La fotogiornalista palermitana Letizia Battaglia è morta ieri sera a 87 anni. Prima donna a lavorare come fotoreporter in un giornale italiano, al quotidiano L’Ora. «Di questo ricordo la fatica, la stanchezza. Era faticoso non essere riconosciuta, venivo scacciata», aveva detto in un’intervista a Il Post, sottolineando la difficoltà in quegli anni di lavorare in un ambiente interamente maschile. 

Era malata da molto tempo. «Mia madre non si fermava mai. Malgrado le sofferenze della malattia e le difficoltà di movimento continuava ad avere tanti contatti, a partecipare a incontri anche all’estero e ad affrontare perfino lunghi viaggi. Proprio la settimana scorsa era andata a Orvieto per partecipare a un workshop», ha detto la figlia Patrizia Stagnitta, raccontando che la sedia a rotelle «non le impediva di prendere un aereo e rispondere alle tante chiamate e ai tanti inviti che continuava a ricevere».

Definita dalla stampa “fotografa di mafia”, detestava essere chiamata così, «è ridicolo», aveva detto, «non ho fotografato solo mafiosi, politici corrotti e tragedie». A Palermo Letizia Battaglia si è occupata per molto tempo dei delitti di mafia, ma ha raccontato anche la vita quotidiana degli abitanti della città, concentrandosi soprattutto sulle donne, «perché le donne sanno essere consapevoli», diceva. Si è trasferita a Milano e a Parigi, per poi ritornare nel capoluogo siciliano.

Chi era Letizia Battaglia

Nata nel 1935 a Palermo, Battaglia iniziò fotografare a 40 anni. Delle sue tre figlie, una ha seguito le sue orme: Shobba.

Unica fotografa tra tanti uomini, è riuscita a immortalare le facce dei boss mafiosi e degli arresti, e scattato per prima alcuni omicidi di mafia, come quello di Piersanti Mattarella. Ma anche gente comune, come la bambina con il pallone dei quartieri popolari di Palermo o ragazzini con in mano una pistola. O ancora, si ricorda la sequenza di scatti a Pierpaolo Pasolini. Battaglia decise poi di smettere di fotografare i delitti di mafia dopo la strage di Capaci, nel 1992, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la giudice Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

La fotografa diresse la rivista Mezzocielo, composta solo da donne, e creò negli anni Ottanta l’agenzia di Informazione Fotografica, che formò tanti fotoreporter della città, oltre ad aver partecipato all’apertura del centro di documentazione Giuseppe Impastato.

Irriverente e divisiva, ha fatto parlare di sé e dato vita a polemiche anche con un progetto recente per Lamborghini quando ha fotografato alcune bambine ritratte davanti alle auto di lusso in piazza Pretoria a Palermo.

Nota a livello internazionale, è stata la prima donna europea a ricevere il premio Eugene Smith, celebre fotografo statunitense della rivista Life, nel 1985.

Palermo

Per la sua Palermo entrò anche in politica: assessora al Verde, nella giunta Orlando, dal 1987 al 1990 e consigliera regionale dal 1991 al 1996. «Le sue proposte erano sempre al limite della legge, sempre volte ad aiutare qualcuno ai margini. Letizia è stata una persona straordinaria che ha reso visibile quello che era invisibile», ha raccontato Leoluca Orlando, sindaco di Palermo.

A Palermo ha contribuito a creare il Centro Internazionale di Fotografia, che ha diretto dopo la sua ristrutturazione, nel padiglione 18 dei Cantieri culturali alla Zisa.

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