Per i giudici della Corte costituzionale il commissariamento della sanità in Calabria è «parzialmente incostituzionale». 

«In situazioni particolarmente critiche come quella dell’ultradecennale commissariamento della sanità della regione Calabria, lo Stato non può limitarsi a un “mero avvicendamento del vertice, senza considerare l’inefficienza dell’intera struttura sulla quale tale vertice è chiamato a operare in nome dello Stato”», è scritto nella sentenza, redatta dal giudice Luca Antonini, che ha ritenuto illegittimo il decreto di novembre 2020 (convertito in legge un mese dopo) con cui il governo aveva disposto misure urgenti per il rilancio del servizio sanitario regionale.

«È quindi incostituzionale non avere previsto che al prevalente fabbisogno della struttura di supporto del commissario ad acta debba provvedere “direttamente lo Stato” con personale esterno. È altresì incostituzionale avere imposto alla Regione di mettere a disposizione un contingente “minimo” anziché “massimo” di 25 unità di personale regionale», riporta il comunicato di Palazzo della Consulta.

Secondo la Corte, occorre un intervento che comporti una prevalente sostituzione della struttura inefficiente con personale esterno altamente qualificato e fornito direttamente dallo Stato, in modo da evitare anche ogni possibile condizionamento ambientale.

Nella stessa pronuncia, la Corte ha dichiarato anche l’illegittimità dell’assegnazione del contributo triennale di solidarietà di 60 milioni di euro e, in alternativa al piano di rientro presentato dal Commissario per il periodo 2022-2023, l’approvazione di un nuovo piano di rientro presentato dalla Regione. Questo piano infatti assolve «la medesima funzione del programma operativo predisposto dal commissario ad acta e pertanto, qualora riconosciuto idoneo dal Consiglio dei ministri», dimostrerebbe la volontà della Regione di intraprendere un cammino per uscire dalla lunga situazione di stallo.

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