La procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per il governatore della regione Lombardia Attilio Fontana, e per altre quattro persone indagate per il caso della fornitura alla regione di 75mila camici prodotti dalla Dama, la società di Andrea Dini, cognato del governatore.

La fornitura, dal valore di circa 500mila euro, era avvenuta in piena emergenza Covid, ed era stata poi trasformata in donazione dallo stesso Dini. Un gesto che, per i pm Paolo Filippini e Carlo Scalas, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, venne fatto «allo scopo di tutelare l’immagine politica del presidente della regione Lombardia, una volta emerso il conflitto di interessi derivante dai rapporti di parentela» con il fornitore.

Secondo gli inquirenti, infatti, il 19 maggio 2020 Fontana bonificò al cognato 250mila euro, quasi il valore complessivo dei camici consegnati. La dicitura della causale («Acconto fornitura camici a favore di Aria spa») e la cifra dell’operazione condussero a una segnalazione della fornitura a Banca d'Italia e alla procura di Milano.

Ora Fontana è indagato per frode nelle pubbliche forniture. La procura ha chiesto il processo anche per Andrea Dini, Filippo Bongiovanni (ex numero uno di Aria spa), Pier Attilio Superti (vicario del segretario generale di Regione Lombardia) e Carmen Schweigl (direttrice acquisti di Aria spa). Lo scorso novembre Fontana ha rinunciato alla richiesta di interrogatorio che aveva precedentemente avanzato prima della chiusura delle indagini.

«Il presidente ha deciso di riservare le proprie difese alle fasi processuali successive di fronte a giudici terzi» aveva spiegato il difensore di Fontana, Jacopo Pansa. Lo stesso avvocato ha commentato sarcasticamente la richiesta di rinvio a giudizio: «La casistica si arricchisce di una nuova vicenda atipica: una donazione è diventata reato».

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