Enrico Letta, intervistato da Lilli Gruber a Otto e mezzo su La7, ha parlato del futuro del Pd. A partire dalle elezioni comunali a Roma, che nelle scorse settimane hanno visto nascere una polemica con Carlo Calenda, leader di Azione!, che si è candidato nonostante l’orientamento dei dem sia quello di presentare l’ex ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. «Penso che si faranno le primarie», ha detto il neo-segretario del Partito democratico. «Su Roma il nostro giudizio sul sindaco uscente non è lo stesso di quello dei 5 Stelle, e rischia di essere una pietra di inciampo», ha continuato riferendosi alla sindaca in carica Virginia Raggi, e ha ammesso che rischia di giocarsi «l'osso del collo» proprio su questa partita.

Ma Letta ha toccato anche altri temi, tra i quali quello del complicato rapporto con il leader di Italia viva, Matteo Renzi. I due, ha ammesso il segretario dem, non si sono ancora incontrati, ma l’intenzione di farlo c’è. «Incontrerò Renzi e parleremo di che tipo di futuro costruire per la sinistra». L’obiettivo, infatti, è quello di costruire un campo di centrosinistra «largo e inclusivo». «Noi vogliamo costruire un'alleanza di centrosinistra con i 5 Stelle», ha assicurato. «Se andiamo soli, regaliamo l'Italia a Salvini e Meloni. Per questo dobbiamo fare una coalizione con chi ci è più vicino con l'ambizione di essere la leadership di questa alleanza. Poi individueremo la modalità per decidere il candidato premier, e dipenderà anche dalla legge elettorale».

In Parlamento il confronto sulle riforme non è ancora iniziato. Il capogruppo Pd in Senato Dario Parrini propone un sistema proporzionale corretto da un limitato premio di maggioranza alla coalizione, mentre il pentastellato Giuseppe Brescia ricorda la «storica predilezione» del Movimento per il proporzionale. Dalle parti di Iv, invece, sono convinti che alla fine si voterà con il Rosatellum, sistema attualmente in vigore, reso iper maggioritario dalla riduzione del numero dei parlamentari. E Matteo Renzi non si fa sfuggire l’occasione di lanciare un avvertimento al segretario: «Enrico deve decidere se fare l'accordo anche con noi. Se non lo fa per rincorrere le follie di Grillo, col 3 per cento torniamo in Parlamento e costruiamo l'alternativa al populismo».

Intanto, alla Camera vanno avanti le trattative per la nuova capogruppo. In campo ci sono le candidature di Debora Serracchiani e Marianna Madia. «Non è vero che siamo in alto mare, c'è una sana competizione tra loro ed è un bene che nei prossimi giorni si parlerà di queste due donne del Pd», assicura Letta. Possibile, però, che si arrivi a un accordo e che alla fine Madia si sfili e tutti i deputati convergano sull'attuale vicepresidente del partito. Serracchiani, in ogni caso, stando a quanto riportato da radio Transatlantico, anche nel caso in cui si andasse ai voti, sarebbe «superfavorita».

«Io sono stato fuori in questi anni e ho vissuto in un ambiente dove la parità di genere non è una battaglia ma una precondizione. Quando sono tornato ho detto, fate un segretario donna, perché ho visto che la prima linea del Pd era fatta da tre ministri tutti uomini, due capigruppo uomini, cinque presidenti di governo uomini e il segretario uomo. Non va bene, questo punto deve essere una precondizione», ha dichiarato Letta. E al sentirsi chiedere se col tempo sia diventato cattivo risponde: «Se sono cattivo o no dipende da cosa si intende per cattiveria. Oggi sono più determinato: ho imparato tante cose. Se sono tornato non è per vivacchiare, non voglio guidare la coalizione verso la sconfitta. Devo sistemare le cose e cercare di vincere le prossime elezioni».

L’incontro con le Sardine

Nell'ottica di allargare il campo Letta incontra una delegazione delle Sardine. Un confronto «molto lungo e molto positivo, sia nello spirito che nei contenuti», dichiarano entrambi i partecipanti al tavolo. Un faccia a faccia «interessante anche nel linguaggio e nei temi non convenzionali rispetto al politichese», sottolinea il Nazareno, che inquadra la chiacchierata con Mattia Santori e compagni come una tappa del percorso di «rigenerazione della democrazia attraverso nuovi modelli di partecipazione», che muova dal riconoscimento reciproco e dalla volontà di aprire un cantiere che coinvolga anche soggetti che si riconoscono nei valori del centrosinistra non organizzati in partiti. Il Pd come partito, però, «c'è, è vivo e chiede di essere ascoltato». E a dimostrarlo sono i «grandi numeri» di partecipazione che arrivano al quartier generale dagli oltre 5mila circoli sparsi sul territorio nazionale.

Le Agorà democratiche

Il segretario partecipa «come militante» all'assemblea di Testaccio, annuncia le «Agorà democratiche, che si svolgeranno da luglio a dicembre, e in cui la parola d’ordine sarà intelligenza collettiva», precisa il segretario. Lo avrebbe detto intervenendo all'assemblea del circolo di Testaccio, a Roma. «Il Pd deve caratterizzarsi a differenza dei partiti leaderistici, da una sommatoria di esperienze», avrebbe aggiunto, assicurando che sarà «il garante che i contributi di queste tantissime assemblee saranno dentro quel programma». E ancora, «grazie al digitale ciascuno potrà da casa, in remoto, offrire il suo contributo di idee». 

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