Oltre 4.500 famiglie scrivono al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, rimaste senza casa: cantieri sequestrati e mutui da pagare. Mentre in tutta Italia città e regioni non garantiscono più il diritto all’abitare, tra affitti alle stelle, sfratti e case popolari chiuse
Le città italiane trasformate definitivamente in dormitori per turisti. Gli affitti alle stelle. I residenti espulsi, fuori dal centro, dopo aver perso il potere di acquisto ma anche di possibilità di gestione di una casa affitto. Sono i fotogrammi che chiudono il 2025 italiano. Un insieme di numeri, persone ai margini e un paradosso. Lo si legge nero su bianco in una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Colpevoli di aver acquistato casa». Non è uno slogan, ma la sintesi che le Famiglie Sospese di Milano usano per denunciare una condizione che riguarda oltre 4.500 nuclei familiari rimasti intrappolati nel blocco urbanistico della città: cantieri sequestrati, alloggi già consegnati e poi finiti sotto indagine, progetti edilizi fermi negli uffici comunali. «Abbiamo acquistato casa regolarmente, firmando contratti davanti a un notaio e accendendo mutui», scrivono, «ma oggi non possiamo viverla o farlo serenamente».
Vittime collaterali delle inchieste portate avanti dalla procura milanese sull’urbanistica: decine di filoni, in uno dei quali è indagato anche il sindaco Beppe Sala. Fascicoli che hanno prodotto non poche polemiche: una città divisa tra chi sostiene il lavoro dei pm e tra chi invece crede che siano indagini con nulla di penalmente rilevante. Nel mezzo c’è un’idea di città, che di certo non è per tutti, sempre più esclusiva e per chi può permettersela.
L’appello a Mattarella
Nell’appello al Capo dello Stato, il “Comitato Famiglie Sospese – Vite in attesa” racconta di famiglie accomunate «dalla mancanza della casa o della sua sicurezza», di progetti di vita rinviati, di genitori costretti a soluzioni abitative temporanee, del rischio concreto di insolvenza. «La legalità deve fare il suo corso», si legge nella lettera, «ma non può trasformarsi in una pena per gli innocenti». Nell’anno che verrà, un problema destinato a crescere come un’onda: oltre 1.100 edifici costruiti a Milano dal 2013 a oggi presenterebbero profili contestati dalla procura e potrebbero finire sotto inchiesta per abusivismo edilizio, coinvolgendo potenzialmente circa 50.000 appartamenti e più di 100.000 persone. Dati confermati dall’ultimo rapporto diffuso dal Comitato, che stima in circa 1.200 gli edifici e 40.000 le abitazioni con caratteristiche analoghe a quelle oggi al centro delle indagini. «Siamo diventati, nostro malgrado, le Famiglie Sospese». Una definizione che restituisce l’idea di una vita congelata: mutui da pagare, case non abitabili, nessuna certezza sui tempi. Nella lettera, il Comitato richiama un intervento dello stesso Presidente Mattarella sul ruolo degli enti territoriali come «termometro della partecipazione civica». E pone una domanda che va oltre il singolo caso: «Quale fiducia possiamo avere oggi nelle istituzioni se siamo vittime di un problema politico che la politica stessa sembra incapace o non disposta a risolvere?».
È una domanda che si allarga, illumina la crisi strutturale milanese ma non solo. Milano è una città “in sospeso” da molto prima delle inchieste sull’urbanistica. Una città che ha prodotto crescita, attrattività e rendite, lasciando però intere fasce di popolazione ai margini del diritto all’abitare. A ricordarlo sono i dati del Sicet, il Sindacato Inquilini Casa e Territorio, che assiste gli inquilini e monitora l’accesso all’edilizia pubblica. Ogni anno a Milano le richieste per una casa popolare sono circa 16.000. Le famiglie che avrebbero diritto a un alloggio pubblico perché rientrano nei limiti Isee oscillano tra le 25.000 e le 30.000. Ma solo il 3 per cento di chi fa domanda ottiene un’assegnazione. Tutti gli altri restano fuori: chi ha contratti precari, chi non offre garanzie di solvibilità, chi vive di redditi intermittenti. Anche il canone concordato, pensato per calmierare il mercato, è diventato inaccessibile alla fascia medio-bassa. I canoni sono saliti, le garanzie richieste sono sempre più simili a quelle del mercato privato, e l’esclusione è diventata sistemica. L’emergenza abitativa rappresenta anche l’impoverimento della classe media dovuto a salari fermi e costo della vita, e soprattutto mobilità di chi studia e lavora.
La questione abitativa
Un problema senza confini, sa nord a sud. Il Governo Meloni invece di intervenire ha ridotto i requisiti edilizi rendendo abitabili 20 metri quadrati. Il cosiddetto Piano Casa, presentato come intervento prioritario, si è scontrato con i numeri della legge di bilancio: mentre il settore chiedeva 15 miliardi di euro, lo Stato ne ha stanziati appena 200 milioni per i prossimi due anni. I contributi statali per l’affitto, che nel 2022 superavano i 330 milioni, oggi si riducono a 10 milioni l’anno. Gli sfratti continuano a crescere, e molte abitazioni popolari restano chiuse per lavori di manutenzione. Proprio a Cosenza, in piazza dei Bruzi, le famiglie sotto sgombero protestano esibendo lo striscione “La casa è un diritto” sul palco del Capodanno. Nessun fondo regionale dal 2023, graduatorie bloccate da anni, promesse politiche ridotte a parole vuote.
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