A meno di una settimana dall’inizio del piano di vaccinazioni contro il Covid-19 in Italia, è scoppiata già una polemica tra il governo e le regioni sulla somministrazione del siero messo a punto da Pfizer-Biontech. Sebbene il nostro paese si sia assicurato una fornitura da 470mila dosi di vaccino a settimana, infatti, al momento il numero quotidiano di cittadini vaccinati contro il coronavirus si sta mantenendo molto più basso. Uno scenario che, con il Covid che muta e una curva che stenta a decrescere, si rivela sempre più preoccupante. 

Il commissario Arcuri contro le regioni

Il governo ha presentato in questi giorni il sito ufficiale del piano vaccini italiano. Sulla piattaforma sono presenti i dati aggiornati divisi per regione, fasce d’età e genere delle persone che sono state vaccinate, dalle prime 9.750 dosi del “vaccine day” del 27 dicembre alle 469.950 consegnate nella prima settimana. Il dato che colpisce maggiormente è però quello dei vaccini già inoculati: 84.027 nel momento in cui scriviamo. Davvero poche dosi, se si considera che martedì 5 gennaio arriverà il nuovo carico da quasi 470mila fiale.

Una lentezza che il governo e il commissario straordinario all’emergenza, Domenico Arcuri, imputano soprattutto alle regioni. Sebbene alcune abbiano reagito molto bene, come il Lazio, in altre invece il piano vaccinazioni non è ancora neanche partito. In Lombardia (come è risaputo, la regione più colpita), Molise e Calabria si comincia oggi, mentre in Sardegna il 7 gennaio, dopo le feste. Davvero lontani da quello che per Arcuri è l’obiettivo: 65mila vaccini somministrati al giorno in tutta Italia.

Le regioni, dal canto loro, si difendono spiegando che c’è carenza di personale sanitario, dovuto anche alle ferie concesse nel periodo natalizio dopo un tour de force che dura da dopo l'estate. In alcuni casi mancano anche le siringhe, mentre altre ancora si difendono dicendo che i dati pubblicati sul portale del governo non sono aggiornati e che, quindi, la situazione è più incoraggiante di come sembra. 

I dati dei vaccini, regione per regione

A oggi, la percentuale di vaccini somministrati rispetto a quelli distribuiti nelle varie regioni italiani varia dal 45 per cento della provincia autonoma di Trento all’1,7 del Molise. La Lombardia, che è la regione ad aver ricevuto più dosi (oltre 80mila), ne ha somministrate solo il 3 per cento. La seconda ad aver ricevuto più vaccini è la Sicilia (46mila): il 14 per cento è stato somministrato.

La fascia d'età che per ora ha ricevuto più vaccini è quella dei 50-59 anni. Quasi tutte le dosi sono andate a operatori sanitari e sociosanitari. Sono state vaccinate più donne (oltre 46mila) che uomini (34mila). Qui tutti i dati in tempo reale.

Manca ancora un elenco dei centri di somministrazione del vaccino

In questa primissima fase, i vaccini vengono somministrati soltanto all’interno degli ospedali. Sia al personale sanitario, che alle fasce più deboli della popolazione, a partire dagli over 80. Sebbene dunque non sia ancora partita ufficialmente la campagna di vaccinazione di massa, il governo è al lavoro per organizzarla al meglio. Tuttavia, al momento, non esiste ancora un elenco completo dei centri di somministrazione del vaccino in tutta Italia. Ad ammetterlo a ZetaLuiss, la testata della scuola di giornalismo romana, lo stesso commissario Arcuri, che ha detto che l’elenco «è in divenire». 

Il documento, quindi, non esiste ancora. «Come riportato nel documento del Ministero della Salute – ha risposto Arcuri – l’elenco dei centri vaccinali destinati alla somministrazione del vaccino dipenderà da tre variabili: la quantità di vaccino disponibile, la numerosità delle categorie target prioritaria per la vaccinazione, nonché dagli aspetti logistici legati alla tipologia di catena del freddo necessaria per il loro trasporto e stoccaggio».

Come sta andando nel resto d’Europa

Anche l’Unione Europea procede lentamente con il piano vaccini. La Germania, uno dei paesi più avanzati, ha vaccinato soltanto lo 0,2 per cento della popolazione (in Italia siamo allo 0,08 per cento). Tra le ragioni di questa lentezza ci sono ritardi e rallentamenti dovuti al periodo di ferie, ma anche la scarsità di vaccini disponibili: poche centinaia di migliaia per ciascuno stato membro. In Francia, dove è stata riscontrata una percentuale altissima di scettici sul siero anti-Covid, la situazione è ancora più grave. 

Il Regno Unito, che sta affrontando una variante del virus che negli ultimi giorni ha fatto segnare i record assoluti di nuovi contagi, non se la passa meglio. Anche a causa di alcune scelte del governo guidato da Boris Johnson, che ha deciso di ritardare la somministrazione delle seconde dosi ai già vaccinati, dando la precedenza a chi deve ancora ricevere la prima dose. Altra decisione discussa dalle ditte produttrici e dalle autorità scientifiche è quella di autorizzare, se necessario, l'uso per la seconda dose di un vaccino diverso da quello della prima. 

Il calendario dei vaccini in Italia 

Il percorso che, nelle speranze del governo Conte, dovrebbe portare all’immunità di gregge (perché si raggiunga, è necessario che il 70 per cento della popolazione si sia vaccinato) arriva fino a settembre. Anche se la previsione, al momento, viene considerata parecchio ottimistica. Ciò che è certo è che, in questa primissima fase, la priorità verrà data agli operatori sanitari e sociosanitari, al personale operante nei presidi ospedalieri pubblici e privati, agli ospiti e al personale delle residenze per anziani.

Il primo step comprende quasi due milioni di persone e dovrebbe richiedere tutto il mese di gennaio e di febbraio. Dopo toccherà alle persone con oltre 80 anni, che in Italia sono quattro milioni e mezzo. Altri due mesi e si arriva ad aprile, quando verosimilmente sarà il turno degli over 70 (più di 13 milioni di persone), seguiti da chi soffre almeno di due patologie. Sarà già estate, dunque, quando si passerà al resto della popolazione, dando precedenza alle categorie che lavorano nei servizi essenziali: insegnanti, personale scolastico, forze dell’ordine, personale delle carceri. A cascata, poi, tutti gli altri, con la possibilità di cambiare le liste di vaccinazione in caso di identificazione di nuove categorie a rischio. L’obiettivo sarebbe quello di raggiungere l’immunità di gregge a settembre, prima del ritorno a scuola.

La possibilità di un cambiamento in senso peggiorativo del calendario dei vaccini dipende innanzitutto dal numero di dosi effettive che arriveranno nel nostro paese. Un’altra variabile sarà la durata dell’immunità dei singoli vaccini, su cui al momento non si hanno certezze. E ancora tutto dipenderà dalla percentuale di adesione al vaccino, visto che per l’immunità di gregge dovranno vaccinarsi 42 su 60 milioni di abitanti.

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