«Noi vogliamo solo tifare». È stato questo il coro scandito dalla curva nord sotto la sede dell’Inter in un tardo pomeriggio bollente per i nerazzurri. Gli ultras dell’Inter sono sul piede di guerra. Smaltita l’amarezza per il finale di campionato, la curva nord ha organizzato ieri una contestazione in viale della Liberazione. Motivo della protesta il rifiuto da parte del club di garantire una corsia preferenziale per ottenere i biglietti per la finale di Champions League di sabato prossimo a Monaco.

La protesta

Così nel pomeriggio di lunedì circa 200 ultras si sono radunati sotto la sede del club sotto gli occhi attenti di un importante spiegamento di forze dell’ordine. Poco dopo le 18 dal viale pedonale che corre lungo viale della liberazione si sono alzate le bandiere nerazzurre e i due aste dei vari gruppi che compongono la Curva nord.

Una protesta rumorosa in cui la curva nerazzurra ha intonato i classici cori che accompagnano la squadra durante le partite per far sentire la propria voce e dimostrare come una loro presenza a Monaco sarebbe una spinta in più per la squadra.

Il comunicato

«Abbiamo vissuto un'intera stagione come vittime sacrificali, colpiti ingiustamente da società, polizia e questura, pagando errori e responsabilità che non ci appartengono». Inizia così il lungo comunicato postato su varie pagine social riconducibili alla Curva nord nerazzurra. Gli ultras nerazzurri contestano «la gestione del ticketing per la finale di Monaco» che sarebbe stata «imbarazzante e ha lasciato fuori una marea di interisti che meritavano di esserci»: «Si è preferito distribuire biglietti a sponsor, amici e agenzie viaggi, dimenticando chi ha seguito questa squadra ovunque, sempre e comunque». 

Una prima timida contestazione si era registrata prima dell’ultimo match casalingo, domenica scorsa contro la Lazio. Prima del match dal secondo anello verde i leader della tifoseria avevano ribadito il loro stupore per il secco “no” ricevuto dalla società a qualsiasi richiesta di interlocuzione. Chi pensava a una contestazione, con il classico “silenzio” nei primi 15 minuti della partita, è però rimasto deluso: «Ora iniziamo a cantare e facciamogli vedere che non possono vincere senza di noi». E sulla stessa linea si pone la contestazione di lunedì sera. «Vi aspettiamo con bandiere, colore e calore – spiegava nel weekend Nino Ciccarelli, storico leader della nord – perchè vogliamo far vedere che senza il nostro tifo una finale non si può giocare».

 E oltre all’assenza di biglietti per la finale, gli ultras nerazzurri contestano anche il divieto di allestire una coreografia per la finale. «Un accanimento folle e senza precedenti – si legge nel comunicato della nord – che colpisce ragazzi totalmente estranei a qualunque vicenda giudiziaria. Adesso basta. Ci siamo rotti i coglioni. Se qualcuno, nei palazzi del potere, si è posto l'obiettivo di eliminare per sempre gli ultras dell'Inter per potersi appuntare una medaglia al petto, sappia che faremo di tutto per impedirglielo. Potranno reprimerci finché vorranno, ma non ci arrenderemo mai. Perché l'Inter è la nostra vita, e nessuno potrà mai fermare la nostra aggregazione».

«Non accettiamo di essere trattati come comparse in una storia che abbiamo contribuito a scrivere – chiosano gli ultras – settimana dopo settimana, chilometro dopo chilometro. Non chiediamo privilegi: chiediamo rispetto».

