Il tasso di mortalità infantile «ha una concreta probabilità di aumentare per la prima volta in 30 anni», denuncia Save the children. L’organizzazione che lotta per migliorare la vita dei bambini, alla vigilia del 2022 spiega che dopo essere sceso quasi del 60 per cento negli ultimi tre decenni molti fattori stanno portando a un’inversione di tendenza.

Il Covid-19, e la forte pressione sui servizi sanitari di tutto il mondo, hanno generato un aumento dei casi di malattie che in precedenza erano quasi state debellate. Non solo, crisi climatica, fame, mancanza di educazione, conflitti e affiliazione a gruppi armati, migrazioni di massa mettono a rischio l’infanzia. Sono queste, secondo Save the Children, le sette sfide che bambine e bambini si troveranno ad affrontare l’anno prossimo.

Due anni di pandemia hanno agito come un «acceleratore di disuguaglianze in tutto il mondo». Adesso, dice Daniela Fatarella, direttrice di Save the Children Italia, «è necessario affrontare con decisione e inventiva le sfide che sembrano caratterizzare il nuovo anno, e che sono interconnesse tra loro, per rispondere allo stallo o – nel peggiore dei casi – all’inversione di tendenza nei progressi fatti per garantire ai più piccoli un futuro migliore. In caso contrario, non solo questa generazione, ma anche quelle future, pagheranno un prezzo enorme, in Italia e nel mondo».

Fame e migrazioni

(Leonid Shcheglov/BelTA pool photo via AP)

La sfida numero uno è quella che riguarda la crisi alimentare. A oggi, ben 149,2 milioni di bambini sotto i cinque anni sono rachitici, 45,4 milioni sono deperiti e 20,5 milioni di neonati (il 14,6 per cento di tutti i nati vivi) hanno un basso peso alla nascita. L’organizzazione stima che nel 2022 saranno due milioni i bambini sotto i cinque anni che moriranno per cause legate alla fame e alla malnutrizione.

È allarmante anche il dato legato alle migrazioni. Allo stato attuale, il numero di minori che si trovano a dover migrare è infatti il più alto mai registrato dalla seconda guerra mondiale. Secondo Save the Children, tra il 2005 e il 2020 il numero di bambini rifugiati è più che raddoppiato, passando da quattro milioni a circa 10 milioni.

Scuola e crisi climatica

©LAPRESSE

«Dopo due anni di istruzione interrotta o a singhiozzo», spiega l’organizzazione, almeno 117 milioni di bambini non frequentano la scuola a causa della pandemia. Anche in Italia. Fatarella ricorda che «la chiusura delle scuole a causa della pandemia ha ampliato i divari nelle opportunità di apprendimento, e si registra la percentuale di giovani che non lavorano e non studiano più alta d’Europa».

L’altro grande rischio per la vita dei minori è quello legato alla crisi climatica. Bambini e bambine nati nel 2020 si trovano infatti a fare i conti con un rischio di subire ondate di calore sette volte superiore rispetto a quello che a cui erano esposti i loro nonni. Secondo le stime, questi bambini soffriranno 2,6 volte in più la siccità, 2,8 volte in più le inondazioni dei fiumi, e circa 3 volte in più la perdita dei raccolti agricoli. Gli incendi devastanti con cui faranno i conti saranno il doppio di quelli affrontati dalle generazioni che li precedono. 

Guerra e reclutamento forzato

©CRISTIANO LARUFFA/LAPRESSE

Attualmente sono 450 milioni i bambini che vivono in zone in conflitto; di questi, quasi 200 milioni si trovano in quelle più pericolose al mondo: il numero più alto da oltre un decennio, e in aumento del 20 per cento rispetto ai 162 milioni di un anno fa. Oltre ai bambini che vivono in zone di guerra, sottolinea l’organizzazione, ce ne sono molti altri che risiedono in luoghi non sicuri, «dove l’ascesa di gruppi armati che sfruttano il reclutamento dei più piccoli è in crescita continua».

Tali gruppi nell’ultimo periodo sono passati da 85 a 110, e la pandemia, con l’interruzione della frequenza scolastica, ha reso i bambini più vulnerabili e a maggior rischio di reclutamento forzato. Nel solo 2020, stima Save the Children, i bambini reclutati sono stati circa 8600, circa 25 al giorno, con un aumento del 10 per cento rispetto all’anno precedente.

La “generazione Covid”

(AP Photo/Vadim Ghirda)

«Un secolo fa, all’indomani della prima guerra mondiale e della pandemia del 1918, la fondatrice di Save the Children, Eglantyne Jebb, promosse l’idea che ogni generazione di bambini offrisse all’umanità la possibilità di ricostruire il mondo partendo dalle sue stesse macerie – spiega Fatarella –. La pandemia di coronavirus è il più grande sconvolgimento globale della nostra epoca, e in questo scenario, le bambine e i bambini che saranno ricordati per essere stati “la generazione Covid” sono coloro che rischiano di pagare il prezzo più grande». 

Per affrontare le sfide che richiederà il nuovo anno, conclude la direttrice, «serve un lavoro sistemico, anche in Italia, e le risorse dedicate alla Next Generation e alla Child Guarantee dovranno essere utilizzate con coraggio, mettendo al centro le giovani generazioni e le loro necessità».

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