- Silvana Saguto e Pino Maniaci, egocentrici e intolleranti, sono stati i protagonisti di una lunga sfida dove si sono scambiati infamanti accuse di mafiosità.
- Tutti e due si sentono vittime di qualcosa, gridano al complotto e denunciano scorribande giudiziarie all’origine delle loro disavventure. La Saguto se la prende con la procura di Caltanissetta, Maniaci con quella di Palermo.
- Dice il primo: «Ogni volta che io metto in moto la macchina chiudo gli occhi, non si sa mai se può saltare in aria». Dice la seconda: «Io sono un giudice, se non avessi avuto la scorta sarei morta sicuramente».
Sembrano così diversi eppure si somigliano. Anche se si lanciano vicendevolmente accuse infamanti, anche se si detestano. Ma lo specchio, di loro due riflette una sola immagine: l’eccesso della Sicilia dopo le stragi, la Sicilia che ha cannibalizzato sé stessa nella lotta del bene contro il male. Egocentrici e intolleranti, il mondo sono loro o ruota intorno a loro, la superbia borghese dell’una e la grossolanità paesana dell’altro non devono trarre in inganno, sono fatti della stessa pasta.



