I dati delle ultime settimane non lasciano dubbi: l’epidemia di Covid-19 corre sempre più rapida tra i più giovani. Secondo un report appena pubblicato dalla Società italiana di epidemiologia, la popolazione in età scolastica è quella più colpita dal virus. Un dato confermato anche dall’Istituto superiore di sanità. «Il maggiore aumento delle diagnosi di COVID-19» si è verificato «nella popolazione di 0-19 anni», è scritto nell’ultimo bollettino, pubblicato domenica scorsa.

Nonostante una situazione sempre più preoccupante, un quadro più preciso di quello che accade nelle scuole è impossibile da trovare. Da mesi ormai non c’è più traccia né del monitoraggio dei contagi nelle scuole realizzato dal ministero dell’Istruzione, né di quello annunciato dall’Iss e basato sulle scuole “sentinella”, nonostante le ripetute richieste di pubblicazione.

Un’aurea di mistero aleggia anche su quello che farà il generale Francesco Figiuolo, il commissario al Covid-19 a cui il presidente del Consiglio Mario Draghi ha chiesto di occuparsi della situazione scolastica, dopo che il timore di una situazione fuori controllo, unito a quello ancora più grande di un ritorno massiccio alla didattica a distanza, hanno prodotto una settimana di caos.

I contagi

Secondo l’ultimo report della Società italiana di epidemiologia, basato sui dati forniti da 12 regioni e province autonome, con una popolazione totale di 50 milioni di persone, l’incidenza settimanale del contagio nei bambini tra i 6 e i 10 anni è superiore a 250 casi ogni 100mila persone. Si tratta di più del doppio dell’incidenza media nella popolazione italiana.

Situazione simile in tutte le altre fasce d’età che frequentano la scuola. Al secondo posto per numero di contagi c’è la fascia 11-13, che come quella 6-10 riceverà il vaccino solo a partire dal 16 dicembre, ha annunciato ieri il commissario Figliuolo. Seguono i 3-5 anni, con un’incidenza che si avvicina quasi a 150 e infine i 14-18, quella più vaccinata, ma che mostra comunque un tasso leggermente superiore a quella dei gruppi più anziani.

Altri dati sui contagi scolastici non sono disponibili. Non sappiamo dove i giovani si sono contagiati, se hanno causato focolai e se hanno determinato un ritorno alla didattica a distanza. Attualmente, non è possibile conoscere con esattezza nemmeno il numero di classi in quarantena. Sono alcune regioni stanno portano avanti il monitoraggio e pubblicano i risultati (altri dati sono diffusi saltuariamente dal commissario).

Il ministero dell’Istruzione sta conducendo da settembre un monitoraggio dei casi individuati a scuola tramite le informazioni inviate settimanalmente dai presidi. Si tratta dello stesso monitoraggio che era stato già avviato l’anno scorso. Oggi come allora, però, il ministero continua a non diffondere i risultati. Fonti vicine al ministero hanno detto a Domani che la ragione risiede nella scarsa qualità dei dati e nelle difficoltà nell’elabolarli adeguatamente. Qualche tempo fa, il ministero aveva respinto una richiesta di accesso agli atti del sito Wired.

Non è ancora stato pubblicato nemmeno il monitoraggio dell'Iss, che a settembre aveva annunciato il programma “scuole sentinella”. Il piano prevedeva di monitorare l’andamento dei contagi in una serie di istituti scelti a campione e di trarne conclusioni generali sull’andamento della pandemia nelle scuole. Da allora dello studio non si è più saputo nulla.

L'esercito

L'aumento dei contagi tra i più giovani e in particolare la necessità di fare un numero crescente di tamponi, ha creato un piccolo incidente questa settimana. Lunedì, il ministero dell’Istruzione d'accordo con quello della Salute aveva annunciato che con un solo positivo l’intera classe sarebbe stata mandata in quarantena.

Il giorno successivo, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha personalmente chiesto e ottenuto che la decisione venisse cancellata. Rimangono quindi in vigore le precedenti regole: un sistema complicato che determina la quarantena solo dopo due o più casi positivi, a seconda dell’età degli studenti (ad esempio, ne servono tre per mandare in quarantena una classe di over 12). In ogni caso, dirigenti scolastici e autorità sanitarie locali mantengono una certa autonomia nel decidere la quarantena e quindi la didattica a distanza.

«Siamo sepolti da un mare di dubbi, anche perché le notizie le veniamo a sapere dalla tv e dai social, non dalle istituzioni preposte», ha commentato ieri Mario Rusconi, presidente dell'Associazione Nazionale Presidi di Roma e del Lazio, che ha paragonato l’ultima settimana a «fare due passi avanti e tre indietro» e al «gioco dell’oca».

In ogni caso, la decisione di Draghi non ha eliminato il problema sollevato da regioni e presidi: con vaccini da somministrare e gli ospedali che tornano a riempirsi, il personale sanitario disponibile per fare tamponi è sempre più ridotto.

Per questo Draghi ha affidato al generale Figliuolo il compito di fornire supporto alle regioni con le risorse dell’esercito. Al momento però non si conoscono i dettagli del piano, che è stato soltanto illustrato in modo sommario alla stampa. Si sa che saranno utilizzati gli 11 laboratori dell’esercito, di cui due mobili, e che l’obiettivo è garantire un tampone entro 48 ore a tutti le classi dove viene individuato un caso positivo.

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