Durante una manifestazione pacifica, nello stato del Parà, in Brasile, vennero massacrati 19 contadini appartenenti al Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (movimento dei lavoratori «senza terra»). Manifestavano pacificamente per la riforma agraria e il diritto alla terra. Era il 17 aprile del 1996, dichiarata giornata internazionale delle lotte contadine in loro memoria.

Celebrare oggi questa ricorrenza significa impegnarsi a sostegno dei piccoli agricoltori e dei diritti di tutte le persone occupate nella filiera agricola e dell’ambiente, per un modello agricolo sostenibile e indipendente, non soggiogato all’agri business e capace di garantire la sovranità alimentare.

Le lotte contadine del secolo scorso, in Italia e nel Sud del mondo, erano per il diritto alla terra contro lo sfruttamento dei latifondisti e delle grandi aziende agricole, oltre che per condizioni di lavoro dignitose.

È quanto continuano a fare i movimenti che convergono nella Via Campesina, la più grande rete mondiale di organizzazioni contadine (fra cui la stessa Sem Terra), che rappresenta circa 200 milioni di contadini.

Negli ultimi anni in Europa abbiamo assistito a nuove forme di lotta: nelle «proteste dei trattori» imprenditori agricoli manifestavano contro un sistema agroalimentare che impone prezzi troppo bassi. Non riconoscere il giusto prezzo agli agricoltori innesca un meccanismo che va a comprimere i diritti dei lavoratori agricoli e che scarica pesanti esternalità sull’ambiente.

Ascoltare

Nonostante siano state strumentalizzate da sovranisti e partiti di destra per attaccare le misure europee del green deal, queste proteste pongono dei temi importanti, che meritano ascolto da parte della politica, spesso distratta e lontana dal comprendere la complessità della filiera agroalimentare.

E meritano sostegno da parte degli ambientalisti proprio per evitare che delle legittime richieste diventino il grimaldello per frenare la transizione ecologica dei sistemi alimentari.

Agricoltori e ambientalisti dovrebbero essere dalla stessa parte: il settore agroalimentare è responsabile di quasi un terzo delle emissioni climalteranti, ma è anche una delle prime vittime degli effetti dei cambiamenti climatici, come alluvioni, siccità, eventi meteorologici estremi, picchi di calore e gelate fuori stagione.

Per l’ambientalismo, è doveroso essere accanto agli agricoltori che chiedono il giusto prezzo per il cibo che producono.

Ed è importante rendere l’agricoltura e i sistemi alimentari protagonisti di una transizione ecologica e chiedere che vengano salvaguardate le norme europee del Green deal e del Farm fork ma che l’adeguamento delle aziende sia sostenuto da fondi adeguati.

Associazione futura

In questo percorso, una convergenza fra lotte contadine, e del mondo agricolo, e lotte ambientaliste è necessaria: sta già avvenendo, abbiamo visto sfilare insieme i gruppi di Extinction rebellion con il mondo contadino in difesa della biodiversità e contro i brevetti dell’agroindustria sulle sementi.

È fondamentale che questa saldatura prosegua, perché una transizione

calata dall’alto non può funzionare, non può che scatenare sospetti, avversione, malumori che poi prestano il fianco a chi quella transizione vuole fermarla del tutto. Quello di cui abbiamo bisogno è un cambiamento che parta dal basso, dall’ascolto di chi produce e chi lavora. È esattamente questo il punto in cui il lavoro dell’associazione Terra! si posiziona: perché crediamo che una trasformazione del sistema alimentare non può fallire e non può permettersi di perdere per strada nessuno.


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