Il 27 luglio scorso a Tunisi si era tenuto l’incontro tra la ministra degli Interni, Luciana Lamorgese e il presidente della Repubblica Kais Said. Il 17 agosto, poi, quello tra la delegazione allargata che comprendeva anche il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e i commissari europei per gli affari Interni, Ylva Johansson, e per il Vicinato e Allargamento, Oliver Varhelyi. Alla fine di questi summit bilaterali era stata lasciata filtrare la notizia dello stanziamento da parte del Viminale di 11 milioni di euro da girare alla Tunisia che li avrebbe impiegati per rafforzare il controllo delle sue frontiere marittime.

Materia delicata, insomma, per questo i giuristi dell’Asgi,(Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) avevano voluto vederci chiaro. Soprattutto, perché lo stesso Ministro Di Maio allora aveva annunciato: «La massima disponibilità dell'Italia a portare avanti i negoziati per un accordo quadro in ambito migratorio che preveda forme virtuose di integrazione» e ribadito che «siamo pronti a far ripartire i programmi di cooperazione e a potenziarli ma allo stesso tempo ci aspettiamo cooperazione piena per sgominare le organizzazioni di trafficanti e fermare le partenze irregolari».

Alla richiesta di accesso firmata dall’avvocata Giulia Crescini dell’Asgi il ministero degli Esteri, nella persona del direttore Luigi Maria Vignali, ha risposto: «Riguardo a possibili progetti di assistenza a favore della Tunisia, desidero comunicarle che sono ancora in corso le valutazioni circa le iniziative che potrebbero essere finanziate, le quali dovranno poi essere sottoposte all’esame delle autorità tunisine». Inoltre: «A tale riguardo, non risulta l’esistenza di alcun accordo bilaterale su questo specifico tema».

Dello stesso tenore è la risposta scritta consegnata all’avvocata da parte della dirigente del dipartimento delle risorse finanziarie del Ministero degli Interni, Liliana Baccari, la quale ha confermato che «nel corso dell’incontro svoltosi a Tunisi il 17 agosto del 2020 non è stato sottoscritto alcun accordo bilaterale e sono in corso le necessarie valutazioni in merito alle iniziative da finanziare». Insomma, un giallo perché lato autorità tunisine, invece, i dati forniti dopo la richiesta dei legali dell’Asgi indicano una qualche forma di collaborazione in atto.

Trasparenza sugli accordi internazionali

Così, lo scorso ottobre, a causa della mancata pubblicazione di tale paventato accordo, rilevando potenziali aspetti problematici nella tutela dei diritti umani, non solo i giuristi italiani, ma anche gli avvocati tunisini di Sans Frontières e di Ftdes, il Forum tunisino per i diritti economici e sociali, avevano presentato alle autorità competenti di entrambi i paesi richieste di accesso civico per conoscere il contenuto delle intese. Le risposte della Farnesina e del Viminale sono note.

Il ministero degli Interni tunisino ha invece rivelato in un documento (di cui siamo in possesso) una tabella che contiene le cifre che sarebbero state stanziate da parte italiana per l’acquisto di  «110 veicoli 4 x 4, un radar marittimo da 25 kw, e un camion, venti motori marittimi potenza 300 e venticinque motori marittimi potenza 150 e per l’acquisto e il mantenimento di imbarcazioni rapide da 35 metri», hanno riferito da Tunisi,  senza specificare, però, l’origine del finanziamento e neppure l’anno di riferimento. A conti fatti, una donazione pari a una trentina di milioni di dinari tunisini, pari a quasi 10 milioni di euro. Soldi che secondo quanto ha spiegato il ministero degli Interni di Tunisi sarebbero serviti per il rafforzamento dei sistemi di controllo delle frontiere, per prevenire la partenza dei migranti ed intercettare le navi nelle acque territoriali tunisine.

