L’A.C. Monza è qualcosa di più che una società di calcio. Va ben oltre perché si tratta di un trapianto intertemporale, un esperimento di persistenza e resistenza al mutamento economico e sociale. Perché pare una società sbalzata dagli anni Ottanta-Novanta del secolo scorso direttamente negli anni Venti del nuovo secolo.

Leggi i numeri dei suoi esercizi annuali, segui le sue mosse sul mercato dei trasferimenti, e ti sembra di assistere a un plot disegnato dagli sceneggiatori di The last cop, la serie poliziesca di produzione tedesca il cui personaggio principale è un poliziotto che per vent’anni rimane in coma a causa di una pallottola alla testa ricevuta negli Ottanta, ma poi si risveglia e deve adattarsi a tutto ciò che nel frattempo è mutato.

E per dare l’idea della persistenza temporale rispetto al mutamento intercorso gli sceneggiatori usano a man bassa le hit musicali degli anni in cui il protagonista non si era ancora beccato il proiettile nel cranio. Ecco, osservando all’opera il modello aziendale del Monza dell’accoppiata Berlusconi & Galliani che per la prima volta nella sua storia è approdato in Serie A, e osservando sfilare personaggi che nel frattempo hanno messo insieme una quarantina di anni in più, si ha l’impressione di udire i claim di allora. Mancano solo Maurizio Seymandi e il Telegattone.

E non si tratta soltanto di suggestioni musicali, o di facce e persone trasferite in Brianza dalle diverse stagioni del Milan berlusconiano. A spiccare è soprattutto il modello aziendale iper-mecenatista che nessuno più si sognerebbe di proporre, anche qualora avesse possibilità di farlo. Infatti oggi quel modello trova applicazione soltanto nei grandi club che sono sotto la proprietà di un emirato: il Paris Saint Germain e il Manchester City, che però qualche attenzione a una parvenza di equilibrio finanziario la riservano, e che se cedono un calciatore realizzano comunque incassi commisurati al loro gigantismo. Il Monza no.

Perché il club brianzolo è forse l’unico fra tutti quelli dei campionati professionistici europei che alla voce di bilancio “plusvalenze da cessione diritti pluriennali dei calciatori” iscrive da due esercizi (cioè da quando la voce è stata inserita nel bilancio annuale) il valore “0 euro”.

Terrapiattismo contabile

Da quando è stato rilevato da Fininvest, l’A. C. Monza presenta numeri che sono un unicum per questa epoca del calcio segnata dallo sforzo di dare una logica aziendale alla gestione delle società. Acquisita al 100 per cento nel settembre del 2018 con una spesa di 2,9 milioni di euro, la società brianzola era da poco tornata nel calcio professionistico dopo avere conosciuto al termine della stagione 2014-15 l’umiliazione del fallimento e della cancellazione.

Subito ripartito dalla Serie D con una nuova società, il Monza riconquista la Serie C alla fine della stagione 2016-17 e poco più di un anno dopo si ritrova nell’universo Fininvest per impulso di Adriano Galliani, monzese di nascita, che anche negli anni d’oro da plenipotenziario di Berlusconi per le cose milaniste non ha mai negato che la sua vera squadra del cuore è quella brianzola. Da quel momento in poi il Monza diventa un Ogm. Da un giorno all’altro la sua dimensione viaggia verso il gigantismo, a cominciare dalle massicce immissioni di capitali effettuate con lo scopo di compiere prima possibile il doppio salto di categoria e raggiungere quella Serie A che la squadra aveva soltanto sfiorato fra la fine degli anni Settanta e la prima metà degli Ottanta.

Si parte con lo spostamento della chiusura di esercizio annuale dal 30 giugno al 31 dicembre per ragioni di consolidato fiscale con la controllante Fininvest. Quindi si procede col rafforzamento della squadra, la cui prima tappa è la finestra invernale 2019 del mercato dei trasferimenti e che da lì in poi è una costante. Non sarà l’unica. Perché in questo primo quadriennio l’altro dato ricorrente è che gli esercizi di bilancio chiudono in rosso crescente e per cifre che sarebbero importanti già in Serie A. In Serie C e in Serie B sono semplicemente lunari.

Il primo esercizio, quello chiuso il 31 dicembre 2018, è il più sobrio ma solo perché Fininvest è proprietaria da soli tre mesi e l’esercizio copre sei mesi anziché dodici a causa dell’anticipo di chiusura: i conti registrano un rosso di 1.658.681 euro. Ma dall’esercizio successivo è un picco verso gli abissi del segno meno. Al 31 dicembre 2019, il primo esercizio intero che corrisponde anche al massiccio rafforzamento della squadra per conquistare la Serie B al secondo tentativo, il passivo è già di 9.255.440 euro. Al 31 dicembre 2020, primo anno di B e di effetti del Covid, il rosso è quasi triplicato: 26.769.952 euro. E al 31 dicembre 2021, l’ultimo esercizio portato a termine che corrisponde al secondo anno di B dopo il fallimento del primo assalto alla Serie A, le perdite sfondano il tetto dei 30 milioni di euro: per l’esattezza, 31.268.043 euro.

