C’è una legge che racconta i paradossi del nostro paese e, tra qualche settimana, sarà anche la protagonista di un film, in uscita a settembre, Il più bel secolo della mia vita, prodotto da Lucky Red insieme a Goon Films e Rai cinema. L’hanno ribattezzata la norma dei cent’anni, ma in realtà è un alibi, un pretesto, un’intuizione per descrivere l’Italia partendo dalla famigerata 183 del 1984. L’idea è venuta ad Alessandro Bardani che, dopo averne atto uno spettacolo teatrale scritto e diretto insieme a Luigi Di Capua, firma da regista il suo primo film, con protagonisti Sergio Castellitto, il vecchio, e Valerio Lundini, il giovane, una pellicola che già ha conquistato il Giffoni film festival, impreziosita da un brano inedito di Brunori Sas. Per capire, però, bisogna partire da quella norma paradosso che risale a 40 anni fa e che fa incontrare Giovanni, interpretato da Lundini, e il centenario Gustavo (Castellitto). 

La legge dei cent’anni

Prima del 1984 era impossibile per un figlio non riconosciuto alla nascita conoscere l’identità dei genitori biologici, un divieto che è stato modificato introducendo la quota dei 100 anni, «in caso di figlio non riconosciuto alla nascita, chiamato anche N.N., le informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici possono essere fornite all’esercente soltanto dopo il compimento del centesimo anno di età», prevede la norma. 

Un limite temporale che viene vissuto come una presa in giro per il quasi mezzo milione di persone che si trova in questa situazione, un altro modo per scrivere mai. Ci sono state diverse proposte di legge presentate in questi anni che non sono mai state approvate, prevedevano come in Francia la possibilità dell’interpello, raggiunta la maggiore età si chiede al tribunale se la madre naturale è disposta a rinunciare all’anonimato. Proposte legislative che hanno senza esito provato a rispondere alle richieste dell’Europa che aveva sollecitato il nostro paese a uniformarsi agli altri stati. Anche la Corte costituzionale si è espressa sollecitando il parlamento a intervenire per favorire un bilanciamento tra i diritti della donna a mantenere l’anonimato e quelli dei figli a conoscere la propria storia. La favola firmata da Bardani è la sveglia artistica per un legislatore distratto su una materia che incrocia diversi diritti, ma ne ignora uno fondamentale che è quello alla salute, visto che i figli non possono conoscere eventuali malattie familiari o ereditarie. 

Nel film il giovane Lundini vuole attirare l’attenzione della pubblica opinione sull’assurda legge e “ingaggia” il vecchio Castellitto che, però, non ha nessuna intenzione di avvalersi della normativa, visto che ha superato la fatidica soglia dei cent’anni. Il film ripercorre l’incontro tra un centenario proiettato nel futuro e un giovane ancorato al passato e il loro viaggio alla ricerca delle proprie origini.

Il nonno e Califano

«Tutto è iniziato dalla lettura di un libro che conteneva un riferimento alla legge dei cent’anni, io ho pensato a un errore, ma non era così. Ho capito che quella norma rappresenta perfettamente l’assurdità, una presa in giro, racchiudeva dentro la tragedia di chi soffre di questa situazione e la comicità di quella previsione normativa. Così è nato lo spettacolo teatrale e poi il film, un centenario e un giovane, mi è piaciuto rifarmi alla commedia all’italiana», dice Bardani. 

La commedia che incrocia e mischia comicità e tragedia, risa e sconforto. «Mi sono immaginato il mio centenario proiettato nel futuro ispirandomi a Franco Califano e a mio nonno». Suo nonno? «Mio nonno era un partigiano toscano, un partigiano debordante. Uno di quelli che quando litigava con uno di destra, un fascista, alla fine della contesa verbale non si capiva più chi fosse il fascista e chi il partigiano. Lui ha sempre guardato al futuro, quando combatteva pensava a quello che avrebbe dovuto fare dopo, a 93 anni continuava a costruire i suoi progetti. Il mio centenario ricorda lui e Franco Califano, il cantante romano che viveva da playboy. Il giovane, invece, è metodico, un poco nerd, Lundini è perfetto perché non essendo un attore appare un grande attore. Insieme a Castellitto si genera la mia idea di cinema, insieme sacro e profano, due eccellenze», continua Bardani. 

Una storia che prima è stata raccontata a teatro, con successo di pubblico e incassi, e che ora arriva al cinema, una migrazione semplice a dirsi, difficile a farsi. «Molto complicato perché il cinema offre maggiori potenzialità, ma devi rendere il centenario reale. Noi avevamo tempi di riprese diversi da quelli comunemente utilizzati per girare un film perché cinque ore erano dedicati al trucco di Castellitto, curato da Andrea Leanza e Denise Boccacci. Poi bisogna lavorare sul tremolio delle mani, sui movimenti, sulla voce», risponde Bardani. 

Il film sarà a settembre nelle sale, ma la legge è ancora lì in attesa di essere cambiata accogliendo le indicazioni dell’Europa, della Consulta e anche del buon senso. 

«È una legge che riassume il nostro paese, i suoi tratti distintivi, ma che nello specifico vieta alla persona il diritto alla salute e alla costruzione della sua identità. Nei prossimi mesi dovrebbe essere nuovamente calendarizzata la proposta di legge di modifica che si ispira al modello francese», conclude il regista. Una legge che sicuramente non sarà approvata prima dell’uscita del film, dal 7 settembre al cinema. 

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