Tredici bare, protette dal sole con un sottile telo bianco, fermato con dei mattoncini rossi, erano sistemate per terra, vicino ai nuovi loculi del cimitero di Cala Pisana, a Lampedusa vicino al telone della Croce Rossa e a un deposito usato come camera mortuaria. In quelle casse di legno, segnate con lettere, ci sono tutt’oggi i corpi di tredici dei 23 migranti che hanno perso la vita nel naufragio del 13 agosto 2025, a meno di venti miglia dall’isola.  Dopo il trasferimento a Porto Empedocle delle prime dieci bare, la sera di Ferragosto su un traghetto di linea, le altre son rimaste lì per tre giorni, in attesa di una destinazione o di un riconoscimento, per poi esser imbarcate a loro volta per la costa agrigentina, dove sono arrivate la mattina del 19 agosto.
Sul molo, ad accogliere le salme, erano presenti autorità locali, rappresentanti delle comunità religiose e membri di organizzazioni non governative. Prima della cerimonia interreligiosa, alcuni dei 58 superstiti e diversi familiari hanno reso omaggio ai defunti. In silenzio, accompagnati dallo staff di Medici Senza Frontiere, si sono avvicinati alle casse. Un giovane è scoppiato in un pianto a dirotto appena ha letto uno dei nomi.

Dopo la breve cerimonia inter-religiosa, le bare sono state trasferite nei comuni dell’agrigentino che hanno offerto disponibilità: due a Santo Stefano Quisquina, due a Campobello di Licata, due a Villafranca Sicula, una a Ribera, due a Santa Margherita del Belice e una a Cala Monaci.

Alcune bare dei migranti morti durante il naufragio del 13 agosto a largo di Lampedusa, presso il cimitero di Lampedusa (Ag), 15 agosto 2025ANSA/VINCENZO LIVIERI

La questione delle salme a Lampedusa

Il trasferimento dei corpi da Lampedusa a Porto Empedocle rientra in una prassi consolidata in Sicilia: il piccolo cimitero di Lampedusa non dispone infatti di strutture adeguate, come una cella frigorifera e una vera e propria camera mortuaria. Nei giorni successivi al naufragio, le bare erano state temporaneamente collocate in un una sorta di deposito, ammassate in attesa delle ispezioni cadaveriche, prima, e della preparazione per i trasferimenti, poi. 

Il tema della gestione delle salme dei migranti è collegato al tema più ampio delle morti in mare. Come ricorda la professoressa Cristina Cattaneo del Laboratorio di Antropologia e Odontoiatria Forense di Milano (Labanof), che ha lavorato sui “grandi naufragi” del 2013 e 2015, circa 40mila persone hanno perso la vita nel Mediterraneo (dal 2014) e, almeno il 70 per cento resta senza nome. L’assenza di spazi idonei e di procedure sistematiche per il riconoscimento rende la gestione delle salme ancora più complessa.

Alcune bare dei migranti morti durante il naufragio del 13 agosto a largo di Lampedusa, presso il cimitero di Lampedusa (Ag), 15 agosto 2025ANSA/VINCENZO LIVIERI

Lampedusa: il cimitero di Cala Pisana e i lavori incompiuti

Lo scorso 26 giugno 2025, il Partito Democratico aveva avanzato una richiesta al ministero dell’Interno sul tema delle “condizioni indecorose” del cimitero di Cala Pisana a Lampedusa. A provocare l’indignazione del Pd era stata la presenza, per circa dieci giorni, delle salme di due bambini nel deposito adibito a camera mortuaria. Quattro anni prima, l’allora sindaco Totò Martello già si pronunciava in favore dell’allestimento di uno spazio adeguato alla conservazione dei corpi e per il riconoscimento, un passaggio necessario per dare la possibilità ai parenti di elaborare il lutto, ma anche di poter affrontare le pratiche amministrative legate a eredità e successioni. Le richieste di riconoscimento arrivavano all’ex sindaco già da Tunisia e Algeria, con messaggi di familiari che chiedevano il prelievo del Dna, per effettuare i successivi test.
Durante il suo mandato, Martello aveva annunciato un piano di ristrutturazione da 1,5 milioni di euro per realizzare – così diceva all’Agi nel 2021 - «una cella frigorifera, spazi per i parenti e un ufficio per la registrazione dei defunti». Ma i lavori, iniziati nel dicembre dello stesso anno e proseguiti fino all’estate 2022, si sono fermati a un primo lotto da 613mila euro, senza realizzare le strutture previste. Quest’anno, a maggio 2025, il comune di Lampedusa ha approvato un “Progetto esecutivo per il completamento dell’ampliamento del cimitero comunale di Cala Pisana”, con ulteriori 350mila euro stanziati. In questi giorni, il Sindaco Filippo Mannino ha dato la disponibilità alle sepolture dei migrati, sostenendo di avere circa 300 nuovi loculi. Della tanto discussa cella frigorifera e di una camera mortuaria, però, ancora nessuna traccia.

