Il Viminale aveva imposto il fermo amministrativo della nave per 60 giorni e una multa da 10 mila euro lo scorso 23 agosto. La Ong si era rifiutata di sbarcare dieci migranti nel lontano porto di Genova e dopo averli soccorsi al largo della Libia ha fatto approdo a Trapani. Per i giudici, la «trasgressione delle indicazioni delle autorità» viene da «esclusivo spirito solidaristico, a tutela dei soggetti fragili che si trovavano a bordo»
Un’altra sentenza e un’altra bocciatura per il Decreto Piantedosi contro le Ong. Questa volta è il tribunale di Trapani che si è pronunciato nel ricorso presentato dalla ong Mediterranea Saving humans in merito alle pesanti sanzioni – 60 giorni di fermo amministrativo e 10mila euro di multa – imposte dal Viminale dopo che lo scorso 23 agosto ha rifiutato di sbarcare nel porto di Genova i dieci migranti soccorsi al largo della Libia due giorni prima.
La vicenda è semplice. Il ministero dell’Interno aveva assegnato come porto di sbarco quello ligure, molto lontano rispetto all’area in cui sono stati soccorsi i naufraghi, e la ong, invece, ha deciso di dirigersi verso Trapani. E secondo i giudici la scelta è stata presa «a tutela delle persone tratte in salvo», tenendo «conto delle loro condizioni di vulnerabilità e fragilità».
L’udienza
La giudice Federica Emanuela Lipari ha accolto il ricorso cautelare e ha deciso la sospensione del fermo della nave. Il Tribunale di Trapani, in attesa di pronunciarsi sull’intera vicenda, ha deciso «l’illegittimità del provvedimento sotto il profilo della quantificazione della sanzione». E insiste sul fatto che il Viminale ha ignorato tutte le richieste «sempre motivate in ragione delle circostanze concrete» con cui dalla nave chiedevamo una «riassegnazione del porto sicuro di sbarco».
Il tribunale da anche ragione alle scelte della Ong attiva nella ricerca e nei soccorsi nel Mediterraneo. La nave, sottolinea la ong citando la sentenza, ha fatto rotta su Trapani «a tutela delle persone tratte in salvo» e «tenuto conto delle loro condizioni di vulnerabilità e di fragilità, sia sul piano fisico che psicologico».
Quindi, «trasgressione delle indicazioni delle autorità» viene da «esclusivo spirito solidaristico, a tutela dei soggetti fragili che si trovavano a bordo dell’imbarcazione» e quindi finalizzata «a salvaguardare gli obiettivi di tutela della vita e della salute in mare» di cui gli Stati dovrebbero essere portatori sulla base delle diritto internazionale.
Tornare in mare
Infine, la sentenza, afferma che la nave di Mediterranea deve essere libera al più presto in modo tale da non pregiudicare «obiettivi umanitari e solidaristici», ritenuti «particolarmente meritevoli di tutela poiché finalizzati alla salvaguardia della vita umana». Si tratta di fatto di una bocciatura su tutta la linea del decreto Piantedosi che criminalizza il lavoro delle ong.
«Il ministro dell’Interno Piantedosi aveva voluto costruire una pesante speculazione politica sul nostro caso, voleva una punizione esemplare per colpire la nostra nave, il soccorso civile e la solidarietà in mare, rivendicando apertamente un atteggiamento gravemente lesivo dei diritti fondamentali delle persone salvate», scrive Mediterranea in un comunicato.
«Ma questa volta il diritto è più forte della propaganda governativa, e di ordini e provvedimenti ingiusti e illegittimi: la vita e la salute delle persone vengono per prime e l’imposizione di un “porto lontano” si rivela per quello che è: una inutile e illegale crudeltà, oggi sconfitta. Mediterranea tornerà presto in missione in mare, a fare invece quello che è giusto fare: soccorrere».
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