Quando si decide di aumentare le spese militari è sempre una buona idea raddoppiare le attenzioni. Dalle scarpe di cartone degli alpini in Russia ai sottomarini comprati dalla Grecia in bancarotta, governi e forze armate hanno una lunga tradizione di inefficienza e investimenti grotteschi e ingiustificate quando si tratta di armi ed eserciti. Soprattutto quando c’è di mezzo una minaccia esterna e il pubblico spaventato è disposto a sborsare qualsiasi cifra per sentirsi protetto. Con il brutale conflitto in Ucraina alle soglie di casa e il mondo in generale sempre meno stabile, siamo particolarmente esposti a questo rischio e quello che una volta si chiamava il “complesso militare industriale” è già pronto a venderci una nuova superarma destinata alla nostra protezione.

L’era dei missili ipersonici

Fin dal nome queste nuove armi dovrebbero farci inarcare un sopracciglio con sospetto. I “missili ipersonici” sembrano usciti da un mediocre romanzo di fantascienza o dalla mente di un diabolico cattivo di James Bond. In realtà sono una questione molto seria. Negli ambienti della difesa di tutto il mondo sono il nuovo oggetto di culto, la nuova cosa cool di cui tutti parlano.

I cinesi, si dice, sono i più avanzati nel loro sviluppo, i russi sono all’inseguimento e dicono di averne appena usato uno in Ucraina. Gli americani e l’occidente, invece, sarebbero alla rincorsa. Ma di sicuro stanno provando a recuperare terreno, con svariati miliardi di dollari già investiti e un nuovo programma congiunto appena annunciato con Australia e Regno Unito. 

Ma una cosa in questa storia si fa sempre fatica a capirla. Cosa sono esattamente i missili ipersonici e in cosa sarebbero diversi dalle centinaia, forse migliaia, di missili che l’ingegno inesauribile dei militari ha già prodotto?

È di fronte a questa semplice domanda che cominciano i problemi. Secondo i loro promotori, sono una nuova frontiera tecnologica in grado di alterare gli equilibri strategici mondiali. Caratterizzati dalla capacità di viaggiare velocissimi, oltre la barriera dell’ipersuono, che si colloca in genere a cinque volte la velocità del suono (Mach 5, in gergo), i missili ipersonici potrebbero sfuggire ad ogni tentativo di intercettazione e colpire un bersaglio dall’altro lato del mondo nel giro di minuti.

Sembra impressionante a prima vista. Lo sembra un po’ meno se consideriamo che il primo missile ipersonico è stato lanciato quasi un secolo fa dai nazisti. E che da almeno 70 anni tutte le potenze nucleari hanno la capacità di colpire un bersaglio dall’altra parte del mondo nel giro di mezz’ora da quando viene premuto il bottone rosso. Se quindi sospettate che dietro tutto lo hype degli ipersonici c’è qualcosa che puzza, non avete tutti i torti.

Sempre i russi

L’ultima tempesta mediatica sul terreno già bagnato dei missili ipersonici è stata colpa dei russi. Già nel 2018 avevano contribuito a produrre una prima ondata di interesse e spesa pubblica quando la loro pachidermica industria della difesa, sempre affamata di mercati esteri, aveva iniziato a pubblicizzare un nuovo missile dalle presunte capacità avanzatissime con una serie di test altamente coreografati, tutti svolti alla presenza del presidente russo Vladimir Putin. 

L’anno dopo, un lungo reportage pubblicato dal New York Times, una delle prime comparsate dei missili ipersonici fuori dalla stampa specialistica, annunciava l’avvento di queste nuove armi «inarrestabili», capaci decapitare la leadership di un paese avversario con un colpo mirato e precisissimo prima ancora di dichiarare guerra.

Di recente se ne è tornati a parlare per un episodio più cruento. L’aviazione russa ha lanciato uno dei suoi nuovi missili contro un bersaglio in Ucraina: un deposito di munizioni corazzato e sotterraneo. Gli esperti non sono riusciti a cavare granché dal video sgranato diffuso dalla Russia, ma sembra abbastanza chiaro che il missile abbia colpito un edificio abbastanza ordinario, che di sicuro non conteneva esplosivi. 