In questi anni, l’iniziativa di privati e associazioni ha contribuito all’allestimento di alcune aree dedicate ai migranti. Nella parte del cimitero vecchio, dove si trovano alcune lapidi con le raffigurazioni dei volti e i nomi, con i racconti della storia di chi ha perso la vita in mare. Nella parte nuova, invece, c’è un’area dedicata, soprattutto, bambini, con croci preparate con i resti delle barche. Per alcune tombe si conoscono le storie, come quella di Joseph, partito dalla Guinea. Alle spalle delle tombe, un muro con raffigurato un sole e tante foglie di ceramica, con le date dei naufragi e senza nomi.

Alcune bare dei migranti morti durante il naufragio del 13 agosto a largo di Lampedusa, presso il cimitero di Lampedusa (Ag), 15 agosto 2025ANSA/VINCENZO LIVIERI

Riconoscimenti delle vittime del naufragio

A oggi resterebbero da identificare cinque delle vittime del naufragio del 13 agosto, almeno di quelle recuperate, mentre tra i dispersi si contano ancora 15-20 persone. Nelle concitate ore dopo il naufragio, mentre si iniziava a delineare il quadro della condizione dei superstiti, del possibile numero di morti e dispersi e della dinamica dell’incidente, la rappresentante della Croce Rossa Italiana, Cristina Palma, ha rassicurato sullo stato di salute dei superstiti e sull’avviamento delle ispezioni necessari per riconoscimento, basato soprattutto su foto mostrate ai superstiti e ai parenti in arrivo.

Un ruolo di supporto alle familiari delle vittime dei naufragi è dato dall’associazione Memoria Mediterranea (Mem.Med), impegnata ad assistere i parenti nelle procedure di identificazione e, quando possibile, nel rimpatrio delle salme. «Stiamo seguendo famiglie anche a distanza, tramite videochiamata – spiega la presidente Silvia Di Meo – per aiutarle a ritrovare i propri cari». In altri contesti, come il naufragio di Steccato di Cutro, del 26 febbraio 2023, l’equipe di Mem.Med è stata in prima linea per richiedere la raccolta di campioni di Dna, per identificare le vittime, e aiutare nelle procedure di rimpatrio delle salme.
A oggi, in Italia, non esiste un obbligo a rintracciare l’identità dei migranti morti in mare, a meno che non vi sia un’indagine giudiziaria. Nel caso del naufragio del 13 agosto, la procura di Agrigento ha recentemente aperto un fascicolo per chiarirne le cause. 

La questione delle sepolture tra rispetto delle volontà dei parenti e necessità amministrative

Dal 14 agosto la prefettura ha autorizzato la sepoltura delle vittime, disponendo i trasferimenti nei cimiteri dell’agrigentino. I primi trasferimenti sono avvenuti il 15 agosto, dopo verifica della disponibilità da parte dei comuni della provincia. Come affermato dal prefetto di Agrigento, Salvatore Caccamo, sul molo di Lampedusa: «Abbiamo lavorato in prefettura per sistemare le salme, per accoglierle per dare loro una sepoltura dignitosa».
Un lavoro portato avanti nonostante Ferragosto che, per gli uffici pubblici non è esattamente il periodo più semplice. Richieste di accoglienza delle salme sono arrivate anche da lontano, ha ricordato il prefetto, come dal Comune di Soave, in provincia di Verona. La decisione dei luoghi di sepoltura, però, è un tema cruciale per i familiari che vorrebbero poter essere vicini alle tombe. Solo qualche giorno fa, la donna somala che ha perso la figlia di undici mesi e il marito, ha avanzato un accorato appello al sindaco Vincenzo Corbo di Canicattì, chiedendo di bloccare la sepoltura dei propri cari fino a quando non fosse sicura di dove sarebbe andata lei. Alla fine, però, la donna ha acconsentito chiedendo, almeno, il rispetto della sepoltura a terra. Come da tradizione islamica, la sepoltura prevede l’inumazione a terra e i nuovi loculi di cemento del cimitero di Lampedusa non sembrano corrispondere alle esigenze rituali.

Per quanto riguarda le richieste di rimpatrio, al momento – spiega Di Meo - non sono state avanzate, non per volontà dei familiari, perché «rimpatriare il corpo nei paesi di origine significa aspettare più tempo e anche sostenere dei costi che molti loro non possono affrontare».
La vicenda delle bare di Lampedusa non riguarda solo l’ultima tragedia. È il simbolo di una carenza strutturale che dura da anni e per la quale sono stati proposti progetti, stanziati fondi, ma in modo non ancora efficace.
Così, insieme alle domande sul perché quelle persone non siano state salvate quando ancora si era in tempo, si aggiungono quelle sul destino dei corpi senza nome e delle ultime tre bare che, ancora, restano sul suolo del cimitero di Lampedusa. Ancora una volta, probabilmente, i corpi dei migranti saranno spostati altrove, mentre Lampedusa, epicentro delle rotte migratorie nel Mediterraneo e, appena, candidata all’Unesco per l’accoglienza sulle sue coste, ha ancora bisogno di un edificio decoroso per espletare le procedure funerarie.

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