In una intervista rilasciata a Liana Milella su Repubblica il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e delinea i contorni della riforma in senso garantista che vuole attuare, allo stesso tempo, prova a tranquillizzare sulla coesione dell’attuale governo. Tenta, appunto. Perché alla fine ciò che emerge dall’intervista è che il punto di vista del giurista mal collima con i fatti e con le prese di posizione dei giorni scorsi di alcuni membri dell’esecutivo. A partire dalla questione migranti. 

Nordio vs Piantedosi

Nordio afferma che la sua opinione in merito, immutata nel corso degli anni, «è conforme al diritto internazionale e agli accordi di Dublino». Esplicita dunque il suo ragionamento, «se una nave salva, com’è suo dovere, dei naufraghi in acque internazionali, lo stato di primo acceso è quello della bandiera della nave. Se la nave è tedesca è come se i migranti fossero sbarcati ad Amburgo» ma poi, dopo averli registrati, precisa,il comandante ha il dovere «di portarli, per l’assistenza nel nel più vicino porto sicuro».

Un modus operandi che mal si concilia con le dichiarazioni degli scorsi giorni di Piantedosi, le ultime delle quali rilasciate ieri sera, in cui sosteneva che il punto di vista del governo è che «la questione della prima assistenza dei migranti sia da condividere con i paesi di bandiera delle navi Ong». 

Nordio e il dl anti rave

Ma con Piantedosi e l’ala leghista del governo la polemica non si esurisce con la questione migranti. Pur respingendo al mittente – l’opposizione in sostanza – le obiezioni circa una possibile incostituzionalità della norma, il guardasigilli ammette che «la norma può esser perfezionata».

Solo qualche giorno fa il sottosegretario all’Interno, il leghista Nicola Molteni, aveva detto che il suo partito «difenderà la norma» in parlamento così com’è. Proprio per contrastare la sponda leghista del governo, Forza Italia, contraria alla norma, sta spingendo perché il testo del dl anti-rave finisca in commissione giustizia, sotto l’egida di Nordio.

Linea dura o garantismo?

Milella, a inizio intervista, pungola il ministro sul presunto controllo a cui la presidente del consiglio, Giorgia Meloni, lo avrebbe sottoposto, facendolo affiancare da sottosegretari esponenti, in materia di giustizia, della linea dura del partito.

In particolare lo interroga sulla distanza di vedute con Delmastro e Nordio para il colpo replicando: «Siamo entrambi convinti che il garantismo significhi da un lato l’affermazione della presunzione d’innocenza e dall’altro la certezza della pena. Certo, io ho sempre enfatizzato più il primo aspetto, e Fdi il secondo, ma il risultato algebrico è uguale».

Sollecitato poi dalla giornalista sulle incongruenze tra la postura «carcerocentrica» di Fratelli d’Italia e il garantismo nordiano, il ministro, facendo un ardito parallelismo tra il carcere ostativo e l’inferno cristiano, risponde che «se un criminale si ostina a rimanere tale anche in carcere, non possiamo essere più misericordiosi del Signore, che esige un minimo di redenzione. Sarebbe un atto di arroganza blasfema. E così è per l’ergastolo ostativo. Dove sarà il giudice a decidere, proprio perché è stato eliminato l’automatismo, secondo le indicazioni della Corte».

E giura sui suoi amati gatti, Rufus e Romeo, che riuscirà a modificare in senso liberale il codice penale Rocco.

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