Chissà se Fedez si candiderà davvero, prima o poi: la sua società ZDF ha registrato il dominio web fedezelezioni2023. Un nome un po’ didascalico per un sito da ingresso in politica, sembra più una mossa di marketing a breve termine per attirare l’attenzione ora che Fedez ha un disco in uscita e la serie con la moglie in arrivo su Amazon Prime. Pare che fedezelezioni2023 sia soltanto il nome del tour che lo vedrà impegnato nei prossimi mesi.

Comunque, nell’attesa di scoprire le vere intenzioni del cantante-influencer, vale la pena soffermarsi su un punto: oggi Fedez potrebbe candidarsi e le leggi sul conflitto di interessi non sono ancora state adattate al mondo dei social.

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Fedez si sta avvicinando alla politica in modo sempre più rapido da mesi: ha usato il tema della legge Zan, di cui non ha mai dimostrato di conoscere i contenuti, per attaccare la Lega, montare una polemica con la Rai, dimostrare di essere lui che comanda, perché il consenso si costruisce attraverso lo schermo di uno smartphone, non più tramite quello della tv.

E infatti la Rai non è riuscita a condizionare il suo intervento al concerto del primo maggio 2020, lo ha querelato, ha ritirato la querela e lo ha celebrato nel salotto di Fabio Fazio. L’ascesa della tv commerciale ha generato Silvio Berlusconi, quella di Internet i blog, Beppe Grillo e i Cinque stelle, il nuovo intrattenimento di massa via social sta cambiando anche la politica. E Fedez è l’apripista, chissà se anche il protagonista di una nuova stagione o soltanto la cavia.

Già alle ultime elezioni amministrative un candidato a Milano, Mauro Orso, è riuscito a entrare in consiglio comunale con oltre mille preferenze costruite soprattutto attraverso il sostegno di una rete di influencer come Estetista Cinica (Cristina Fogazzi, 48 milioni di fatturato di cosmetici pubblicizzati via Instagram).  

Fedez sostiene quasi sempre cause nobili, dalla lotta al Covid, ai diritti civili, al volontariato. Ma è anche inserito in una rete di contratti, impegni, conflitti di interessi che ci devono spingere a guardare con grande diffidenza il suo impegno politico, che passi per una candidatura o meno.

La sua attività di influencer e manager di talenti lo porta a legarsi per contratti da molti zeri con banche, assicurazioni, grandi gruppi della moda, multinazionali del calibro di Amazon e Coca Cola, a spingere i talenti che gestisce nelle trasmissioni Mediaset.

Se è discutibile, e oggetto di inchieste della magistratura, che un senatore come Matteo Renzi si faccia finanziare da soggetti interessati a tenere buoni rapporti con la politica, altrettanto preoccupante è vedere un singolo individuo con milioni di follower che orienta oggi l’opinione pubblica e domani, magari, il consenso elettorale senza che noi sappiamo esattamente quali compromessi ha accettato e che impegni ha preso con le aziende.

In questi giorni la politica litiga sui nuovi direttori dei tg Rai come se fossimo ancora negli anni Novanta. Tempo sprecato, la tv generalista è un (corposo) residuo del passato.

Sarebbe molto più produttivo usare le stesse energie per regolare questo nuovo settore dei media via social che è al momento senza regole e consente ai singoli individui di disporre come meglio credono del consenso che si costruiscono sulle piattaforme. Che sia per promuovere un disco in un tour di concerti o per competere alle elezioni.

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