Dopo il rilascio dei due studenti dell’università La Sapienza arrestati martedì pomeriggio durante la manifestazione che si è tenuta nelle vicinanze della città universitaria, altri due studenti del collettivo Cambiare rotta, Francesca Lini e Leonardo Cusmai, si sono incatenati sotto il rettorato e hanno iniziato uno sciopero della fame.

Sul cartello si legge: «Contro il genocidio e per lo stop agli accordi» di ricerca stipulati tra l’università romana e Israele.

Le ragioni

Il 27 marzo il ministero dell’Università, guidato da Anna Maria Bernini, aveva siglato un protocollo d’intesa con la fondazione Med-Or del gruppo Leonardo spa. La rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni, fa parte del comitato scientifico della fondazione insieme ad altri 12 rettori.

Martedì alcuni collettivi della Sapienza hanno organizzato una manifestazione per chiedere alla rettrice e al senato accademico di mettere fine agli accordi di ricerca internazionali con Israele.

Il senato accademico, invece, ha approvato un documento in cui si esprime «dolore e orrore per l’escalation militare e per la conseguente crisi umanitaria in corso in Palestina», ma si rifiuta l’idea del «boicottaggio della collaborazione scientifica internazionale, la rinuncia alla libertà della didattica e della ricerca».

Appreso il contenuto del documento, due docenti della Sapienza, il professore Giorgio Mariani e la professoressa Laura Guazzone, hanno letto l’appello firmato da 2.500 persone, tra cui studenti, ricercatori, personale amministrativo, in cui si chiedeva la sospensione, non la cancellazione, di questi accordi.

Gli scontri con la polizia

È scoppiata quindi la protesta degli studenti che si trovavano sotto il rettorato. Hanno acceso i fumogeni, assaltato due mezzi della vigilanza del campus e sono poi partiti in corteo.

Nel viale dell’Università hanno trovato le forze di polizia e provato a forzare il cordone. Lì ci sono stati i primi scontri, durante i quali è stato arrestato uno dei manifestanti: un ragazzo libico che avrebbe danneggiato un’auto della polizia, salendoci sopra.

«Quando siamo venuti a sapere che un compagno era stato arrestato dalla polizia», racconta Giacomo Liverani, coordinatore del collettivo di Lettere della Sapienza, «siamo andati nel commissariato vicino a Scienze politiche, dove pensavamo che fosse stato portato, ci siamo affacciati ma non c’era nessuno, non tirava una bella aria e abbiamo deciso di tornare a Scienze politiche, ma siamo stati aggrediti dalla polizia».

Secondo la polizia, i manifestanti hanno provato a fare irruzione nel commissariato e il dirigente sarebbe stato colpito da una manifestante, poi arrestata. Un giudice ha convalidato l’arresto e quello dell’altro manifestante, non disponendo misure cautelari. I processi inizieranno il 22 e il 23 maggio.

Secondo Liverani, gli studenti erano disarmati e a volto scoperto, e in un comunicato di Sapienza for Palestine si dichiara che una ragazza si trova in ospedale, ferita dai manganelli. Le forze dell’ordine hanno però fatto sapere che 27 agenti sono ricorsi a cure mediche.

Tra i 300 manifestanti presenti alla manifestazione, la polizia ha identificato un palestinese, membro dell’Unione democratica arabo-palestinese (Udap), e cinque noti anarchici non appartenenti all’ambiente universitario.

La mappa dei gruppi

La manifestazione di martedì all’università romana è stata organizzata dai collettivi Cambiare rotta, Zaum, Fronte della gioventù comunista e dal Coordinamento collettivi della Sapienza. Il collettivo Cambiare rotta è schierato su posizioni più estreme e definisce sui social l’attacco di Hamas del 7 ottobre «controffensiva della resistenza palestinese» e parla di «eroica resistenza palestinese». Il Coordinamento dei collettivi della Sapienza assume posizioni più moderate, ma parla del «genocidio che avviene da ormai più di 70 anni» e definisce Israele «un regime di apartheid».

La ministra dell’Università Anna Maria Bernini sui suoi profili social ha espresso la propria vicinanza alla rettrice e ha condannato la violenza delle proteste: «La mia vicinanza alla rettrice, Antonella Polimeni. Quello che sta accadendo all’università La Sapienza è vergognoso. La protesta legittima non può mai sfociare in violenza e prevaricazione. La decisione del Senato evidenzia che la comunità accademica non accetta imposizioni da una minoranza che vorrebbe isolare le università italiane dal contesto internazionale. La ricerca non si boicotta».

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