Qualcuno dice che è tornato alla grande, che conta forse anche più di prima. In realtà non se n’è mai andato. È rimasto sempre lì in agguato, nell’ombra, in paziente attesa che un tribunale cancellasse le accuse di mafiosità che lo molestavano da una dozzina di anni.

Da imputato ha tessuto la sua ragnatela, piazzato uomini di fiducia nella sanità regionale e nei trasporti, ha “nominato” sindaci, rinsaldato legami a Palermo e a Roma. E ora che i giudici, fra condanne e tortuosi rinvii e assoluzioni definitive, hanno certificato che è “pulito”, che non c’è concorso esterno, Raffaele Lombardo si prepara a riprendersi la Sicilia. Ufficialmente. Alle regionali del prossimo autunno vincerà comunque lui. Con il centrodestra.

Se ce la dovesse fare il governatore uscente Nello Musumeci o, altrimenti, se la dovesse spuntare il suo amico Raffaele Stancanelli, per cinque anni sindaco di Catania ed eurodeputato di Fratelli d’Italia. Con quella mina vagante dell’ex sindaco di Messina Cateno De Luca. Se la spaventosa macchina elettorale del pittoresco capopolo dovesse travolgere tutto e tutti, lo sa bene che ”Scateno”, politicamente nato nel suo movimento per l'autonomia, avrebbe più che un occhio di riguardo nei suoi confronti.

È come un polipo

Paradossalmente anche con il centrosinistra. E grazie a Caterina Chinnici, l’europarlamentare che ha sbancato nelle primarie dei progressisti nell’isola per la candidatura alla presidenza della regione e che - sorpresa assai obliqua - ha aperto il “campo largo” addirittura a lui, don Raffaele da Grammichele, un bellissimo paese fra Catania e la Val di Noto ricostruito dopo il terremoto del 1693 con un progetto di architettura razionale, una sorta di “città ideale” per resistere agli eventi sismici più catastrofici. Raffaele Lombardo ha la capacità di parlare con mondi apparentemente inconciliabili, distanti. È come un polipo. I suoi tentacoli arrivano dappertutto, raggiungono chiunque e nelle tane più nascoste.

In questa caldissima estate del 2022 si ricompone in Sicilia una vecchia coppia che sembrava appartenere al passato, Uno è Totò Cuffaro, quello che ha sponsorizzato Roberto Lagalla a sindaco di Palermo. L'altro è Raffaele Lombardo, che sarà decisivo per il nuovo governatore dell'isola. Due gemelli, figliocci di Calogero Mannino, cresciuti alla sua corte quando negli anni '80 è stato più volte ministro e una superpotenza elettorale.

Il primo che regnava nella Sicilia occidentale, il secondo in quella orientale. Tutti e due quasi con lo stesso destino, governatori della Sicilia e carcerati, processi interminabili, una condanna in cassazione per Cuffaro, sempre assoluzioni della suprema corte per concorsi truccati e reati contro la pubblica amministrazione per don Raffaele.

Il peggiore governo siciliano

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Viene da lontano Lombardo. E ha sempre voluto andare lontano. Consigliere comunale a Catania nel 1986, eletto nel parlamento siciliano nel 1991, assessore agli Enti Locali nella successiva legislatura, i guai giudiziari non lo fermano e nella seconda repubblica è più in tiro di prima. Segretario regionale del Centro cristiano democratico di Pierferdinando Casini, poi nell’Unione democratici cristiani, nel 2005 fonda il movimento per l’autonomia, due volte deputato europeo, vicesindaco di Catania, nel 2009 diventa presidente della regione a capo di un ”governo delle riforme” che forse è il peggiore degli ultimi trent’anni, anche più ingannevole di quello di Rosario Crocetta che è venuto dopo e che tanti danni ha fatto alla Sicilia. Come assessori rappresentanti della Confindustria affaristica targata Antonello Montante, prefetti, magistrati come Massimo Russo e Caterina Chinnici.

È un governo che cade quando Raffaele Lombardo si dimette, causa il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. È la maledizione dei presidenti della regione siciliana. Dopo l'arresto di Totò Cuffaro tocca a lui, a Raffaele Lombardo. Incontri con i boss, voto di scambio, una mezza dozzina di pentiti che lo “chiamano”. Tutte accuse che svaniscono una dopo l'altra. Agli atti rimangono le intercettazioni dei reparti speciali dei carabinieri e i racconti di mafiosi che parlano fra di loro.

Come Raffaele Di Dio, che confida all'amico Salvatore Astuti di un incontro in una notte, in piena campagna elettorale, con Raffaele Lombardo che si sarebbe recato a casa di un esponente della famiglia di Benedetto Santapaola: «La sera prima delle votazioni, avevo la sorveglianza speciale, è venuto qua con suo fratello Angelo e si è mangiato sette-otto sigarette..». Mangiato, non fumato.

