Nonostante l’Italia sia tra i paesi in cui il contagio sta accelerando alla velocità maggiore, le misure di contenimento in vigore nel nostro paese rimangono tra le più blande tra quelle adottate in Europa: chiusura di bar e ristoranti alle 18 e blocco di alcune attività, come palestre, piscine, cinema e teatri. L’Italia è anche uno dei pochi paesi ad aver imposto misure di restrizione alla scuola. L’ultimo Dpcm ha stabilito che il 75 per cento delle lezioni nelle scuole superiori devono avvenire tramite didattica a distanza, mentre sei regioni hanno imposto la chiusura completa delle scuole superiori (Campania e Puglia hanno chiuso tutte le scuole).

Ministri e partiti che sostengono il governo discutono oggi giorno di come e se rendere più stringenti queste misure, ma devono vedersela con l’opposizione delle regioni e quella di partiti come Italia Viva, che ne chiedono addirittura l’allentamento. Nel frattempo, consulenti, medici ed esperti ripetono che quanto fatto fino ad ora non è sufficiente. Ma quali sono le misure alternative alle attuali?

Cosa dicono i piani

Lo scorso 12 ottobre sono state pubblicate le linee guida ufficiali su come affrontare la seconda ondata della pandemia di Covid-19. Si tratta di un documento realizzato dal ministero della Salute in collaborazione l’Istituto superiore di sanità e con le regioni. Il documento descrive quattro scenari di crescente gravità ed elenca le misure via via più stringenti che andrebbero adottate in ciascuna situazione. Il piano è dettagliato e flessibile, con dozzine di interventi diversi da applicare a livello locale, ed era pensato per evitare un lockdown generale come quello che abbiamo visto a marzo e aprile. 

Le linee guida prevedono di misurare la gravità della situazione su base nazionale e regionale, in modo da poter calare le misure nei singoli contesti dove il virus è più diffuso. La gravità della situazione viene calcolata sulla base dell’indice Rt, che misura la velocità di diffusione del virus. Ad esempio, se in una certa regione Rt arriva tra 1 e 1,25 per un periodo di tempo prolungato, lo scenario passa dal numero uno al numero due.

Secondo gli ultimi dati, che risalgono al 20 ottobre, l’Italia ha un Rt complessivo pari a 1,5. Si trova quindi nello scenario 3, per il quale i piani del governo prevedono la creazione di zone rosse temporanee nei principali luoghi di contagio, restrizioni alla mobilità intraregionale e tra regioni e chiusura di alcuni attività produttive.

Nove regioni fuori controllo

Sempre secondo gli ultimi dati, tutte le regioni hanno un Rt superiore a 1, quindi sono almeno nello scenario 2, mentre ben nove regioni e una provincia autonoma hanno un Rt medio superiore a 1,5 e si trovano quindi nello scenario 4, il più grave di tutti, quello per cui il documento raccomanda il lockdown totale.

Al momento queste regioni sono: Valle d’Aosta, Piemonte, provincia autonoma di Bolzano, Umbria, Lombardia, Veneto, Toscana, Puglia, Emilia Romagna e Abruzzo. Nessuna di queste regioni ha adottato misure da scenario 4, il lockdown totale, ma nemmeno misure da scenario 3 (soltanto la Campania ha adottato divieti agli spostamenti intraregionali e chiusura delle scuole).

Medici, esperti e consulenti insistono da giorni sulla necessità di adottare soluzioni simili a quelle suggerite da queste linee guida. Il presidente del’Iss e del Comitato tecnico scientifico Silvio Brusaferro ha ricordato questa settimana che è arrivato il momento di «adottare nuovi provvedimenti e restrizioni per riuscire a contenere la curva epidemica». Sulla possibilità di mettere in lockdown le grandi città come Roma, Milano e Napoli ha aggiunto «è una opzione prevista, utile e transitoria per raffreddare la velocità di crescita dei contagi. È stata già utilizzata in passato con le zone rosse, ma dipende dalle Regioni». Al momento però, con l’eccezione della Campania, che ha istituito alcune zone rosse e limitato la mobilità tra province, nessuna regione ha adottato misure simili e le disposizioni delle linee guida sono rimaste sulla carta.

Il lockdown totale

Un’altra possibilità, più radicale, è stata proposta dalla Fondazione Gimbe, il centro di ricerca privato presieduto da Nino Cartabellotta. Secondo la fondazione, la soluzione migliore al momento è un lockdown generalizzato su tutto il paese. La ragione per questa soluzione drastica, secondo i ricercatori, risiede nel fatto che i dati su Rt arrivano sempre con un certo ritardo (gli ultimi risalgono a oltre due settimane fa). Nel frattempo la situazione è probabilmente peggiorata ed è facile che, quando il governo deciderà finalmente di agire, l’intero paese si trovi vicino allo scenario 4.

Per questo sarebbe necessario agire in modo preventivo, imponendo un lockdown nazionale simile a quello di marzo. La fondazione ha stimato tre scenari: un lockdown da 7 giorni, uno da 14 e uno da 28. Quest’ultimo è, ovviamente, il più efficacie e secondo le stime permetterebbe di dimezzare Rt, portandolo sotto il valore di uno, quelli in cui un’epidemia smette di diffondersi e inizia a decrescere

Cosa fanno gli altri paesi

Un ulteriore possibilità è quella di seguire l’esempio degli altri paesi europei. Oltre all’Italia, i tre più grandi, Francia, Spagna e Germania, hanno tutti adottato strategie differenti. La Spagna, come l’Italia, è quella che ha messo in atto le misure meno severe: un coprifuoco generalizzato è in vigore dalle 23 alle 6, mentre alcune comunità autonome hanno limitato la circolazione tra regioni (e i Paesi Baschi hanno limitato la mobilità al di fuori della propria municipalità senza giustificate ragioni). Ma a parte questo, la vita continua in maniera piuttosto normale.

Francia e Germania hanno invece adottato misure più decise. La Francia, uno dei paesi dove il contagio è più diffuso, è tornata da oggi in lockdown totale. Tutti i locali pubblici e i negozi non alimentari sono chiusi ed è vietato uscire di casa senza valide ragioni, mentre soltanto i luoghi di lavoro e le scuole rimangono aperti. La Germania è il paese europeo dove il contagio procede più lentamente. Nonostante questo, il governo ha adottato una linea più severa di quella italiana: una sorta di via di mezzo con la soluzione francese. Tutti i bar e ristoranti sono stati chiusi così come gli hotel. Scuole e luoghi di lavoro rimangono aperti, così come sono consentiti gli spostamenti, anche se sono fortemente scoraggiati.

 

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