Un rosso che viene alimentato dal rafforzamento della squadra, come viene testimoniato dal valore dei diritti pluriennali alle prestazioni di calciatori, una voce che per i primi due esercizi sotto la guida Fininvest subisce incrementi esponenziali. Si parte col valore registrato al 31 dicembre 2018, quello del parco giocatori che la ditta Berlusconi & Galliani eredita dalla vecchia proprietà e ha un valore in linea con massima parte della Lega Pro: 122.132 euro. Un anno dopo, 31 dicembre 2019, il valore è accresciuto di quasi venti volte: 2.159.815 euro.

E al 31 dicembre 2020 si registra un valore che è circa dieci volte più alto dell’anno precedente e circa centosessantasei volte quello di due anni prima: 20.917.277 euro. Soltanto col bilancio al 31 dicembre 2021 si registra un lieve decremento, con un valore che si assesta sui 19.891.431. Che però rimane nettamente superiore a quello di ogni altra società di Serie B, e per capire le proporzioni basta guardare gli ultimi documenti di bilancio presentati (data 30 giugno 2021) dalle altre due società promosse in Serie A lo scorso giugno assieme al Monza: Lecce e Cremonese, che fra l’altro hanno acquisito la promozione diretta anziché passare dai play off come è toccato ai brianzoli.

A giugno dello scorso anno la società salentina presentava alla voce “diritti pluriennali” un valore di 9.663.159 euro, poco meno della metà del Monza. Dal canto suo, la Cremonese inseriva questo valore nella più generica voce “altre” (che comprende anche l’immobilizzazione dei costi del vivaio e le migliorie apportate allo stadio Zini) sotto la rubrica delle immobilizzazioni immateriali, per un valore di 6.639.094 euro, meno di un terzo rispetto al club brianzolo.

Ma allora, come si risolve il problema di queste crescenti sfumature di rosso? Semplice: il socio unico mette mano al portafoglio e ripiana. E ripianando si dà vita a una sorta di teoria e tecnica del terrapiattismo. Un terrapiattismo contabile che trova riferimento nei documenti di chiusura esercizio annuale alla voce “Versamenti in conto capitale o copertura perdite”. Si parte con un valore ancora umano del 2018 (603.493 euro), per poi registrare folli impennate nel triennio successivo: 11.444.810 euro nel 2019, 31.189.372 euro nel 2020, 49.419.420 euro nel 2021. Fanno circa 92 milioni di euro in quattro anni. Possiamo già dare per scontato che il prossimo 31 dicembre la soglia dei 100 milioni di euro sarà stata abbondantemente oltrepassata.

La start up e gli agenti amici

LaPresse

Inutile stare a parlare di sostenibilità economica, o di fair play finanziario che già è morto di suo. Le regole consentono al Monza e alla sua controllante di fare tutto ciò, dunque inutile stare a disquisire sulla correttezza formale. E quanto al giudizio etico, ci ha pensato il geometra Adriano Galliani a seppellirlo con parole di pragmatismo parlando di un «periodo da start up» necessario a accelerare i tempi.

Invero questo periodo continua, dato che appena approdato in Serie A il Monza prosegue la politica del big spending allestendo una squadra che già guarda alle coppe europee. E Galliani (78 anni il prossimo sabato) si gode la quinta età con un pieno ritorno in auge. In assemblea della Lega di Serie A siede accanto alle tre big metropolitane (Inter, Juventus e Milan), suscitando occhiatacce dai rappresentanti delle romane e del Napoli che vedono il Monza piazzato nell’ala nobile del poltronificio. E lo scorso 20 luglio, da senatore eletto nelle liste di FI, si è precipitato in pieno emiciclo a stringere la mano a Mario Draghi dopo il discorso sulla fiducia. Salvo affondarlo nelle ore successive.

Soprattutto, l’ex antennista di fiducia di Berlusconi ha ritrovato le vecchie consuetudini soprattutto nel rapporto con gli agenti. Su tutti, Giuseppe Riso, il calabrese che negli anni recenti ha compiuto una carriera fulminea. Lavorava da concierge presso il ristorante Giannino, di cui Galliani è stato assiduo frequentatore. Convertito al ruolo di agente, ha cominciato la scalata facendo incetta di procure presso le giovanili del Milan.

E adesso è l’agente col maggior numero di calciatori assistiti fra i tesserati del Monza. Il sito specializzato Transfermarkt ne assegna 6 alla sua GR Sport, e in arrivo dal Napoli c’è anche Petagna, passato a far parte della scuderia quando era tesserato nelle giovanili del Milan di Berlusconi & Galliani. I tempi passano e la Terra si appiattisce, ma i legami solidi sopravvivono a qualsiasi sconvolgimento.

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