La notizia dell’attacco è stata ancora una volta ripresa da giornali e televisioni, così come la storia del presunto ritardo dell’occidente nella corsa ai nuovi missili. Non è chiaro quanto gli ultimi accordi tra Stati Uniti e Australia siano diretta conseguenza di quest’attacco. Ma di certo non ha fatto chiudere i cordoni della borsa.

Si è parlato poco, invece, del missile che i russi sostengono di aver lanciato, il “Kinzhal”. Non c’è ragione di non credere che questo sia il missile usato, anche perché non è un’avanzatissimo ordigno frutto della più recente tecnologia missilistica, ma un missile disegnato negli anni ottanta e riadattato di recente per essere lanciato dall’aria invece che da terra.

È tecnicamente ipersonico, cioè raggiunge nell’atmosfera velocità superiori a cinque volte quelle del suono, ma in questo non è diverso dagli altri missili del suo tipo, che non sono affatto una novità. La velocità ipersonica viene superata da quasi tutti i missili cosiddetti “balistici”, quelli cioè che dopo un breve volo a motore seguono una traiettoria balistica. I missili intercontinentali che trasportano testate nucleari raggiungono Mach 25 in fase di discesa fin dagli anni Cinquanta.

In altre parole, i russi hanno usato un vecchio missile rimodernato e lo hanno spacciato come un prodigioso ritrovato di una nuova tecnologia. La controprova delle modeste performance di quest’arma è che l’ipotetico vantaggio della Russia in fatto di missili ipersonici non sta comunque portando alcun beneficio nell’attuale conflitto. 

É quindi legittimo chiedersi, come hanno fatto molti esperti, se l’entusiasmo per i missili ipersonici non sia in gran parte una trovata pubblicitaria di industrie degli armamenti, politici e generali, basata al più su vecchie tecnologie rinnovate e piccoli avanzamenti incrementali in campi già sperimenti. La risposta semplice che è proprio così: lo hype per i missili ipersonici è una bufala. La risposta difficile è seppellita dietro un po’ di fisica e un sacco di gergo militare.

É complicato

Come lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) sottolinea nel suo dettagliato bignamino sul fenomeno dei missili ipersonici, il problema sta tutto nella definizione. Cos’è un missile ipersonico? È complicato. Anche perché, come abbiamo già visto, la velocità ipersonica di per sé non è una novità. I motori che siamo in grado di costruire possono arrivare a velocità ultra ipersoniche per brevissimo tempo: giusto quello che serve, ad esempio, ai razzi spaziali per uscire dall’orbita terrestre. Il resto, cioè il ritorno sulla terra a velocità stratosferiche, avviene semplicemente grazie alla gravità.

Quello che invece non siamo ancora riusciti a creare è un motore in grado di raggiungere velocità ipersoniche per un tempo sostenuto in un volo orizzontale. I jet più moderni superano appena Mach 3, mentre i più veloci velivoli senza pilota (i normali missili non balistici non sono altro che mini jet, dopotutto) sfiorano Mach 4.

La ragione per cui abbiamo missili balistici ipersonici da quasi un secolo, ma non riusciamo a produrre jet ipersonici (con o senza pilota) la si può immaginare come la differenza tra lanciare un sasso e costruire e pilotare un aereo. Lanciare un sasso è semplice e bastano un bel po’ di muscoli. Guidare un aereo, bè, è guidare un aereo.

I più avanzati in questa corsa alla produzione di un motore in grado di raggiungere sostenute velocità ipersoniche (chiamato in gergo scramjet) sono gli americani. Non solo sono decenni che sperimentano questo tipo di tecnologia, ma proprio questa settimana hanno rivelato di aver fatto volare un missile ipersonico per oltre 300 chilometri lo scorso marzo. Né Cina né Russia sono arrivate nemmeno vicino a questo stadio di sviluppo.

L’ascesa degli alianti

Lo “hype” per l’ipersonico non avrebbe mai attecchito riguardasse solo gli scramjet e i missili cruise ipersonici (“cruise” o “da crociera” sono i termini usati per distinguerli dai missili balistici, che come abbiamo visto sono quasi tutti ipersonici in alcune fasi del loro volo) perché non ci sarebbe modo di sostenere che gli Stati Uniti e i loro alleati sono indietro nella corsa. Ma se buttiamo nella mischia qualche nuovo termine tecnico, la faccenda potrebbe farsi di nuovo interessante.

