Sono passati 80 anni dal 24 marzo del 1944, quando le truppe nazifasciste uccisero 335 uomini buttando i loro corpi nelle cave di tufo lungo via Ardeatina, come rappresaglia per l’azione del giorno precedente condotta dai partigiani nel centro di Roma in via Rasella.

Così come è accaduto l’anno scorso all’anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, quando la premier Giorgia Meloni aveva detto che i 335 innocenti erano stati «massacrati perché italiani», e non perché antifascisti ed ebrei, anche quest’anno le parole della presidente del Consiglio, e di altri membri della maggioranza, hanno provocato diverse reazioni: ancora un volta, non è stata nominata la responsabilità delle autorità fasciste italiane.

«Oggi l’Italia onora e rende omaggio alla memoria delle 335 vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, terribile massacro perpetrato dalle truppe di occupazione naziste come rappresaglia dell’attacco partigiano di via Rasella», si legge nel comunicato della presidenza del Consiglio. E ancora: «L’eccidio ardeatino è una delle ferite più profonde e dolorose inferte alla nostra comunità nazionale e ricordare cosa accadde in quel funesto 24 marzo di ottant'anni fa è un dovere di tutti».

La premier «ancora una volta omette e confonde», ha replicato il presidente dell’Associazione nazionale partigiani italiani Gianfranco Pagliarulo, perché «non parla della responsabilità dei fascisti italiani, a cominciare dal questore Caruso che fu condannato a morte per aver approntato la lista di 50 persone da sopprimere alle Ardeatine».

Pagliarulo ha inoltre sottolineato che Meloni «non dice che le vittime furono in grande maggioranza antifascisti ed ebrei», definendola «la solita rilettura capziosa della storia che tende sempre a coprire le responsabilità dei fascisti e a negare il valore dell’antifascismo». Per il presidente dell’Anpi è «un’altra occasione perduta».

Riscrivere la storia

Come Meloni anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha omesso nella sua dichiarazione per l’80esimo anniversario la parola fascismo. Ma non è la prima volta che la seconda carica dello stato prova a riscrivere la storia.

Se quest’anno si è limitato a omettere la responsabilità delle autorità italiane – che, all’epoca, dipendevano dalla Repubblica di Salò, creata da Benito Mussolini dopo il suo arresto e la sua liberazione – l’anno scorso La Russa aveva pronunciato parole giudicate «indegne» e «un esempio di revisionismo storico».

Sulla più nota azione della resistenza romana contro l’occupazione nazista aveva detto: «L’attentato di via Rasella non è stato una delle pagine più gloriose della Resistenza partigiana: quelli che vennero uccisi non erano nazisti delle Ss, ma una banda musicale di semi pensionati altoatesini». E, provando a difendere le parole della premier, aveva aggiunto: «Quando Meloni dice “uccisi perché italiani” nella sua testa lo sa che questi italiani erano antifascisti, ebrei, detenuti politici, qualcuno chi lo sa pure fascista, ma se li deve racchiudere in una sola parola, dice “perché italiani”».

Parole che dall’Anpi erano state giudicate «indegne per l’alta carica che ricopre e rappresentano un ennesimo, gravissimo strappo teso ad assolvere il fascismo e delegittimare la Resistenza». Anche la segretaria del Partito democratico Elly Schlein le aveva definite «parole indecenti e inaccettabili».

Quest’anno, invece, il presidente del Senato, che non ha mai nascosto il busto di Mussolini o i cimeli raccolti nella sua abitazione, si è limitato a dire che «è nostro dovere custodire la memoria dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, con l’uccisione da parte dei nazisti di 335 persone», per «una delle pagine più buie della nostra storia». Di nuovo, senza alcun riferimento al coinvolgimento delle autorità fasciste.

Anche il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che ha accompagnato l’omologa tedesca, Claudia Roth, al Mausoleo, ha scritto su X che non bisogna «mai banalizzare il male». Nel comunicato che racconta la visita si parla delle vittime «trucidate dalle truppe di occupazione naziste con la feroce collaborazione dei fascisti». 

L’eccidio

L’azione di via Rasella, nel centro di Roma, condotta da partigiani, fu tra le più efficaci contro l’occupazione nazista. I Gruppi di azione patriottica (Gap) uccisero 32 soldati delle Ss. Adolf Hitler chiese una punizione esemplare, 50 persone per ogni caduto tedesco. Ma alla fine si decise di fucilare dieci persone per ogni vittima nazista. Nel frattempo era morto un altro soldato, rimasto ferito nell’esplosione, quindi il numero salì a 330. Le persone furono individuate con la collaborazione delle autorità italiane. E nella conta finirono cinque persone in più. Tra i 335 fucilati c’erano detenuti politici, ebrei, resistenti e civili. Tutti uomini.

© Riproduzione riservata