La trattativa

Pur rivendicando di non volere privilegi dalla società, il tifo organizzato nerazzurro si è mosso nelle ultime settimane per provare a ricucire in extremis ed accaparrarsi qualche centinaio di biglietti per monaco. Il metodo non sarebbe troppo diverso da quello utilizzato per la finale del 2023 e finito al centro dell’inchiesta “doppia curva”, che ha portato alla luce una rete di interessi tra il tifo organizzato e la criminalità con le ipotesi di reato di usura, estorsione ed emissione di false fatture. Per alcuni di questi reati è stata anche contestata la finalità mafiosa. Un'occasione di profitto fu proprio la finale di Champions del 2023 tra Inter e Manchester City a Istanbul. Secondo gli atti fruttò ai leader della Nord 800mila euro, grazie alla rivendita dei biglietti. Il pm della Dda di Milano Paolo Storari ha chiesto una condanna a 9 anni di reclusione per Andrea Beretta, ex capo ultrà interista e ora collaboratore di giustizia, imputato per aver ucciso a settembre Antonio Bellocco, membro del direttivo e rampollo del clan di 'ndrangheta.

L’Inter non vuole ripetere lo stesso errore di due anni fa, cerca un riscatto di immagine e ha optato per la linea dura chiudendo ogni canale di comunicazione privilegiata con la curva, definita nei giorni scorsi dal pm Storari «una sorta di milizia privata» i cui rapporti con istituzioni e dirigenza hanno «generato, negli imputati, una sorta di legittimazione».

Nei giorni scorsi uno dei legali degli ultras nerazzurri, Mirko Perlino, avrebbe preso contatti con la società per chiedere 600 biglietti per Monaco. Il 19 maggio, il giorno dopo la partita con la Lazio, l’avvocato ha tentato l’affondo scrivendo una lettera ai vertici del palazzo di giustizia, della questura e allo stesso presidente dell’Inter Giuseppe Marotta. La richiesta era chiara: un «incontro urgente» per ricordare che in occasioni del genere è «solitamente riservato un numero di biglietti ai tifosi delle curve, quale riconoscimento del supporto costante alla squadra». La risposta della società è stata altrettanto lapidaria: nessun biglietto per la curva per questa finale.

La situazione a Parigi

Chi invece sarà sicuramente a Monaco, e ha già iniziato la distribuzione del proprio merchandising dedicato, è il Collectif Ultras Paris, la tifoseria organizzata parigina. Una “curva” particolarmente calda, da sempre. Negli ultimi anni, è tornata sotto i riflettori per episodi di violenza e intimidazione. Nel 2023 alcuni ultras hanno marciato sotto casa di Neymar, costringendo il club a rafforzare la sicurezza per il brasiliano. Scontri si sono registrati più volte fuori dal Parc des Princes, come nel 2022 quando andò in scena una guerriglia con i tifosi del Marsiglia. Da ultimo l’8 maggio di quest’anno, dopo la partita contro l’Arsenal che ha consegnato ai parigini l’accesso alla finale di Champions League, i festeggiamenti si sono conclusi con 44 arresti e tre tifosi feriti dopo una serata di violenze e scontri.

Parigi ha una lunga storia di violenze ultras. La differenza con quanto accade a Milano, il Psg negli ultimi quindici anni ha fatto enormi sforzi per provare a fermare un fenomeno che aveva assunto contorni allarmanti. L’episodio più grave avvenne nel 2010, quando fu ucciso Yann Lorence, tifoso parigino. Da quel momento prese vita il cosiddetto “Plan Leproux” con l’obiettivo di eliminare alla radice il problema impedendo agli ultras di entrare allo stadio.

Il Plan Leproux azzerò di fatto il tifo organizzato del Psg: via gli abbonamenti collettivi, posti assegnati casualmente per evitare il formarsi di gruppi organizzati, striscioni e cori vietati. Il Parc des Princes è diventato più sicuro e “familiare”, a scapito dell’atmosfera, alimentando forti polemiche. Solo nel 2016 è stato permesso il ritorno controllato del tifo organizzato con la nascita del Collectif Ultras Paris che restano ad oggi l’unico vero gruppo del tifo organizzato parigino. Una strategia forte che, però, ha portato risultati azzerando di fatto i problemi di ordine pubblico all’interno dello stadio. Quel che conta, alla fine, per la società.

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