Chiedere di abortire in Abruzzo nel 2025 e sentirsi dire, dalla voce della capo reparto di ginecologia dell’ospedale San Pio da Pietrelcina di Vasto: «Prima bisogna fare l’ecografia e sentire il battito fetale per accertarsi della gravidanza. Al momento non ci sono medici per abortire, ma in qualche modo faremo…».

È la storia di Gaia (nome di fantasia per tutelarne la privacy), che si è rivolta al collettivo transfemminista Zona Fucsia che ha ricevuto, per primo, la sua testimonianza e denunciato pubblicamente l’accaduto.

Il racconto e la risposta dell’Asl

Gaia, raggiunta da Domani, racconta che si era inizialmente rivolta al medico di base per svolgere l’esame che rileva le Beta-hCG nel sangue (il valore che determina la gravidanza). Successivamente si è rivolta all’ospedale di Vasto per la procedura di interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). Dopo essere stata messa di fronte al fatto di dover obbligatoriamente sottoporsi all’ecografia, con la conseguente costrizione dell’“ascolto del battito”, racconta: «Mi sono sentita estremamente a disagio e giudicata, dunque sono andata via da quel reparto».

Gaia racconta a Domani che si è rivolta al collettivo Zona Fucsia per denunciare l’accaduto e, contemporaneamente, si è rivolta all’ospedale di Campobasso, in Molise, «dove mi recherò per effettuare l’Ivg, per cui il medico di base mi ha fatto il certificato stamane. Andrò lì anche se dista due ore ed è fuori regione».

Domani ha provato a mettersi in contatto con il dottor Gabriele D’Egidio, direttore della ginecologia: «Non posso parlarne», è stata la sua risposta. L’ Asl di Lanciano-Vasto-Chieti, però, aveva disposto sulla vicenda una nota stampa. Secondo l’Asl sarebbe prassi «effettuare il certificato che avvia all’interruzione dopo aver fatto una ecografia che accerta lo stato di gravidanza. E questo è stato detto alla donna che è stata trattata come tutte le donne». 

Secondo l’azienda ospedaliera, «le sono state date le informazioni dovute, che identificano un percorso, e a quello ci si deve attenere. Si fa l’ecografia, si compila il certificato e si indirizza la donna all’ospedale che pratica ivg, che a Vasto è temporaneamente sospesa per mancanza di medici non obiettori». Confermando, dunque, l’impossibilità di fare richiesta di interruzione volontaria di gravidanza a quell’ospedale, come Gaia avrebbe voluto fare.

Cosa dice la legge 194

Ci sono più cose, in questa vicenda, che non si sono svolte nelle maglie della legge: in primis, secondo l’articolo 5 della legge 194 che regolamenta l’accesso all’aborto in Italia, non si fa riferimento ad alcuna ecografia per avere il certificato e poter accedere all’ivg. Bastano dunque le analisi delle Beta h-CG per determinare lo stato di gravidanza (e avere il certificato urgente per l’ivg) e l’ecografia sarà effettuata in un secondo momento dai medici, prima della pratica chirurgica dell’interruzione di gravidanza.

Sulla questione relativa al cosiddetto “ascolto del battito”, invece, a chiarire la questione è la ginecologa Elisabetta Canitano: «L’ecografia registra, quando eseguita precocemente, anche il primo impulso elettrico prima che si possa parlare di vero e proprio embrione e quindi di vero e proprio “battito cardiaco”. L’intento è chiaramente persecutorio e sadico, come ha osservato lo psichiatra e psicoanalista Mario Iannucci, esperto di salute mentale e diritto», dichiara.

Oltre a questi dati, l’obiezione di struttura - ovvero non avere medici che praticano aborti in ospedale - è vietata dall’articolo 9 della legge 194: «Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale».

Ciò significa che il servizio deve essere erogato anche chiamando personale esterno, per poter garantire il diritto all’aborto alle pazienti.

L’obiezione in Abruzzo

Quando parliamo di obiezione di coscienza in Abruzzo, secondo i dati 2022 del ministero della Salute, l’obiezione del personale medico raggiungeva il 70,8 per cento e la percentuale delle migrazioni extra regionali per poter abortire si attestava intorno al 10,4 per cento.

Benedetta La Penna, del collettivo Zona Fucsia, racconta a Domani che la situazione del diritto all’ivg in regione nel 2025 è ancora più critica: «Incompleta e arretrata. In Abruzzo capita spesso che il servizio venga sospeso o riattivato senza alcuna comunicazione pubblica, lasciando le persone prive di informazioni aggiornate e certe».

La Penna ricorda che, come Collettivo Zona Fucsia, sono costrette «a contattare direttamente gli ospedali o ad aggiornarci tramite le segnalazioni che riceviamo per tenere monitorata la reale disponibilità dell’ivg». Il problema è aggravato da «una rete di trasporto inefficiente e sempre più costosa, che rende difficoltoso raggiungere le poche strutture che garantiscono questo servizio».

La Penna conclude: «Da tempo raccogliamo segnalazioni di persone a cui vengono fornite informazioni sbagliate o che vengono rimandate indietro senza motivo». Di fatto, abortire in Abruzzo sta diventando sempre più «un privilegio e non un diritto, in aperta violazione dello spirito della legge 194 che dovrebbe garantire a tutte l’accesso all’ivg in modo sicuro e tempestivo».

Le reazioni

I Giovani Democratici Abruzzo dicono a Domani che la carenza di medici non obiettori e la diffusa disinformazione «stanno creando ostacoli concreti per le donne abruzzesi che cercano di accedere a questa pratica sanitaria, compromettendo gravemente la loro libertà di scelta e la loro salute». È fondamentale, per il gruppo, che il sistema sanitario pubblico abruzzese «garantisca il rispetto della legge e l'accesso equo ai servizi previsti, senza influenze ideologiche da parte degli operatori. Continueremo a lottare nelle piazze e nelle istituzioni e chiediamo che si sommi l'intervento in Consiglio Regionale dei consiglieri del Patto per l’Abruzzo, per portare nelle istituzioni un caso tanto grave».

Anche Federica di Martino, del progetto "Ivg ho abortito e sto benissimo”, si è espressa pubblicamente sulla vicenda: «Non tollereremo in alcun modo che i diritti autodeterminativi delle donne e delle persone vengano messi in discussione. Non un passo indietro sulle nostre scelte».

La ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, autrice della frase «in Italia è più difficile trovare un ospedale dove andare a partorire piuttosto che uno dove andare ad abortire», potrebbe riferire alla cittadinanza cosa non stia funzionando negli ospedali italiani. Dato che le uniche forme di sostegno per barcamenarsi nelle maglie della salute - per il diritto ad abortire - le portano avanti le associazioni femministe.

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