Mohamed Shahin è tornato in libertà. L’imam di San Salvario, a Torino, trattenuto nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Caltanissetta, in Sicilia, dopo l’ordine di espulsione disposto dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è stato rilasciato oggi, 15 dicembre. Poco dopo il tribunale di Caltanissetta ha sospeso il rigetto della domanda di protezione internazionale e, dunque, l’espulsione di Shahin non è più esecutiva. Questo significa che l’imam non può essere accompagnato alla frontiera e può soggiornare in Italia in attesa che si concluda l’iter sulla sua domanda di asilo. 

L’ordinanza

«La cessazione del trattenimento» è stata disposta dalla Corte di appello di Torino, che si è pronunciata in sede di riesame e, considerata la nuova documentazione presentata dagli avvocati, ha accolto il ricorso escludendo «la sussistenza di una concreta e attuale pericolosità».

Fra i nuovi elementi presentati dai legali – «sopravvenuta prova di elementi che già esistevano», precisano – c’è l’archiviazione immediata da parte della procura della città della denuncia per le dichiarazioni relative al 7 ottobre, che l’uomo aveva pronunciato durante una manifestazione a sostegno della Palestina.  

I giudici hanno poi sottolineato che l’uomo, da vent’anni in Italia, è «completamente incensurato», a differenza di quanto affermato da diversi esponenti della maggioranza. 

Il trattenimento era stato disposto dal questore di Torino lo scorso 24 novembre, dopo il decreto di espulsione ministeriale, firmato e difeso dal titolare del Viminale, che ha fatto di questo caso una bandiera a difesa della sicurezza dello stato. 

Le reazioni

«Accogliamo questa decisione con senso di responsabilità e rispetto per le istituzioni», ha dichiarato il presidente dell’Unione delle Comunità islamiche in Italia (Ucoii), Yassine Lafram. «È un passaggio importante che riafferma il valore delle garanzie previste dall’ordinamento e la centralità del controllo giurisdizionale nelle misure che incidono sulla libertà personale», ha aggiunto. 

Se il vicecapogruppo alla Camera di Alleanza Verdi e Sinistra, Marco Grimaldi, ha espresso «gioia immensa» per la sua liberazione, la destra ha ripreso ad attaccare i giudici che hanno preso la decisione richiamando la normativa europea. «È l’ennesima sentenza che va contro le decisioni assunte dallo stato per tutelare la sicurezza dei cittadini», ha commentato Sara Kelany, deputata di Fratelli d’Italia e responsabile immigrazione del partito. «Di fatto accontenta le richieste della sinistra che si è mobilitata con manifestazioni e atti politici a favore di un imam che ha giustificato l’attentato di Hamas del 7 ottobre 2023», ha aggiunto, annunciando un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia. 

«Il paradosso – ha concluso Kelany – è che di questo passo la sicurezza della nazione in un momento così delicato sarà gestita dai tribunali e non dal ministero competente, che ha assunto una decisione giusta e doverosa nei confronti di un imam che avalla il terrorismo». Per Galeazzo Bignami, capogruppo di FdI alla Camera, è «l’ennesimo schiaffo allo stato» e «una scelta irresponsabile».

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