La delegazione italiana della Marcia Globale per Gaza è stata bloccata al Cairo, mentre persone di diverse delegazioni tra cui Canada, Spagna e Francia si sono mosse a piccoli gruppi per radunarsi a Ismailia, senza autorizzazione egiziana. Ma la capo-delegazione, Antonietta Chiodo, è stata perentoria: «Come portavoce nazionale – ha dichiarato nel pomeriggio – sono stata contattata da Freedom Flotilla, che non comprende la decisione di chi sta andando a Ismailia».

Preoccupata per la sicurezza di suoi connazionali, Chiodo ha ribadito: «Non andate, è rischioso. Freedom Flotilla è in accordo con l'Italia per la decisione presa di restare momentaneamente a osservare. Presto capiremo cosa fare».

Chiodo ha comunicato alla propria delegazione che ci sono ancora tre persone della Freedom Flotilla che non possono lasciare Israele perché il governo di Benjamin Netanyahu ha chiuso lo spazio aereo. «Vi chiedo di comprendere – ha concluso Chiodo – che siamo una coalizione. Noi dell’Italia e della Freedom Flotilla siamo in contatto e cercheremo di muoverci insieme», ha precisato Chiodo.

L’odissea degli attivisti

Noi abbiamo potuto seguire il viaggio verso il Cairo degli attivisti che si sono ritrovati giovedì a Roma, come altri gruppi provenienti da varie parti d'Italia. Arrivati in treno, i partecipanti alla Marcia globale per Gaza, tra cui Silvia Severini di Ancona e Roberto Solazzi di Moie, si sono confrontati per decidere se partire per l'Egitto, dato che all'aeroporto del Cairo gli attivisti lombardi, veneti e trentini giunti all'alba, a cui alla dogana sono stati ritirati i passaporti, erano stati rinchiusi per dieci ore in sale d'attesa senza bagno, senza acqua ed erano iniziate le prime espulsioni.

La situazione si é sbloccata con l'intervento del console, allertato dalla delegazione.

Atterrati al Cairo, sono riusciti a passare i controlli, sono usciti dall'aeroporto e sono andati in ostello, dove si sono riuniti di nuovo, per decidere cosa fare. Le autorità egiziane non hanno autorizzato la marcia, quindi Chiodo ha deciso di rispettare i patti: senza autorizzazione, la delegazione non sarebbe partita.

Passata la notte, nella mattina di venerdì, al risveglio, gli attivisti anconetani e gli altri del loro gruppo hanno trovato la polizia ad attenderli fuori dall’ostello. «Abbiamo la polizia alle calcagna», ci ha scritto Severini alle 11. «Noi siamo in riunione. Siamo circa 25 persone, al nono piano con l’ascensore bloccato e sotto abbiamo la polizia».

La marcia sarebbe dovuta partire venerdì mattina, ma non c'è stato nulla da fare. «Siamo fermi, non riusciamo a muoverci. Abbiamo sempre la polizia che ci segue o è appostata sotto i nostri alberghi», ha continuato Severini. Dopo alcune decine di minuti, l'assedio è finalmente finito: «Sono andati via, o così sembra. Molti sono in borghese ma abbiamo imparato a riconoscerli».

La situazione è mutata grazie all'aiuto nel riconoscere i poliziotti in borghese della ragazza che gestisce l’ostello.

Bloccato anche il figlio di Mandela

Per rendersi conto della situazione basti pensare ai momenti di massima tensione, durante le proteste e le manifestazioni: le camionette della polizia in giro per la capitale dell'Egitto a scoraggiare la marcia.

«La ragazza che gestisce l'ostello - racconta Severini a metà pomeriggio – ci ha detto che è felice che siamo qui per la marcia. Ci ha commosso. Quando usciamo, lei ci dice di aspettare, poi ci dà le indicazioni per tutto, per andare a prendere il taxi e il resto, in modo da farci uscire tranquilli, perché c'è sempre la polizia lì attorno».

Più difficili le comunicazioni con Solazzi: «A parte il caos generale - ci ha comunicato dopo pranzo – è stato difficile anche attivare la sim. Noi siamo al Cairo, mentre altre delegazioni straniere sono partite per andare a una manifestazione qui vicino. È stata mandata la polizia per fermarli, perché non era una manifestazione autorizzata. Dalla delegazione italiana ci è stato detto di rimanere al Cairo, in attesa che la diplomazia sblocchi la situazione».

Al Cairo si è presentato anche il figlio di Nelson Mandela che, in un video diffuso sui social, mostrando i manifestanti per strada, ha detto di essere bloccato a un checkpoint in attesa di procedere. Quello che sarà la Marcia globale per Gaza per la storia potranno dircelo solo le prossime ore.

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