La Cina non avrà un missile cruise ipersonico, ma nel 2016 ha testato un veicolo aliante ipersonico con potenziale testata nucleare: praticamente inarrestabile per tutti i moderni sistemi antimissile. E la Russia sostiene di averlo fatto nel 2019. Non è questo qualcosa di cui gli strateghi militari si devono preoccupare?

In un certo senso sì, ma ancora una volta: non c’è niente di nuovo in queste preoccupazioni. Tutti i missili balistici di grosse dimensioni sono velocissimi e non esiste nessuna tecnologia affidabile in grado di fermarli. È proprio su questo che si basa l’equilibrio nucleare tra le superpotenze. Se Russia e Stati Uniti decidessero di iniziare un corpo a corpo con armi nucleari, nessun sistema di difesa attualmente esistente potrebbe proteggere Washington o Mosca.  

Ma da quando nel 2002 gli Stati Uniti hanno abbandonato l’accordo che proibiva lo sviluppo di missili antimissile, i cinesi e i russi si sono spaventati. Se gli americani dovessero inventare una tecnologia in grado di intercettare efficacemente gli attuali missili nucleari l’equilibrio mondiale verrebbe sconvolto. Così hanno cominciato a progettare missili che possano sfuggire a difese che ancora non esistono. Dalle testate nucleari degli anni Ottanta in grado di compiere piccole manovre in fase di rientro sono passati a dei veri e propri aerei senza motore, degli alianti in grado di planare a velocità ipersoniche lungo traiettorie imprevedibili. Questi hypersonic gliding vehicle sono l’altra frontiera tecnologica di cui si parla quando si tratta di “missili ipersonici”.

Gli Stati Uniti si sono interessati a questa tecnologia meno di quanto hanno fatto con lo scramjet e meno soprattutto di quanto ci hanno investito Cina e Russia, anche perché non sono loro all’inseguimento nella tecnologia antimissile. Ma queste armi al momento servono a poco. L’aliante cinese ipersonico è probabilmente poco migliore di un convenzionale missile nucleare. E rimane troppo impreciso per essere usato con una testata che non sia nucleare.

Nella tecnologia ipersonica gli Stati Uniti sono i più avanzati al mondo. Sono rimasti indietro solo in una sotto branca di questo campo, quella degli alianti ipersonici e serve soprattutto a lanciare testate atomiche in grado di superare difese antimissile che, per il momento, nemmeno esistono. Un grande boato ipersonico per un piccolo risultato.

Postilla

Una nota più seria per concludere. Analisti ed esperti indipendenti concordano sul fatto che negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno trascurato gli investimenti nella tecnologia dei missili a lungo raggio. Impegnati per due decenni in continue operazioni di contro insurrezione e protetti dalla più grande aviazione al mondo, non hanno speso molto in quella che molti considerano ancora un’arma da potenze di secondo rango.

È vero anche quello che dicono i realisti: una superpotenza non può restare indietro su nessuna frontiera tecnologica in grado di alterare il futuro equilibrio strategico. Ma a ciascuna storia la sua lezione. Assistiamo ogni giorno a un conflitto devastante che per una volta si svolge letteralmente nel cortile delle nostre case. È una storia tragica, che però può insegnare molto, anche ai militari. La peggiore lezione che potremmo apprendere è che ciò di cui abbiamo bisogno è un’arma sperimentale, costosissima, dalla dubbia utilità e che probabilmente non è altro che un cavallo di Troia per vendere un riarmo nucleare che minaccia l’esistenza stessa della specie umana.  

La piccola Italia non rischia di essere coinvolta in questa folle spesa. Ma da qualche parte, anche tra i nostri generali e tra i nostri industriali delle armi, si annida l’idea di investire miliardi di euro in qualche tecnologia altrettanto scintillate e altrettanto inutile. Quale esattamente abbiano in mente, è probabile che lo scopriremo presto.

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