sottosegretario ai Trasporti Armando Siri.

Proprio il Senato aveva infatti impedito ai magistrati di utilizzare le intercettazioni telefoniche nel processo a carico del consulente e fedelissimo di Matteo Salvini, accusato di aver ottenuto la «promessa o la dazione» di denaro per modificare una norma che avrebbe favorito l'erogazione di contributi per le imprese che operano nel settore delle energie rinnovabili, ma anche di agevolare illecitamente il completamento dell'aeroporto di Viterbo, di interesse di Leonardo Spa.

Sette mesi fa la Corte Costituzionale ha ammesso il conflitto. E oggi, appunto, è stata celebrata l’udienza dalla cui decisione dipenderà, come si diceva, l’utilizzo o meno delle intercettazioni che riguardano il responsabile della scuola di formazione della Lega. È una partita che si gioca, dunque, tra il Tribunale di piazzale Clodio e il Senato. In altre parole tra magistratura e politica.

Le ragioni della difesa

Per l’avvocato Giovanni Guzzetta, difensore del Senato, la questione è chiara. «C’è infondatezza nel merito del giudizio - dice - perché trattasi di intercettazioni indirette che avrebbero avuto bisogno di un’autorizzazione preventiva. In più - continua il legale - chiediamo che la Corte sollevi davanti a se stessa una questione di legittimità sul meccanismo di utilizzo delle intercettazioni casuali: la disciplina del ’93 prevede che i parlamentari non possano essere sottoposti a intercettazione senza preventiva autorizzazione, ma il fatto che ci possano essere intercettazioni casuali condiziona l’attività dei parlamentari e del Parlamento».

Ma c’è dell’altro. Per Guzzetta «il ricorso è inammissibile in quanto a chiedere l’autorizzazione alle intercettazione nel caso di specie è stato il Gup anziché il Gip così come prevede la legge». Per il giudice costituzionale Modugno tuttavia questa è «un’eccezione formalistica e superabile, che contraddice la giurisprudenza della stessa Corte sul caso Ferri». La replica, che Guzzetta affida a Domani, non si fa attendere: «I due casi non sono sovrapponibili: il processo davanti al Csm è speciale e lì non esiste né Gip né Gup, pertanto non c’è alcuna contraddizione».

Il processo

Più in particolare, l’accusa nei confronti di Siri (oggi consulente ben pagato del Vicepremier Salvini), nel processo penale che lo vede coinvolto e che dopo la pronuncia della Corte Costituzionale sarà pronto a ripartire, è quella di corruzione per l’esercizio della funzione, in concorso con altri imputati. Due gli episodi contestati: quando nel 2018 Armando Siri era sottosegretario del governo Conte I avrebbe ricevuto «indebitamente» la «promessa o dazione» di mazzette da parte del presunto corruttore Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia molto vicino alla Lega, con interessi nel settore dell’energia eolica e dei rifiuti. Tra l’altro proprio l’indagine in cui è coinvolto Siri è iniziata a partire da un’altra indagine della procura di Palermo sui rapporti tra Arata – e suo figlio Francesco – e Vito Nicastri, l’imprenditore siciliano con grossi interessi nel settore eolico, accusato dai magistrati di essere il finanziatore della latitanza di Matteo Messina Denaro.

Il “re del vento”, così come soprannominato, era stato condannato nel 2019 con il rito abbreviato a 9 anni e poi era stato assolto in appello dall'accusa di concorso esterno e condannato solo per l'intestazione fittizia a 4 anni e 3 mesi. La Cassazione, però, aveva annullato la sentenza con rinvio a una nuova sezione della Corte di secondo grado, che in ultima istanza lo ha nuovamente assolto. Nell’inchiesta sul giro di mazzette per ottenere agevolazioni nelle pratiche relative alle energie rinnovabili Nicastri ha invece patteggiato nel 2019 una condanna a due anni e 8 mesi.

Ma torniamo a Siri. Per quanto riguarda il secondo episodio che gli viene contestato, il braccio destro di Salvini si sarebbe dato da fare «per ottenere un provvedimento normativo ad hoc che finanziasse anche in misura minima, il progetto di completamento dell’aeroporto di Viterbo, di interesse della Leonardo Spa, per future commesse».

Vietato indagare sugli eletti?

A causa dell’inchiesta (il rinvio a giudizio della Procura è datato 2020) Siri è stato costretto a dimettersi da sottosegretario al tempo dell’esecutivo guidato da Conte. Ma ciò - l’inchiesta appunto - non gli ha impedito di diventare super consulente del leader del Carroccio a Palazzo Chigi. Con l’udienza di questa mattina sta per chiudersi, pertanto, un primo capitolo sulla vicenda Siri. Come accennato sin da subito il Senato aveva negato l’utilizzo di queste intercettazioni ai magistrati romani: a larga maggioranza - solo Liberi e Uguali e Movimento Cinque stelle votarono in modo favorevole - l’uso delle intercettazioni venne bollato come pratica in grado di violare le prerogative di Siri in quanto parlamentare. Poi però il pm Mario Palizzi chiese, ottenendo pronuncia favorevole da parte del giudice, di sollevare il conflitto d’attribuzione: per il Tribunale, Palazzo Madama aveva “protetto” Siri. E i giudici della Consulta potrebbero confermare. La decisione, a sua volta, potrebbe arrivare già in serata.

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