Il presidente della Campania Vincenzo De Luca ha annunciato ieri che nella sua regione le scuole elementari e medie riapriranno soltanto a fine gennaio. Al momento «non ci sono le condizioni minime di sicurezza» per riaprire il 10 gennaio, ha detto De Luca. La sua fuga in avanti lo porta ancora una volta allo scontro diretto con il governo, che del mantenere aperte le scuole aveva fatto un punto centrale del suo programma. 

Il governo Draghi non è il solo in questa decisione. Dal Regno Unito alla Spagna passando per Germania e Francia, quasi tutti in Europa avevano promesso che con la quarta ondata le scuole sarebbero rimaste aperte. La promessa è stata mantenuta quasi ovunque, almeno fino ad oggi. Ma con i contagi che hanno superato ogni record e la riapertura delle scuole dopo le ferie natalizie che incombe dietro l’angolo, si moltiplicano le richieste da parte di medici, presidi e insegnati di ripensarci.

La pandemia dei giovani

I timori sono legati all’ondata causata da Omicron che in tutta Europa sta producendo una quantità di contagi senza precedenti. I vaccini funzionano e per ora stanno evitando decine di migliaia di ricoveri, ma i medici temono per la tenuta degli ospedali nelle prossime settimane.

A questo bisogna aggiungere che la quarta ondata del Covid-19 ha preso di mira in particolare i più giovani. In Italia, gli studenti in età scolare sono la fascia d’età più colpita dal Covid. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità, che risale a fine dicembre, l’incidenza del contagio tra i minori di 19 anni è pari a quasi 600 casi settimanali ogni 100mila abitanti, contro i meno di 400 nel resto della popolazione.

Dall’inizio della pandemia sono almeno un milione i ragazzi che si sono contagiati, quasi 10mila i ricoverati, 263 quelli ricoverati in terapia intensiva e 35 quelli deceduti. Su quanti manifestano le conseguenze a lungo termine del long Covid, invece, non ci sono ancora dati affidabili.

Le ragioni di questa situazione sono varie. I ragazzi in età scolare sono tendenzialmente meno vaccinati del resto della popolazione, in particolare quelli nella fascia 5-11 anni, che posso vaccinarsi soltanto da poche settimane. Ma la presenza in classe e gli affollati mezzi pubblici per arrivarci giocano un ruolo importante.

Gli appelli

Di fronte a questi numeri, la riapertura delle scuole fissata in gran parte d’Europa per lunedì sta suscitando grandi preoccupazioni. Ieri è arrivato l’allarme dei medici. «Credo che posticipare l'apertura delle scuole di 15 giorni e magari allungare di due settimane la frequenza in presenza a giugno possa essere una decisione di buonsenso», ha detto ieri Filippo Anelli, presidente de Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri.

Poco prima erano stati i presidi ad esprimere preoccupazione. Oltre duemila dirigenti scolastici, un quarto del totale, hanno firmato una lettera indirizzata al governo in cui chiedono «una programmata e provvisoria sospensione delle lezioni in presenza». Tra assenze per malattia e sospensione di non vaccinati, scrivono, il personale è già insufficiente per garantire le lezioni, mentre le aule restano luoghi poco sicure a causa degli scarsi investimenti in ventilazione. Inoltre «il distanziamento è una misura sulla carta, stanti le reali condizioni delle aule e la concentrazione degli studenti nelle sedi».

Dibattiti simili sono in corso in tutta Europa. In Francia, un gruppo di medici ed esperti ha scritto una lettera al ministro della Salute francese Olivier Véran per chiedere un prolungamento delle ferie natalizie e regole più stringenti per la quarantena. Nel frattempo i sindacati hanno minacciato uno sciopero se il governo non fornirà loro adeguati dispositivi di protezione. «Il governo ha adottato la dottrina “scuole aperte” ad ogni costo, nonostante il ruolo della scuola nel diffondere i contagi e la presenza di una variante estremamente contagiosa», ha scritto in un comunicato il sindacato degli insegnati della scuola dell’infanzia ed elementare Snuipp-Fsu.

Ritorno alla normalità

Ma con pochissime eccezioni i governi hanno fatto muro di fronte a queste richieste e hanno ribadito che il ritorno a scuola proseguirà nei tempi previsti. La questione è diventata ormai politica. Con le riaperture della scorsa primavera e l’arrivo dei vaccini, i governo europei hanno promesso ai loro cittadini il ritorno ad un’apparente stato di normalità e l’apertura delle scuole è un elemento centrale di questa promessa.

La loro chiusura, nelle prime fasi della pandemia, ha causato danni all’apprendimento e al benessere psicologico dei più giovani che facciamo ancora fatica a quantificare. In modo ancora più tangibile, anche se forse meno grave, ha sconvolto la vita di milioni di genitori, costretti a salti mortali per conciliare il lavoro con la cura dei figli. Questo sforzo in più, dicono le ricerche, è stato fatto in massima parte dalle donne, le più colpite dalla pandemia sotto quasi ogni aspetto.

Tra due mali, l’Europa ha deciso che tenere le scuole aperte nonostante il picco fosse la scelta giusta. I cittadini sembrano essere d’accordo, anche grazie all’efficacia dei vaccini che ha aiutato nel rendere fattibile e accettabile questa soluzione.

Ma con l’imprevista virulenza di Omicron, tutto sembra di nuovo essere messo in discussione. Non tanto a livello politico. Nessun governo sembra pronto a invertire la rotta, mentre De Luca e la sua decisione solitaria di chiudere le scuole appare più un’eccezione che un’anticipazione di quello che sta per succedere.

Le scuole però potrebbero chiudere anche se nessuno decidesse esplicitamente di farlo. Tra insegnanti e personale non docente ammalato e classi in quarantena, avvertono i sindacati, il sistema scolastico potrebbe presto bloccarsi da solo. E a quel punto non ci sarà nulla che i governi potranno fare per tenerlo aperto.

 

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