Ilaria Salis è entrata nel tribunale di Budapest per la prima volta senza catene a mani e polsi né guinzagli. All’insegnante e attivista antifascista, accusata di aver aggredito militanti di estrema destra l’11 febbraio 2023, sono infatti stati concessi i domiciliari, e ha lasciato così il carcere di massima sicurezza di Gyorskocsi Utca, dove ha trascorso più di 15 mesi, denunciandone le condizioni disumane. La 39enne è candidata al parlamento europeo con Alleanza verdi e sinistra.

Salis è arrivata in tribunale per la terza udienza, in taxi con i genitori ed è entrata rapidamente nell’edificio, tra giornalisti e un gruppo di suoi amici che attendavano fuori dalla struttura, tra i quali c’è anche il fumettista Zerocalcare. «Voglio ringraziare tutte le persone che mi hanno supportato», ha detto l’insegnante prima dell’inizio dell’udienza.

L’udienza

Durante l’udienza il giudice Josef Szos ha rivelato l’indirizzo dell’abitazione in cui Salis sta scontando gli arresti domiciliari, finora segreto per ragioni di sicurezza. Il padre Roberto Salis si è rivolto all’ambasciatore Jacoangeli dicendo: «Bisogna fare qualcosa». L’avvocato della difesa Gyorgy Magyar ha infatti precisato che «l’indirizzo non dovrebbe essere rivelato, anzi protetto e non va inserito nel verbale». 

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Il padre ha quindi richiesto che il governo prenda posizione e che faccia «in modo che Ilaria venga trasferita immediatamente in Italia o che vada ora in ambasciata». Anche uno dei legali italiani della donna, Eugenio Losco, ha commentato la diffusione del domicilio considerandola una «gravissima violazione della privacy alla quale ora bisogna porre rimedio». E ha aggiunto: «E la soluzione è liberarla». 

L’ambasciatore Jacoangeli ha annunciato di aver inviato immediatamente una nota alle autorità ungheresi per segnalare quanto avvenuto e chiedere «l’adozione di tutte le misure necessarie per garantirle la sicurezza».

L’udienza di oggi, che è stata rinviata al prossimo 6 settembre, è stata contestata dalla difesa e da Roberto Salis, secondo cui ci sono state «violazioni gravissime»: «C’è un enorme tutela per la persona aggredita, che è ungherese, e poi viene rivelato il domicilio di Ilaria. È un sistema inaccettabile, non mi pare sia un processo giusto», ha detto il padre, in una pausa dell’udienza, e ha aggiunto: «È stata anche respinta la richiesta di aggiornare il processo a quando avremo tutti gli atti in italiano e faremo le opportune proteste anche su questo». 

I giudici hanno infatti rigettato la richiesta di sospendere il processo fino alla traduzione in italiano degli atti processuali. 

La reazione di Nordio

«Abbiamo seguito la procedura prevista dagli accordi internazionali: la concessione dei domiciliari in Italia può essere richiesta solo dopo la concessione dei domiciliari nel paese di detenzione. L’unica possibilità era questa, si tratta di una conditio sine qua non». Ha commentato così il ministro della Giustizia Carlo Nordio, ospite al Festival dell’Economia a Trento, tornando sul caso Salis, evidenziando che «non è possibile che il governo interferisca con la magistratura».

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La richiesta di domiciliari accolta

Dopo l’ordine di scarcerazione firmato il 15 maggio, Salis ha dovuto aspettare il trasferimento dall’Italia all’Ungheria della cauzione. E mercoledì 23 maggio, in mattinata, è uscita dalla prigione di massima sicurezza dopo un anno e 3 mesi e trasferita nel domicilio dove sconterà la misura cautelare degli arresti domiciliari in attesa della fine del suo processo. 

«Siamo molto soddisfatti ma consideriamo i domiciliari in Ungheria solo un primo passaggio verso la libertà di Ilaria perché chiediamo che le venga revocata qualsiasi misura cautelare», hanno commentato il legali di Salis. Mentre il padre Roberto, che sta portando avanti la campagna elettorale in nome della figlia, lo ha definito «il giorno più bello della mia vita dopo la nascita dei miei figli, come fosse nata una seconda volta». 

«Un bel risultato» aver ottenuto i domiciliari, ha detto l’ambasciatore italiano a Budapest Manuel Jacoangeli prima dell’inizio dell’udienza, «per il quale abbiamo sempre lavorato. Rasserena tutta la situazione e le consente di affrontare meglio il processo». Jacoangeli ha poi aggiunto: «Abbiamo suggerito ripetutamente alla famiglia di intraprendere questa strada e l’ambasciata appoggerà sicuramente una richiesta di domiciliari in Italia».

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