Fondi per i respingimenti

Soldi che potrebbero riferirsi, però, ai fondi italiani previsti nell’ambito del fondo per l’Africa; stanziamenti che furono concessi al ministero degli Affari Esteri con una dotazione finanziaria di 200 milioni ed inseriti nella legge di bilancio approvata l’11 dicembre del 2016 «per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i paesi africani d’importanza prioritaria per le rotte migratorie». Cifre che dovevano servire - dodici milioni di euro - anche «per il supporto tecnico alle autorità tunisine per migliorare la gestione delle frontiere e dell’immigrazione, da spendere per la rimessa in efficienza di una decina di motovedette, la fornitura di mezzi terrestri da impiegare per il pattugliamento delle zone costiere, il completamento del sistema di rilevamento delle impronte digitali», come si legge nei documenti rimasti a lungo tempo segreti, tra le decine di decreti di spesa firmati a suo tempo dal Direttore Generale della Farnesina, Pier Luigi Vignali, nell’ambito, appunto, dei finanziamenti comunitari previsti dal fondo fiduciario per l’Africa.

Quello che appare certo è che «tali disposizioni ed accordi dovrebbero essere pubblici, al fine di consentire alla società civile di entrambi i paesi, in questo caso, Italia e Tunisia, di avere pieno accesso alle azioni della pubblica amministrazione e di verificarne il rispetto dei diritti fondamentali», spiega a Domani la legale di Asgi, Giulia Crescini, che ipotizza: «Questo accordo può andare nella direzione di un progressivo cambio di posizionamento della Tunisia nel quadro della gestione della migrazione nel Mediterraneo. Nel senso che da qui a qualche mese la Tunisia potrebbe non essere più solo paese di ritorno per i cittadini tunisini, ma diventare una piattaforma di sbarco per tutti i rifugiati e migranti in fuga dal Nord Africa ed intercettati mentre cercano di raggiungere le coste europee».

Crescini sostiene di avere «diversi elementi per poter ipotizzare che l’Unione Europa potrebbe voler aprire un tavolo di lavoro con la Tunisia proprio per permettere lo sbarco di cittadini di qualsiasi nazionalità e strutturare così la Tunisia come un gigante hotspot per l'identificazione, la presentazione della domanda di asilo e il rimpatrio». Secondo Crescini, «il percorso che abbiamo davanti, anche se non siamo sicuri si realizzerà, potrebbe portare a completare la strategia comunitaria di delega a soggetti terzi fuori dal territorio europeo del controllo delle frontiere e del diritto di asilo, con evidente pregiudizio per il diritto alla circolazione e al diritto di asilo dei cittadini africani».

Il patto della solidarietà

È quanto prevede, in realtà, il patto sulle migrazioni presentato lo scorso 23 settembre dalla Commissione Europea che se approvato dal Consiglio e dal Parlamento, prevede un meccanismo di “solidarietà” in base al quale i paesi europei supporterebbero i paesi di frontiera nella loro dimensione esterna, in alternativa all’accoglienza dei migranti ricollocati dopo lo sbarco. Un supporto che per l’Italia potrebbe significare l’ulteriore rafforzamento della guardia costiera tunisina. Questo lo si capirà, Covid-19 permettendo, quando nelle prossime settimane la Ministra dell’Interno italiana Luciana Lamorgese - accompagnata dalla Commissaria europeo Ylva Johansson - volerà di nuovo a Tunisi per rafforzare la cooperazione con le autorità tunisine sulle questioni migratorie.

Come già annunciato ad agosto, probabilmente, «questa cooperazione sarà attuata attraverso un meccanismo che permetterà, da un lato, di controllare da vicino la parte del Mediterraneo adiacente alla Tunisia per evitare le partenze e, dall’altro, di proseguire il rimpatrio dei cittadini tunisini dall’Italia».

Intanto, dal Viminale non si sbilanciano sull’esistenza degli accordi tra Italia e Tunisia, mentre dalla Farnesina, invece, dicono a Domani: «Abbiamo già precisato ad Asgi che in occasione della visita del Ministro Di Maio e della Ministra Lamorgese non è stato firmato alcun accordo. Successivamente, sono invece proseguiti i contatti tra Italia e Tunisia, per definire le modalità tecniche di un impegno italiano, le verifiche contabili circa un finanziamento in favore del governo tunisino, peraltro diluito nel tempo, sono ancora in corso. In ogni caso, almeno per ora, non dovrebbe trattarsi di 11 milioni di euro, ma di una cifra inferiore».

E in tutti i casi, precisano dall’entourage del Ministro Di Maio: «La collaborazione con le autorità tunisine non sarà centrata solo sul miglioramento dei rimpatri, ma mirerà a rafforzare anche le capacità tecniche di Tunisi nella lotta ai trafficanti di esseri umani».

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