È il giorno della svolta per il settore delle costruzioni. I quattro emendamenti che Fratelli d’Italia vorrebbe in manovra hanno fatto gola al leader della Lega Matteo Salvini, il cui ministero ha messo a punto un disegno di legge che delega il governo a riscrivere il Testo unico dell’edilizia. Un ddl approvato il 4 dicembre in Consiglio dei ministri e che, dopo il via libera del Parlamento, darà all’esecutivo un anno di tempo per definire i decreti attuativi e dare vita al nuovo Codice delle costruzioni.

Il provvedimento punta a riscrivere il dpr 380/2001. Dopo 24 anni, del resto, in molti considerano necessario un riordino della materia, per mettere fine a una giungla normativa e a una serie di vuoti interpretativi. Ma il ddl lo fa semplificando titoli abilitativi e introducendo nuove sanatorie. E soprattutto è una riforma che, se approvata, estenderà a tutta Italia le prassi già sperimentate a Milano, dove la realizzazione di interventi in deroga – con grattacieli tirati su con procedure che di solito si usano per piccoli interventi – ha portato alle recenti inchieste edilizie.

Tutto il mondo è Milano

Di fatto la legge delega abbraccia molti dei principi del ddl Salva Milano, con cui la politica ha tentato di legittimare la lettura estensiva delle norme sostenuta dalla giunta di Beppe Sala. Il governo punta a ridisegnare «con criteri più chiari e uniformi» il sistema dei titoli edilizi: la Cila, che riguarda lavori di manutenzione straordinaria leggera, la Scia, prevista per interventi più significativi (come la manutenzione straordinaria strutturale) e il permesso di costruire, necessario per le nuove costruzioni e per grosse ristrutturazioni.

Tra le misure, infatti, c’è l’ampliamento della Segnalazione certificata di inizio attività (un’autocertificazione) al posto del permesso di costruire (più impegnativo) per gli interventi «meno impattanti» e la possibilità di procedere in deroga agli strumenti attuativi – come il piano convenzionato o il piano di lottizzazione – «nelle aree già urbanizzate e dotate di infrastrutture e servizi». Due punti che sembrano scritti apposta per regolarizzare, almeno per il futuro, il “modello Milano”. Esteso a tutta Italia e che, di fatto, potrebbe diventare legge.

«Il riordino dei titoli autorizzativi potrebbe costituire una legittimazione ex post di casi come quelli su cui è intervenuta la magistratura», ha attaccato il leader di Avs Angelo Bonelli. La possibile retroattività della norma è stata invece esclusa dal ministero delle Infrastrutture: «Non si interviene in alcun modo sugli abusi del passato. Miriamo a evitare che, in futuro, sulle ambiguità normative possano nascere altri contenziosi», recita una nota del Mit. Certo è che, se le regole fossero già in vigore, si sarebbero salvati molti degli interventi dell’indagine milanese, dalla Torre Milano di via Stresa alle Residenze Lac al Parco delle Cave.

Un condono tira l’altro

Il disegno di legge stabilisce poi una data spartiacque, con le irregolarità precedenti alla “legge ponte” sull’urbanistica del 1967 che potranno essere regolarizzate più facilmente. Il riferimento è agli abusi “storici”, per i quali si apre una corsia preferenziale, in continuità con il decreto Salva casa del 2024: per sanare abusi su questi immobili non servirà più il rispetto della doppia conformità, cioè la regolarità urbanistica sia all’epoca dell’abuso che a quella della presentazione della domanda di sanatoria. Di nuovo condono ha parlato Bonelli, secondo cui «continua l’opera di devastazione del territorio da parte di Salvini».

Nei progetti del governo si rafforza anche il meccanismo del silenzio-assenso – in caso di mancata decisione da parte del Comune, la richiesta di titoli edilizi si intenderà approvata – e si introduce il silenzio-devolutivo, trasferendo la pratica a un’altra amministrazione in caso di inerzia della prima. Positiva, almeno sulla carta, è poi l’introduzione di una classificazione nazionale uniforme delle difformità edilizie, che dovrebbe superare la frammentazione delle normative regionali.

Nel quadro della rigenerazione urbana, viene infine stabilita l’indifferenza funzionale tra destinazioni d’uso omogenee: a certe condizioni, residenziale, commerciale e alberghiero potranno alternarsi senza dover avviare procedure complesse. Un cambio significativo che promette più rapidità nelle riconversioni e non a caso piace a Confedilizia, l’organizzazione dei proprietari di casa, e all’Ance, l’associazione che riunisce i costruttori edili.

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