Il primo compito di chi fa politica, di coloro in particolare che hanno ricevuto l’incarico di governare, è quello di tutelare, oltre ogni interesse di parte, «il bene comune, specialmente in difesa dei più deboli ed emarginati», intervenendo per ridurre le gravi disparità sociali che oggi si registrano a livello mondiale, non a caso «l’azione politica è stata definita da Pio XI, con ragione, “la forma più alta di carità”», in tal senso, essa appare, come spiegava papa Francesco, «realmente come un’opera di quell’amore cristiano che non è mai una teoria, ma sempre segno e testimonianza concreta dell’agire di Dio in favore dell’uomo».

È lungo questa impostazione che si è snodato il discorso pronunciato da Leone XIV in occasione del Giubileo dei governanti, di fronte ai rappresentanti di 68 paesi del mondo; infatti a Roma si è tenuta da giovedì 19 a sabato 21 giugno la seconda conferenza parlamentare sul Dialogo interreligioso, dal titolo: “Rafforzare la fiducia e abbracciare la speranza per il nostro futuro comune”. L’incontro è stato organizzato dall'Unione internazionale interparlamentare (organismo cui aderiscono i parlamenti di 181 paesi del mondo e attualmente è guidato da Tulia Ackson, settima presidente dell'Assemblea nazionale della Repubblica Unita di Tanzania e seconda donna a ricoprire tale carica), in collaborazione con il parlamento italiano e “Religions for Peace”, organizzazione multireligiosa che si batte per la convivenza e l'impegno comune dei credenti delle diverse fedi in favore della pace e del rispetto dei diritti umani.

Presenti all’udienza con il papa, per l'Italia, fra gli altri, la premier Giorgia Meloni e il presidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana.

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Squilibri e guerre

Il papa ha messo in evidenza tre priorità che dovrebbero essere al centro delle preoccupazioni di chi è impegnato in politica; in primo luogo, ha affermato il pontefice, «si tratta di adoperarsi affinché sia superata l’inaccettabile sproporzione tra una ricchezza posseduta da pochi e una povertà estesa oltremisura. Quanti vivono in condizioni estreme gridano per far udire la loro voce e spesso non trovano orecchie disposte ad ascoltarli». «Tale squilibrio - ha aggiunto - genera situazioni di permanente ingiustizia, che facilmente sfociano nella violenza e, presto o tardi, nel dramma della guerra. Una buona azione politica, invece, favorendo l’equa distribuzione delle risorse, può offrire un efficace servizio all’armonia e alla pace sia a livello sociale, sia in ambito internazionale».

Quindi Leone XIV ha proposto, quale tema per la sua seconda riflessione, «la libertà religiosa e il dialogo interreligioso. Anche in questo campo, oggi sempre più di attualità, l’azione politica può fare tanto, promuovendo le condizioni affinché vi sia effettiva libertà religiosa e possa svilupparsi un rispettoso e costruttivo incontro tra le diverse comunità religiose». Il papa è tornato in quest'ambito a citare Sant'Agostino, che parlava della necessità di passare «dall'amor sui – l’amore egoistico per sé stesso, chiuso e distruttivo – all’amor Dei – l’amore gratuito, che ha la sua radice in Dio e che porta al dono di sé –, come elemento fondamentale nella costruzione della civitas Dei, cioè di una società in cui la legge fondamentale è la carità».

Il riferimento trascendente dell’agire politico, ha detto il papa proseguendo nel suo ragionamento, «è quello alla legge naturale, non scritta da mani d’uomo, ma riconosciuta come valida universalmente e in ogni tempo, che trova nella stessa natura la sua forma più plausibile e convincente». Essa, ha osservato ancora Prevost, «costituisce la bussola con cui orientarsi nel legiferare e nell’agire, in particolare su delicate questioni etiche che oggi si pongono in maniera molto più cogente che in passato, toccando la sfera dell’intimità personale».

Quindi, su questo stesso piano, il pontefice ha collocato «la Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata e proclamata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948», che «appartiene ormai al patrimonio culturale dell’umanità. Quel testo, sempre attuale, può contribuire non poco a mettere la persona umana, nella sua inviolabile integralità, a fondamento della ricerca della verità, per restituire dignità a chi non si sente rispettato nel proprio intimo e nelle esigenze della propria coscienza».

Algoritmi e civiltà

Infine, il pontefice ha affrontato un tema che gli è particolarmente caro, ovvero quello della capacità di governare l'intelligenza artificiale, strumento dalle enormi potenzialità e dagli altrettanto grandi rischi. «Il grado di civiltà raggiunto nel nostro mondo, e gli obiettivi a cui siete chiamati a dare riscontro - ha detto il vescovo di Roma ai parlamentari di tutto mondo - trovano oggi una grande sfida nell’intelligenza artificiale. Si tratta di uno sviluppo che certamente sarà di valido aiuto alla società, nella misura in cui, però, il suo utilizzo non porti a intaccare l’identità e la dignità della persona umana e le sue libertà fondamentali». In particolare - ha detto il papa - non bisogna dimenticare che l’intelligenza artificiale ha la sua funzione nell’essere uno strumento per il bene dell’essere umano, «non per sminuirlo né per definirne la sconfitta».

«La vita personale - ha aggiunto - vale molto più di un algoritmo e le relazioni sociali necessitano di spazi umani ben superiori agli schemi limitati che qualsiasi macchina senz’anima possa preconfezionare. Non dimentichiamo che, pur essendo in grado di immagazzinare milioni di dati e di offrire in pochi secondi risposte a tanti quesiti, l’intelligenza artificiale rimane dotata di una “memoria” statica, per nulla paragonabile a quella dell’uomo e della donna, che è invece creativa, dinamica, generativa, capace di unire passato, presente e futuro in una viva e feconda».

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha rilasciato una dichiarazione al termine dell'udienza con il papa, nella quale, fra le altre cose, si legge: «Particolarmente potente la riflessione sulla legge naturale come bussola che deve orientare il legislatore e l’azione politica. Altrettanto significativo il monito del papa sulle enormi sfide etiche, giuridiche e antropologiche innescate dall’intelligenza artificiale. L’Italia proseguirà nel suo impegno, tanto a livello nazionale quanto internazionale, per garantire che lo sviluppo dell'IA sia governato dall’uomo e abbia come fine ultimo l'uomo».

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