La quattordicenne era scomparsa lunedì 26 maggio. Gli inquirenti hanno fermato Alessio Tucci che ha confessato il femminicidio. Le accuse sono di omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere
Morire a 14 anni, con il sogno di un futuro da chef e un presente da studentessa modello. Martina Carbonaro è stata uccisa con una pietra, poi il cadavere è stato occultato in un armadio di un edificio abbandonato ad Afragola, vicino Napoli, sotto un cumulo di detriti. È stato un femminicidio brutale quello confessato mercoledì 28 maggio, dopo ore e ore di interrogatorio, da Alessio Tucci, 19 anni, muratore, incastrato dalle immagini delle telecamere.
Sarebbe lui l’assassino dell’adolescente, cercata ininterrottamente poco dopo la scomparsa, lunedì sera. Una ricerca a cui aveva partecipato anche Tucci, fingendo normalità. Ha confessato di averla uccisa dopo che gli inquirenti gli hanno fatto vedere le immagini che mostravano prima i due entrare insieme nell’edificio e, poco dopo, lui che ne usciva da solo. Solo allora Tucci ha ammesso, è stato sottoposto a fermo dai carabinieri e dalla Procura di Napoli nord per omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere, poi portato nel carcere di Poggioreale.
È la mamma di Carbonaro, Enza Cossentino, a ricostruire la relazione che la figlia aveva deciso di troncare, cominciata quando la ragazza aveva solo 12 anni. «Le aveva dato uno schiaffo, ci eravamo insospettiti ma lei non raccontava molto», dice, «e le avevo detto di pensare bene cosa volesse fare. Due settimane fa lui è venuto a casa mia a mangiare, piangeva. Quando mia figlia non rispondeva al telefono, ho avuto un brutto presentimento. Non me lo aspettavo, l’ho trattato come un figlio, l’ha cercata con noi e mi ha detto di non averla nemmeno sfiorata. Sua madre qualche giorno fa mi ha detto: “Proteggi tua figlia”. Voleva dirmi di proteggerla da suo figlio? È un mostro, voglio l’ergastolo. Martina era la mia luce, come farò senza di lei?».
La dinamica è quella che si ripete in tanti femminicidi. Tucci non ha accettato la fine del rapporto e ha invitato la ragazza a uscire. Lei ha lasciato casa intorno alle 19 di lunedì. Ha incontrato un’amica e poi , come riferito dalla madre, Tucci. L’ultimo contatto con la famiglia risale alle 20:30, quando ha comunicato che sarebbe tornata a breve. Invece è scomparsa e non ha più risposto al telefono. Tucci l’ha portata nella periferia di Afragola, in un luogo deserto. Qui, dopo una lite, ha preso un masso e l’ha colpita, uccidendola. Poi ha cercato di seppellirla sotto un cumulo di detriti, l’ha coperta con un materasso all’interno di un armadio nella casa abbandonata del custode dell’ex stadio.
A condurre le ricerche incessanti, i carabinieri della compagnia di Casoria e del nucleo investigativo di Castello di Cisterna, sotto il coordinamento del pubblico ministero di turno della procura di Napoli nord. Il decesso, secondo le prime ricostruzioni, risalirebbe a poche ore dopo la scomparsa.
«Aveva diritto alla vita»
Mercoledì 28 n via Catania, luogo del femminicidio, c’era un viavai di persone, arrivate per portare un fiore, messaggi di cordoglio, molti in lacrime. «Non posso pensare al dolore della madre», dice, piangendo, una donna, «mia figlia è terrorizzata, non vuole più uscire di casa. Servono leggi severe». Sotto shock i condomini del palazzo in cui abitava Carbonaro, molti si sono riuniti nella vicina chiesa in preghiera.
Annamaria Orso, dirigente scolastica dell’istituto superiore alberghiero-turistico a Casoria che la ragazza frequentava, al primo anno, parla di una tragedia. «Siamo scioccati tutti, non mi spiego la brutalità, crediamo nei valori, nell’umanità, nell’educazione ed è quanto di più brutto possa essere accaduto... Non posso credere che un umano possa fare questo». Oggi, in classe di Martina Carbonaro, è stato un giorno tristissimo. «Siamo e saremo vicini ai ragazzi e abbiamo ribadito l’importanza di affidare le emozioni alla famiglia, ai docenti, agli amici, non affidarsi ai social che non ti rispondono. Parlare con una persona può salvarti la vita».
Dice la docente Carla Caputo: «Non l’accetto, non ci posso credere. Porterò per sempre nel cuore il volto, la voce, la presenza in aula. E porterò anche questo dolore, trasformandolo in un impegno ancora più forte per educare al rispetto, all’uguaglianza, alla libertà. Aveva solo 14 anni. Aveva diritto alla vita, ai sogni, ai primi amori, alle risate tra i banchi. Invece è stata strappata via. Brutalmente. Ingiustamente. Silenziosamente. Come docente mi sento tradita. Da una società che non sa proteggere le ragazze. Da un sistema che ancora oggi tollera, minimizza, giustifica la violenza».
Un giorno di lutto per l’intera comunità, per il sindaco Antonio Pannone: «Oggi Afragola piange per l’inconsolabile dolore di una vita spezzata». «Penso che abbiamo costruito una cultura minimamente condivisa nell’affermare che non bastano la repressione, le nuove fattispecie penali, per combattere la violenza contro le donne servono educazione, formazione, cambiamento culturale», ha detto in aula del Senato Valeria Valente del Pd, componente della commissione bicamerale Femminicidio: «Bisogna cambiare il modello di relazione uomo-donna, nella coppia come nella società. E per farlo c’è bisogno, da parte di tutti gli uomini, di un’assunzione chiara di responsabilità», ha aggiunto.
Per Valeria Ciarambino, vicepresidente Movimento 5 Stelle del Consiglio regionale della Campania «la morte di Martina è una ferita per tutta la comunità». Anche Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna, pone la questione dell’educazione: «Questi femminicidi hanno come complici chi dice che sono solo le famiglie a dover scegliere l’educazione sui temi della affettività e del rispetto. Le famiglie in cui non c’è consapevolezza del fenomeno sociale o in cui c’è un padre violento non sceglieranno di far fare prevenzione ai figli a scuola. Sono anni che diciamo che l’età della violenza si sta drammaticamente abbassando. A questo allarme nessuna risposta adeguata».
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