La Coppa d’Africa è un’insegnante di storia. È la narratrice che più e meglio di tutti ha saputo raccontare l’evoluzione del continente africano a partire dalla decade della decolonizzazione. È la reporter avventurosa che continua a testimoniare, a cadenza biennale, il progresso delle nazioni partecipanti.

Contribuisce, inoltre, a formare la percezione del paese ospitante agli occhi del continente. Ne misura lo stato di salute. Se uno Stato non organizza la Coppa d’Africa da troppo tempo, è sintomo che le cose non stanno andando per il verso giusto, quantomeno dal punto di vista delle infrastrutture.

È il segnale che è arrivato il momento di candidarsi per ospitare il torneo e poter poi donare alla popolazione locale un motivo d’orgoglio a cui aggrapparsi anche nei momenti di difficoltà. Per la Costa d’Avorio, sede della trentaquattresima edizione che parte oggi, sono trascorsi quasi quarant’anni dalla prima e ultima volta. L’insieme degli stadi nazionali è stato completamente rinnovato.

Nel 1984 le partecipanti alla fase finale erano solo otto, erano bastati due impianti per ospitare la manifestazione. Nel 2024 le partecipanti sono salite a ventiquattro, e di stadi ne sono serviti sei, di cui due con una capacità di almeno 40mila spettatori, due di almeno 20mila e altri due di almeno 15mila.

Un miglioramento che non sarebbe stato possibile senza l’aiuto della Cina, che ha partecipato direttamente alla costruzione di tre dei sei impianti. Si tratta di quelli delle città di San Pedro e Korhogo e dello stadio Alassane Ouattara di Ebimpe, quartiere periferico a nord di Abidjan, in cui si terranno la gara inaugurale e la finalissima dell’11 febbraio.

Il ruolo della Cina

Questa cooperazione apre un nuovo capitolo del manuale di storia della Coppa d’Africa: l’influenza della Cina nel continente. La Costa d’Avorio, infatti, è solo uno dei circa quaranta Stati africani (su cinquantaquattro) in cui Pechino ha imposto la sua presenza attraverso un processo di diplomazia culturale conosciuto con l’espressione inglese di “stadium diplomacy”.

In altre parole, la “diplomazia degli stadi” consiste nella creazione di un rapporto di interdipendenza politico-economica alimentata dalla costruzione o dal finanziamento di infrastrutture sportive, principalmente stadi di calcio, nei paesi di maggior interesse strategico.

L’obiettivo della Cina in Africa è quello di ottenere una corsia preferenziale per l’acquisto di materie prime allettanti di cui ha fortemente bisogno per il proprio sviluppo. Ed è per questo motivo che la mappa di stadi costruiti o finanziati da Pechino nel continente africano si è allargata a tal punto che molte edizioni della Coppa d’Africa dell’ultimo ventennio probabilmente non si sarebbero potute svolgere adeguatamente senza il contributo del governo asiatico.

L’edizione del 2008 in Ghana ha visto la Cina finanziare il rinnovamento di due stadi e la costruzione di altrettanti impianti. Nel 2010, in Angola, il gigante asiatico ha concesso una linea di credito favorevole per far venire alla luce tutte e quattro le strutture che hanno ospitato la competizione.

Medesima situazione in Gabon, coorganizzatore dell’edizione 2012 e unico anfitrione di quella del 2017: i quattro stadi utilizzati nei due tornei sono tutti opera di imprese di costruzione cinesi. Infine, quattro dei sei impianti camerunensi selezionati per ospitare la Coppa d’Africa 2022 portano la firma di Pechino.

Il paese ospitante

Questo aspetto, però, non occupa troppo le menti del popolo ivoriano, che si appresta ad accogliere l’edizione della Coppa d’Africa più seguita di sempre. Più di 6.000 giornalisti e professionisti del mondo della comunicazione si sono accreditati per coprire il torneo sul campo.

Circa 180 paesi saranno sintonizzati sulle frequenze dello stadio Ebimpe quando Costa d’Avorio e Guinea-Bissau si affronteranno nel match d’apertura. Conscio di questa attenzione globale, il governo ivoriano ha già deciso quale sarà il lascito della Coppa d’Africa che intende tramandare ai posteri.

Un cartellone pubblicitario affisso per le vie di Abidjan invita la popolazione locale a non scherzare con il concetto di accoglienza durante quella che il comitato organizzatore ha rinominato la “Coppa d’Africa dell’ospitalità”. La capitale economica della Costa d’Avorio si è vestita a festa.

I suoi quartieri sono stati addobbati con numerose bandiere che collegano gli edifici situati da una parte e dall’altra della strada, donando un’immagine simile a quella di Napoli nei giorni dello scudetto. Gli ivoriani hanno rispolverato le proprie bandiere e iniziato a indossare la maglia della nazionale per qualunque tipo di attività quotidiana.

La mescolanza

Quella degli Elefanti, come sono soprannominati i calciatori della Costa d’Avorio, non è però l’unica divisa che è possibile scorgere per le strade di Abidjan, dove vivono tante persone provenienti dagli altri stati dell’Africa occidentale. La “Terra del cacao”, di cui la Costa d’Avorio è primo produttore mondiale, è casa per molti maliani, senegalesi, guineani, burkinabè e ghanesi.

Questa multiculturalità è evidente soprattutto nel quartiere di Treichville, un’area conosciuta anche come la municipalità “nzassa”, un termine di lingua nzema che indica mescolanza. Qui la stragrande maggioranza delle famiglie ha il cuore diviso in due tra la Costa d’Avorio e il paese di origine dei propri genitori o antenati.

Ciò significa che è a Treichville che sarà possibile tornare ad assistere alla vera atmosfera di gioia e allegria tipica della Coppa d’Africa. Un ambiente di festa che nel 2022 in Camerun era stato fortemente condizionato dalla pandemia da Covid-19 e che nel 2019 in Egitto era mancato completamente a causa delle difficoltà logistiche di raggiungere il Nord Africa per le popolazioni subsahariane.

Il sostegno di queste comunità, inoltre, potrebbe regalare un vantaggio competitivo alle nazionali favorite che provengono dalla regione dell’Africa occidentale. Oltre alla Costa d’Avorio, favorita per definizione in quanto padrona di casa, a figurare nel lotto delle pretendenti ci sono il Senegal campione in carica, l’Egitto, e certamente quel Marocco che ha stupito ai Mondiali 2022 in Qatar conquistando la prima semifinale di una rassegna iridata per una selezione africana.

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