Sono le tre di notte del 31 novembre 2007. Kostantinos Kontzinos, di nazionalità greca, è in vacanza a Roma dove, un paio di giorni prima, ha assistito alla partita giocata dalla sua squadra, l’Olympiacos, contro la Lazio.

Ed è in quella notte d’autunno di diciassette anni fa che Kontzinos sta festeggiando la vittoria: all’Olimpico i biancocelesti sono stati battuti. A largo di Torre Argentina il greco fa dunque festa coi suoi amici. Una serata spensierata ma che a un certo punto diventa un incubo. All’uscita dal locale in cui si trova Kontzinos, che al collo ha la sciarpa dell’Olympiacos, viene improvvisamente raggiunto da due ragazzi che iniziano a inveire contro di lui: uno lo colpisce ripetutamente alla spalla e alla testa con un ombrello, l’altro tira fuori un coltello e lo minaccia.

Il giovane che ha in mano l’arma è Paolo Signorelli, oggi portavoce (autosospeso) del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, nonché protagonista delle chat antisemite e neofasciste, svelate da Repubblica, con Fabrizio Piscitelli detto “Diabolik”, il capo ultras della Lazio, estremista di destra e trafficante di droga ucciso a colpi di pistola il 7 agosto del 2019.

La condanna in primo grado

Ma torniamo alla notte del 2007. È buio. Kostantinos Kontzinos racconta di aver provato a scappare, di aver tentato di raggiungere un punto più illuminato. E di esserci riuscito; tuttavia dice anche che la coppia di aggressori lo insegue e quello che prima l’aveva colpito con l’ombrello, Leopoldo Cobianchi – l’ultrà della Lazio ai domiciliari dall’8 marzo perché ritenuto dalla Procura di Belluno di essere “lo spacciatore dei vip” – lo ferisce alla coscia col coltello tirato fuori da Signorelli.

Per questo fatto Signorelli e Cobianchi nel 2014 sono condannati in primo grado per lesioni dal tribunale di Roma: pena di 1 anno e sei mesi di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali e dei danni nei confronti della vittima. La difesa di entrambi ha poi proposto appello – il 17 aprile si sarebbe dovuto tenere il dibattimento in pubblica udienza – ma è maturata la prescrizione. Nel frattempo Paolo Signorelli era già stato nominato capo ufficio stampa di Lollobrigida.

Il coltello da caccia e i testimoni

Signorelli, classe 1986, nel 2007 è poco più che ventenne, eppure, in base alle motivazioni della sentenza, è lui che tira fuori il coltello. Le carte giudiziarie parlano di «un coltello a serramanico di colore verde con impugnatura rossa, marca Virginia Aisi 420». In pratica un coltello da caccia, di tipo militare, una vera e propria arma.

Due, poi, i testimoni di quella notte. C’è un altro greco, insieme a Kontzionos, che racconta di aver provato a calmare invano Signorelli e Cobianchi. «Il ragazzo che aveva all’inizio il coltello, che ce l’ha fatto vedere prima, l’ha passato all’altro e l’altro direttamente l’ha accoltellato qua, coscia sinistra. E sono scappati», riferisce, ancora, il teste. L’altro testimone è invece italiano, è colui che chiamerà i soccorsi. In base alla sua ricostruzione i due aggressori un attimo prima di brandire il coltello gridano alla vittima: «Forza Lazio, Forza Lazio». Poi: «Chiedi scusa, dammi la sciarpa, chiedi scusa», in riferimento alla sconfitta dei biancocelesti.

Signorelli viene fermato qualche minuto dopo l’aggressione da una pattuglia in piazza Sant’Eustachio. L’indomani la polizia troverà a casa di Cobianchi il famoso coltello e un messaggio sul suo cellulare: è Signorelli che gli ha comunicato di essere stato fermato.

«Indole violenta e capacità a delinquere»

Il giudice Federica Tondin nella sentenza di primo grado condivide la tesi del pubblico ministero che contesta l’aggravante dei futili motivi. «Nel caso di specie – scrive il giudice – i motivi dell’azione sono da rinvenire nella ritenuta appartenenza del Kontzinos alla tifoseria dell’Olympiacos. Reputa il tribunale che questo sia certamente un futile motivo, perché il fatto che la propria squadra sia stata battuta in una competizione sportiva dalla squadra cui appartiene l’aggredito è un movente così lontano non solo dal comune sentire ma anche dalle regole basilari che debbono essere seguite dai tifosi di opposte squadre, tale da rendere evidente che si tratta di un mero sfogo, appunto, alla propria indole violenta».

Il giudice parla pertanto di «indole violenta». E c’è di più. Sempre nella sentenza si legge: «Il fatto è oggettivamente allarmante se si pensa che un soggetto è stato aggredito in piena notte con un coltello e che solo per fortuna non ha riportato lesioni più gravi, senza un comprensibile motivo».

Si parla in ultimo di «elevatissima capacità a delinquere dimostrata dai due giovani, che evidentemente non sanno tenere a freno i propri istinti violenti e non sanno neppure canalizzarli, sfogandosi contro un soggetto inerte che non li aveva provocati in alcun modo e che nemmeno conoscevano». Come a dire che quella del 2007 non può essere classificata come una bravata di due ventenni.

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