La “prova” della sigaretta mangiata

Scrivono i pubblici ministeri: «Quell'espressione usata dal capomafia fotografa perfettamente l'abitudine di Lombardo di "mangiare" la sigaretta, cioè di aprire la carta che avvolge la sigaretta, prelevare una quantità di tabacco e masticarla. A tale consapevolezza va riconosciuta una rilevanza peculiare perché la stessa può dipendere solo da frequentazioni plurime...». Raffaele Lombardo che mangia carta e sigarette è per i pubblici ministeri la “prova” che i boss conoscevano bene il futuro presidente della regione siciliana. Una “prova“ che naturalmente non è bastata a far condannare Lombardo, assolto per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa “perché il fatto non sussiste” e per “non avere commesso il fatto” per la corruzione elettorale.

Restano le leggende di don Raffaele che divora fogli di carta durante le riunioni nel suo ufficio politico, sulla fedelissima segreteria Maria Bonanno che gli faceva da assaggiatrice per cibi e bevande (paura di essere avvelenato?), sulle fobie sulla sua sicurezza con Palazzo d’Orlèans – la sede della presidenza della regione – trasformato in un fortino inespugnabilie da possibili attentati.

Tic e nevrosi che Raffaele Lombardo, sospettosissimo, ha sempre smentito con poca convinzione lasciando intorno a sé un alone di mistero. Come Cuffaro è anche lui medico, tesi di laurea in psichiatria forense sul “nesso fra tradizioni popolari e costruzioni deliranti”.

Un 5 Stelle troppo democristiano

Comunque oggi per la legge è innocente e finalmente libero di uscire allo scoperto e giocare le sue carte per riconquistare la regione siciliana. Tutti lo ascoltano, tutti che gli chiedono suggerimenti, tutti che lo vogliono come amico.

Nella Lega di Salvini, nel Pd, a destra e a sinistra. Perfino Giancarlo Cancllieri, sottosegretario ai Trasporti nel governo Draghi e un tempo leader incontrastato dei 5 Stelle in Sicilia, ha manifestato la sua ammirazione per lui in più occasioni. Quando, l'inverno scorso, Cancelleri gli ha mandato un messaggio di felicitazioni per l'assoluzione dal concorso esterno, don Raffaele avrebbe detto ai suoi: «Questo è quasi più democrisitano di me».
Chissà come si districherà ancora nella giungla del centrodestra, dove negli ultimi giorni come candidati governatori si sono fatti anche i nomi dell'ex ministro dell'Interno Angelino Alfano e dell'ex presidente del Senato Renato Schifani, il primo in grande intimità con il Padrino dell'Antimafia Calogero Antonio Montante detto Antonello e il secondo coimputato con lo stesso nel processo di Caltanissetta con l'accusa di concorso in associazione a delinquere.

Una mossa azzardata

Ma se nel centrodestra il copione è quello che è, nel centrosinistra è avvenuto qualcosa di incomprensibile e di sconcertante. E proprio intorno a Lombardo. Alla vigilia delle primarie – in corsa Claudio Fava per il movimento Centopassi, la grillina Barbara Floridia e per il Pd Caterina Chinnici che poi l’ha spuntata con quasi il 45 per cento mentre a Roma l'alleanza giallo rossa andava in frantumi – c'è stata l’”apertura” a Lombardo ventilata da Caterina Chinnici, deputata europea, magistrata, per tanti anni a Caltanissetta come procuratore della repubblica dei minori.

Una mossa che ha spiazzato un po’ tutti. Figlia del consigliere istruttore Rocco Chinnici, il fondatore del pool antimafia di Falcone e Borsellino saltato in aria il 29 luglio del 1983, Caterina Chinnici nel 2009 aveva fatto parte del governo Lombardo alla regione come assessore con delega alla famiglia.

L’influenza di un marito

Discreta, riservatissima (e contestatissima dalla base del Pd siciliano quando è stata candidata alle primarie) da lei nessuno si sarebbe aspettato un passo così azzardato. Dicono che sulle sue scelte pesi non poco l'influenza del marito, Manlio Averna, ingegnere, perito balistico, consulente per il ministero dell'Interno nella Commissione Consultiva Centrale per le armi.

Sta di fatto che Raffaele Lombardo si è insinuato pure lì, dall'altra parte. Sarà stato assolto, sarà innocentissimo come ci raccontano le sentenze, ma rappresenta pur sempre un potere che i siciliani conoscono bene. Come conoscono bene un trasversalismo malato che per loro è una condanna permanente.

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